L’Esercito dell’Islam, il più grande export dell’Arabia Saudita

PAKISTAN_-_sangue_peshawarUn esperto di politica internazionale e blogger , Phil Greaves,  analizza i nuovi passi dell’opposizione siriana sempre più divisa in se stessa e soprattutto sempre più fondamentalista. L’occidente tenta di dare un’immagine “moderata” di essa. Ma il progetto è simile a quello di al Qaeda. San Diego  – Recenti sviluppi riguardo ai gruppi di “ribelli” all’interno della Siria, gettano maggior luce sulle ideologie e gli obiettivi politici dei militanti che guerreggiano contro lo Stato siriano .

Il 24 settembre scorso, sotto la sigla di “Alleanza islamista”, 11 delle più grandi e riconoscibili brigate ribelli – un miscuglio di presunti ” islamisti moderati ” come Liwa al- Tawhid  (in Aleppo, la più grande brigata legata al Free Syrian Army, Fsa), accanto a più intransigenti brigate salafite-jihadiste quali Ahrar al- Sham, e qaediste come Jahbat al- Nusra – hanno rilasciato una dichiarazione congiunta denunciando gli espatriati siriani della “Coalizione nazionale (Nc), sostenuti dall’occidente, insieme al suo altrettanto impotente braccio militare, il “Consiglio supremo militare ” (Smc) . A seguito di questa dichiarazione di intenti, il 29 di settembre, quasi 50 gruppi ribelli che operano soprattutto nell’area di di Damasco, si sono uniti  per formare il Jaish al-Islam ( Esercito dell’islam). Tale fusione comprende anche un ampio numero di gruppi militanti , dai presunti “moderati”, ai palesi estremisti salafiti. Jaish al-Islam è dominato da Liwa al-Islam, un gruppo ribelle già all’interno dell’Fsa, guidati da Zahran Alloush, sostenuto dall’Arabia saudita. Liwa al-Islam è anche uno dei firmatari della suddetta dichiarazione di denuncia contro tutti gli oppositori sostenuti dall’occidente.

Tali dichiarazioni hanno distrutto il mito propagato dall’occidente su ciò che era l'”Esercito siriano libero”. Il mondo occidentale aveva finora propagandato tali gruppi militanti come  dei “moderati laici” desiderosi di “libertà e democrazia” [in lotta contro] un regime tirannico. Ora questi hanno dichiarato apertamente la loro ideologia fondamentalista salafita-jihadista, che ha l’obiettivo finale di creare uno Stato siriano governato dalla legge islamica.

Queste dichiarazioni vengono ora definite come un tentativo dell’Arabia Saudita – sì, proprio la tollerante e inclusiva [sic!] Arabia Saudita con la sua predicazione wahhabita – e di altre principali fazioni salafite che sostengono l’insurrezione,  di guidare i ribelli ” salafiti moderati” lontano dai gruppi allineati con Al Qaeda – in particolare lo Stato islamico in Iraq e al- Sham (Isis) – che ora sono ritratti come “jihadisti stranieri” e sono diventati il principale capro espiatorio nei media in occidente e nel Golfo, a cui attribuire ogni atrocità commessa dai ribelli. Questa falsa percezione è stata costruita grazie a una campagna di pubbliche relazioni in occidente e nel Golfo mirante a “moderare” l’immagine dei fondamentalisti salafiti-jihadisti (come pure quelli più inclini alla criminalità, all’uccisione e la distruzione), per renderli più adeguati nel soddisfare le richieste dei loro donatori del Golfo e degli Stati Uniti. Eppure, contrariamente a questo racconto, gli stessi  salafiti “moderati” – quelli che si suppone incoraggiare a dissociarsi dai loro affiliati qaedisti – hanno felicemente combattuto fianco a fianco con il “nemico numero uno”  dell’occidente [al Qaeda] e il più delle volte non come un partner casuale, ma fin dall’inizio della rivolta nel 2011.

