L’idolatria della vita

“Chi sul dolore non ha nient’altro da dire che si deve combatterlo, ci inganna…”.

Questa frase ha attirato la mia attenzione in più occasioni.

Che altro c’è da dire sul dolore? Beh, a costo di scivolare sull’ovvio, si potrebbe dire che non c’è vita senza dolore, da cui il principio per il quale, oltre a combatterlo, il dolore va accettato.

Logico.

Ecco, capovolgendo questa logica, mi vengono in mente espressioni di film drammatici in voga quando ero un ragazzino, cose del tipo: “Se non trovi qualcosa per cui valga la pena morire, la tua vita non varrà un granché”. Non escludo ci sia ispirazione in queste parole.

In quest’epoca post-moderna, l’umanità occidentale vorrebbe sostituire alla salvezza la salute, al bene il benessere, alla vita l’essere in vita. E se entrassi ancor di più in territorio cristiano (è sempre lì che vado a parare), potrei dire che l’uomo occidentale vorrebbe sostituire alla santificazione la sanificazione.

==>> Affrontare le sfide quotidiane con o senza Gesù è radicalmente diverso, in primis perché con Lui si ha la certezza che tutto convergerà verso un bene eterno, oltre questa vita, mentre senza di Lui, beh, tutto convergerà verso un peggio eterno, che molti si ostinano a chiamare “nulla”, ma credo si sbaglino. Alla grande, mi permetto di aggiungere.

La tua benignità vale più della vita1 dice il salmista, puntando evidentemente lo sguardo verso una vita oltre quella biologica. Perché è questo il pericolo continuo per l’uomo moderno: non capire il salmista, ridurre la vita alla mera esistenza biologica o, come accennavo, all’essere in vita. Secondo alcuni pensatori è una vera e propria idolatria della vita biologica, che non è mai sparita nell’uomo, ma che è esaltata da una devozione al progresso tecnologico-scientifico tipica di questi tempi, a un progresso a tutti i costi, che non prevede nei comitati scientifici la presenza di pensatori della fede. In passato la medicina doveva lottare per ritardare la morte, la quale rimaneva il termine necessario (in quanto inevitabile ma anche utile) alla vita. Per molti oggi la morte è un fallimento del sistema sanitario nazionale, che scatena la ricerca sempre e comunque di un colpevole. E se non si trovasse un colpevole, rimane il dubbio, poiché essa deve essere sempre evitata, mai accettata. Temo che questo approccio ci faccia del male, profondamente.

Io non so se siamo di fronte a una idolatria della vita, so però che i cristiani ne subiscono il fascino, così il terrore del dolore e della morte ne paralizza molti: comprensibile, ma degno di attenzione e analisi.

La mia grazia ti basta2, risposta inaccettabile per noi oggi ma sufficiente per l’apostolo Paolo, è sicuramente un invito ad accettare il dolore, ma un invito che guarda oltre, persino oltre la morte, a qualcosa di più grande, che la grazia offerta da Dio schiude: la vita eterna.

C’è di più della salute ed è una scivolosa esagerazione dire che “quando c’è la salute, c’è tutto”: ma questo lo sa l’uomo della strada o, se volete, anche l’uomo per la strada, intendo proprio il vagabondo che magari ce l’ha quella salute, ma ha perso il senso della vita. C’è più della salute. C’è più del benessere.

E questo di più è la salvezza in Cristo Gesù.

Non releghiamo questa verità cristiana in un angolo romantico e consolatorio del nostro cuore! Sarebbe un errore clamoroso, che ci condannerebbe a vivere una vita da codardi, una vita che non saremmo disposti a cedere per niente e nessuno al mondo.

In nessun modo qui si sminuisce dolore e morte: e come potrei? Anche chi scrive li vive, li conosce, poi servendo in una missione come Porte Aperte, beh, come dire, non sono esattamente una lontana eventualità, sono piuttosto una costante quotidiana con cui fare i conti. E a dirla tutta, non si esaltano nemmeno. Nella visione cristiana c’è un approccio olistico e totale al “prossimo”, che bada alla salute del fisico ma anche dell’anima: per questo la Chiesa è impegnata nell’aiutare i bisognosi, le vedove, gli orfani, gli ultimi e a salvare il mondo! Ah che gioia scrivere queste ultime parole!

Prendi la tua croce e seguimi, insiste a dirci Gesù anche oggi.

Quando afferra la mano di Cristo, l’uomo sente la salvezza fluire nella propria vita e la consapevolezza di tale salvezza cresce man mano che lui diventa partecipe della sofferenza di Cristo sulla croce. I perseguitati ce lo insegnano: seguimi significa prendere parte all’opera di salvezza del mondo compiuta sulla croce dal Cristo, in cui la sofferenza acquisisce un valore sublime.

Che bello vivere sapendo che sofferenza e morte hanno valore e ci avvicinano a Dio!

Che triste vivere sapendo che sofferenza e morte non hanno valore, pura sventura!

Credo che la paura del Covid possa aver contaminato questa visione cristiana della sofferenza e della morte, portando molti a una paralisi dello spirito, a una sospensione della vita e a una confusione sul suo significato.

Di fronte a questa epoca incerta, non sentirti impotente, cristiano di oggi!

Sei ambasciatore di Colui che ha sconfitto la morte!

In fondo, esattamente come Lui, puoi sempre donare la tua vita per il prossimo!

Ti è piaciuto l'articolo? Sostienici con un "Mi Piace" qui sotto nella nostra pagina Facebook