L’India alla conquista di Marte: entusiasmo per la missione low cost in uno stato che perseguita i cristiani

sona_300In India gongolano, alla Nasa osservano scettici. La missione su Marte “made in Asia” è partita ieri mattina alle 14.38 locali, le 10.08 in Italia, dal Centro spaziale Satish Dhawan, nell’Andhra Pradesh, con una sonda posta a bordo del razzo Pslv-C25: uno spettacolo di orgoglio nazionale, trasmesso in diretta dalle tv locali e salutato da un coro di congratulazioni da parte delle massime istituzioni nazionali (dal presidente Mukherjee al primo ministro Singh, fino ai capi dei partiti politici). Tiepida la reazione degli Stati Uniti, gli unici (per ora) ad aver inviato su Marte non solo una sonda ma un robot esploratore, Curiosity, atterrato nell’agosto del 2012: “Non credevamo che sarebbero stati in grado di lanciare una sonda così presto”, ha detto Joe Grebpwsky, progettista della Nasa.

Lo scetticismo è condizionato anche dalle dimensioni relativamente modeste dell’investimento sul progetto Mangalyaan (nave marziana): 4,5 miliardi di rupie, circa 73 milioni di dollari, contro i 455 pagati dalla Nasa per lanciare, pochi giorni fa, una sonda sul pianeta rosso. In ogni caso la sonda, che pesa 1.350 chili, viaggerà intorno alla Terra fino al 24 settembre prossimo, per poi raggiungere Marte a dicembre, dopo un cammino di 400 milioni di chilometri. Mangalyaan studierà la composizione dell’atmosfera e le emissioni termiche di Marte.

L’India è la prima nazione asiatica a mettere nel mirino il pianeta rosso, dopo il fallimento di analoghe missioni giapponese (nel 2003) e cinese (nel 2011). Mangalyaan anche simbolicamente è la proiezione delle ambizioni dell’India, la seconda economia mondiale a più rapida crescita. Ma anche le ambizioni devono fare i conti con la realtà di un Paese in cui un quarto del miliardo e 200 milioni di abitanti vive sotto la soglia di povertà, e il 39% della popolazione di età superiore a 15 anni è analfabeta.

A parte la povertà, un problema non da poco che preoccupa noi cristiani è la persecuzione contro i cristiani. Ad esempio, sono  40 gli attacchi anticristiani registrati nel 2013 nello stato indiano di Karnataka, di cui ne ha fatto le spese anche il pastore evangelico Anil Kumar di Hubli, mentre 222 casi si sono registrati negli ultimi tre anni. Questo è il dato che emerge da un rapporto del “Consiglio globale dei cristiani indiani” (Gcic), che ha segnalato la situazione al Ministero degli Interni del governo federale indiano. Il clima di crescente intolleranza promosso da gruppi estremisti indù nei confronti dei gruppi religiosi minoritari “è ignorato dal governo dello stato e dal governo federale”, afferma il Rapporto, notando che “non sono state introdotte misure che frenino gli autori di tali violenze, garantendo punizioni adeguate”.
Allo stesso modo il Consiglio critica “l’uso eccessivo della forza da parte della polizia, in occasione di manifestazioni delle minoranze religiose che protestano legittimamente per tale stato di cose”, affermando che “la polizia non è imparziale” e si è dimostrata “incapace di proteggere la vita e i beni delle minoranze cristiane”.

Marte, visto da qui, sembra davvero lontano.

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