In maggior contrasto con il citato racconto  del ” risveglio”, Jabhat al- Nusra ( JaN) – il ramo siriano con l’ideologia di al Qaeda – è ancora presente nel miscuglio. Anche se diversi esperti ed analisti hanno compiuto sforzi per pubblicizzare le tensioni tra Isis e JaN , i due gruppi condividono ancora una comune ideologia jihadista e cooperano in settori chiave, in particolare nelle operazioni paramilitari. É ciò che fanno i gruppi salafiti intransigenti come Ahrar al- Sham, che cooperano in pieno con i “moderati” amici dell’occidente, e nello stesso tempo formano la spina dorsale del Jaish al-Islam . Di recente l’Isis ha strappato [con la lotta] la città di  Azaz – già sotto il Fsa – dalle mani della brigata “Tempesta del Nord”, vicina all’occidente. Il Liwa al- Tahwid si è subito offerto di mediare un cessate il fuoco e ha agito come mediatore tra le due fazioni in lotta. Ma a sua volta, l’Isis ha respinto qualsiasi autorità “Fsa” e da allora ha preso il controllo della città [applicando la sharia], qualcosa che Liwa al- Tahwid non avrebbe potuto impedire in alcun modo.

Questi eventi contraddicono in modo diretto l’idea che il nuovo “Esercito dell’Islam ” abbia fretta di dissociarsi, o addirittura di fare la guerra contro l’Isis o gli altri estremisti affiliati. In più, il leader del Jaish al-Islam, Zahran Alloush, ha rinnegato pubblicamente il suo “capitano”, dopo aver avvertito l’Isis che ci sarebbe conflitto aperto se ” avessero continuato con questo caos” . Il leader ha affermato che i commenti erano “pericolosi” e potevano “causare discordia tra i musulmani”.

Ancora di più, in una recente intervista con Al Jazeera, Alloush, senza le catene “moderate”, ha espresso in libertà i suoi ideali per la Siria futura: egli aspira a far risorgere l’impero Omayyade (il 2 ° califfato islamico che aveva la Siria come centro e Damasco come capitale ),  e “ripulire” Damasco di tutti i  “Majous” (termine arabo peggiorativo per indicare gli iraniani), i “Rafideh” (sciiti ) e i “Nusayris” (alawiti) .

La retorica settaria dei leader ribelli è un tema ricorrente in tutto il conflitto. In linea con questa tendenza, le affermazioni di Alloush possono essere presi come una chiara indicazione che il suo nuovo “Jaish al-Islam” non è per nulla interessato a stare dentro l’immagine moderata che piace all’occidente. Alloush, come la maggior parte dei capi ribelli, è un fondamentalista salafita, che guarda le minoranze della Siria come kafir ( infedeli ) che devono sottomettersi alla sua interpretazione salafita dell’Islam o venire uccisi.

I racconti dei media occidentali e del Golfo su questa nuova “alleanza islamista” sono una ripresa delle fallite campagne di pubbliche relazioni del passato, in cui essi hanno tentato di attenuare le profonde ideologie fondamentaliste degli insorti che facevano la guerra allo Stato siriano. In netto contrasto con le visioni del Califfato, sostenute dalla maggioranza dei capi ribelli, la Siria è stata per decenni una società laica pluralista; la maggior parte della sua popolazione islamica sunnita è conservatrice e ha convissuto in modo pacifico con le molte altre religioni e minoranze etniche che compongono la ricchezza sociale, storica, culturale della Siria. Il popolo siriano non aspira a una leadership o a una dottrina legale salafita-wahabita di stampo saudita. Sui media occidentali e del Golfo, si legge che questa nuova forza rappresenta una coalizione indigena “islamica moderata” in grado di tenere a bada gli elementi stranieri e al Qaeda. In realtà è il contrario e la maggioranza dei siriani respingerebbe il linguaggio settario e l’ideologia di Zohran Alloush; i suoi gruppi di aperta alleanza con al Qaeda o con la sua ideologia; il suo “Esercito dell’Islam”.

Considerando quanto detto sopra, è ancora meno sostenibile la storiella di un salafismo “locale”, nato in Siria, apprezzato dalla popolazione siriana, più dell’alleanza Isis-JaN.

Di fatto, la formazione di Alloush, Jaish al-Islam,  insieme con la denuncia della “Alleanza islamista” contro l’opposizione politica filo-occidentale, mostrano un maggiore spostamento della rivolta verso gli ideologi di al Qaeda che combattono il regime siriano, non un allontanamento da loro.

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