Libri: Ermanno Genre, Introduzione alla Bioetica

9788870169331-hiresErmanno Genre ha insegnato Teologia pratica presso la Facoltà valdese di Teologia di Roma ed è stato professore invitato in diversi altri istituti. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo Gesù ti invita a cena. L’eucarestia è ecumenica e Martin Bucer. Un domenicano riformatore, Claudiana. Distanziandosi dalla contrapposizione bioetica cattolica/bioetica laica, Ermanno Genre delinea un itinerario “protestante” nel quale i temi del nascere e del morire si intrecciano con gli interrogativi della teologia e del counseling pastorale e procedono sul terreno pratico nell’intento di aiutare chi legge a maturare una propria visione. Ermanno GENRE Introduzione alla bioetica Bioetica e teologia pastorale in dialogo “Nostro Tempo” 123 – pp. 96 – euro 9,50 Prendendo le distanze dalla radicale contrapposizione tra la bioetica cattolica e quella laica, Ermanno Genre propone non una bioetica protestante bensì un itinerario di “approccio protestante” ai temi del nascere e del morire che invita a una vera disponibilità all’ascolto e al confronto. Genre delinea così un percorso che, da un lato, riconosce l’esigenza di difendere lo statuto di laicità della ricerca, della pratica medica e della cura pastorale e, dall’altro, si ispira alla “saggezza pratica” della tradizione biblica ebraica e cristiana nonché della filosofia greca classica, lontane da ogni pretesa di assoluto e perciò capaci di confrontarsi con l’unicità dell’esistenza del singolo. • La difesa dello statuto della laicità della ricerca e della pratica medica e pastorale. • Un percorso ispirato alla “saggezza pratica” della tradizione biblica ebraica e cristiana, nonché della filosofia greca classica. • La necessità di tenersi lontani dalla pretesa di assoluto per confrontarsi con la biografia di ogni singola persona.

Le grandi questioni di bioetica, inizialmente ristrette alla cerchia degli esperti e dei ricercatori, dei medici e dei moralisti, si sono via via estese, e hanno coinvolto le istituzioni e le persone comuni. Ogni singolo cittadino si sente oggi interpellato personalmente quando è questione del nascere e del morire, della salute del proprio corpo, e rivendica il proprio diritto a una decisione responsabile. Le società moderne non riconoscono più alla corporazione medica l’esclusività di scegliere le proprie regole senza renderne ragione: si rivendica il diritto di partecipare a questo “potere” medico. Un diritto che ha imposto la ridefinizione della relazione con il paziente. Il modello paternalista della prassi medica è stato messo in discussione e il paziente rivendica il proprio diritto di cittadino ai trattamenti, favorendo un processo di “umanizzazione” che ha coinvolto in profondità la relazione terapeutica. Di qui la svolta che Spinsanti ha indicato come il passaggio «dall’alleanza al patto» (Spinsanti 2002, p. 143), e il patto implica, in quanto tale, un rapporto di reciprocità. Questa nuova visione delle cose è il frutto di una nuova coscienza della propria autonomia personale che va oltre il vecchio principio della medicina ippocratica basata sul detto Primum non nocere, per principio non danneggiare. In altre parole, il «principio di beneficità», unilateralmente considerato dal punto di vista del medico, si è gradualmente coniugato con il «principio di autonomia» del paziente, per esempio la decisione di rifiutare un determinato trattamento. Se questa nuova visione della relazione medico-paziente ha coinvolto l’etica medica in particolare, non sfuggirà il fatto che essa è venuta a modificare anche la relazione di counseling pastorale, anche se di questo aspetto poco si parla. Di questo aspetto, precisamente, vorrei occuparmi in queste pagine. È ancora forte, infatti, la tendenza ad applicare dei criteri di comportamento fatti derivare da una concezione dedutti6 va di valori ritenuti universali e che, come tali, dovrebbero imporsi senza discussione e senza eccezioni a ogni persona.

L’etica teologica cristiana è oggi chiamata a rivestirsi di umiltà senza assumere, come talvolta avviene, degli atteggiamenti arroganti quando richiama l’attenzione ai «valori». Il complesso discorso della bioetica ha a che fare con una pluralità di conoscenze e discipline umane che non possono in alcun modo confondersi con le diverse letture che ne possono dare le religioni, anche se queste ultime hanno non solo il diritto ma anche il dovere di far sentire la loro voce. La bioetica, infatti, come anche la teologia, non guarda all’individuo come persona isolata dal contesto di vita in cui si situa, ma come parte di una società in cui si riconoscono dei diritti e dei doveri che tutti devono rispettare, e in cui i principi di libertà, di autonomia e dignità della persona devono trovare il consenso dei diversi.

È precisamente su questo terreno che l’etica e la morale si devono misurare oggi come in passato. Ma non viviamo più al tempo dei greci e dei romani, quando la capacità di tracciare i fondamenti etici (Atene) si misurava con l’esigenza di fare spazio alla legge morale (Roma). Oggi non è affatto semplice convincere Roma al dialogo con Atene, perché Roma non è più la Roma imperiale dei Cesari ma la Roma vaticana e cattolica che rivendica il primato della propria morale urbi et orbi e che considera l’etica di Atene un’etica della persona, laica e secolarizzata, relativista e priva di fondamenti sicuri. In altre parole, Roma rivendica a sé il diritto di difendere dei principi morali «non negoziabili», mentre ad Atene, tutto può (e deve) essere negoziato.

In queste pagine vorrei sostenere la tesi secondo cui soltanto una vera disponibilità al dialogo e al confronto, al dibattito franco e trasparente, rispettoso di diversi punti di vista, può portare, in una società moderna, democratica e libera, alla costruzione di un consenso sulle leggi che una collettività deve darsi. Cercare il confronto in vista del bene comune è la via maestra, senza nascondersi dietro a formule rigide e ideologiche di una morale religiosa o di un’etica laica, che corrono sempre il rischio di passare accanto ai veri problemi e alla vita concreta delle persone. In altre parole, si tratta di situare le diverse visioni della vita e della scienza che fanno riferimento al cristianesimo, con altre visioni e concezioni, 7 e cercare le risposte adeguate o, come sostiene Paul Ricoeur, «inventare » le giuste risposte nelle diverse situazioni della vita.

I testi qui ordinati sono una selezione e parziale riformulazione di interventi, lezioni, conferenze tenuti in diverse occasioni in questi ultimi anni, in parte pubblicati e in parte inediti. Ho rinunciato a indicare le fonti e mi limito a dire che larga parte di queste riflessioni è sorta e maturata nell’ambito del Comitato di bioetica della Tavola valdese che voglio qui ringraziare, in particolare il collega Sergio Rostagno che ha avuto la felice intuizione di proporre la costituzione del «Gruppo di lavoro sui problemi etici posti dalla scienza», esattamente vent’anni fa. Un vivo ringraziamento va alla prof. Maria Cristina Laurenzi di Perugia per aver letto la prima versione del testo e per i suoi suggerimenti, e a mia moglie Katharina, con cui ho avuto modo di discutere e approfondire diverse questioni.

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