L’integrazione è come l’amore: si fa in due

gRom questi sconosciuti: un libro di storia, arte e cultura romanì, scritto per superare i pregiudizi e le discriminazioni.

Dopo il caso di mafia capitale è emerso come un sistema ben organizzato lucrasse sulle fasce più deboli e vulnerabili della popolazione. Tra questi, le comunità rom continuano a vedersi sottrarre diritti e libertà in nome di una presunta scelta alla non integrazione. Una popolazione, quella rom e sinti, che è presente in Italia da molti secoli ma nonostante ciò ancora si parla di loro come di stranieri.

Santino Spinelli, insegnante, compositore e musicista, torna sulla questione con un libro volto alla divulgazione e alla conoscenza di questa cultura: Rom questi sconosciuti, edito da Mimesis.

Questo libro sembra un modo per ripartire dalle basi, dall’abc sulla cultura rom. Come mai?

«Perché c’è tanta disinformazione. Del mondo Rom emerge soltanto la cronaca. In realtà dietro di essa c’è un mondo fatto di cultura, moda, sport, letteratura, teatro e personaggi illustrissimi e assolutamente sconosciuti. È come dire che tutti gli italiani sono mafiosi e ignorare Giuseppe Verdi, Leonardo, Pascoli o D’Annunzio. È evidente che c’è una mistificazione e pochi conoscono la storia, in senso antropologico, che questa realtà culturale rappresenta con tutte le sue numerose comunità, diversissime fra di loro, che vengono massificate. Nessuno conosce la lingua romanì ed è assurdo dopo sei secoli di presenza in Italia. Un periodo che non è bastato per riconoscere questa cultura, quest’arte e questa lingua che rappresentano un patrimonio per l’intera umanità».

Come superare queste barriere?

«Con le informazioni corrette e su basi scientifiche. Non sono partito dal mio personale punto di vista; usando un metodo scientifico ho voluto presentare una cultura da un punto di vista storico, antropologico, linguistico, artistico con tutte le sue sfaccettature e con tutte le sue numerose espressioni compresa la parte della realtà quotidiana, partendo da mafia capitale per arrivare ai movimenti politici dei rom e il rapporto con le istituzioni internazionali. È un “mattone” di 600 pagine con cui capire finalmente chi sono i rom al di là delle fandonie, delle inesattezze, al di là della mistificazione. Chi vuole operare in campo interculturale e nel campo dell’inclusione deve porsi nella maniera giusta per quel che riguarda l’informazione; questo manca perché non c’è una vera volontà politica di integrare i rom.

Pochi conoscono l’apporto di questa cultura alla musica europea, alle diverse correnti artistiche e culturali che i rom hanno contribuito a creare, come il flamenco in Spagna, il jazz manouche in Francia, la musica balcanica e tanta musica dell’est europa. Chi sa tradurre Samurdaripen, ovvero l’equivalente della Shoah degli ebrei? Loro sono stati risarciti e tutti conoscono il significato profondo di Shoah, pochi conoscono Samurdaripen, cioè il genocidio do rom e sinti in Europa durante la seconda guerra mondiale. Quando se ne parla la si fa diventare un’appendice della Shoah commettendo un grosso sbaglio perché così facendo non si riconosce ancora nella sua dimensione reale ciò che è accaduto. Tutti fanno credere che i rom siano quelli che non si vogliono integrare, che vogliono vivere nei campi rom, ecc. In realtà è mafia capitale che promuove questo tipo di idea e di immagine dei rom in modo da poter creare business sui rom, sulla pelle di bambini, donne e anziani che non possono difendersi. Ecco allora che l’informazione corretta rende giustizia a queste persone e prova a superare materialmente la mafia e ricordare a tutti che il razzismo e la segregazione razziale sono due crimini contro l’umanità».

In Italia sembra impossibile superare questo pregiudizio. È diverso in altre parti del mondo?

«Più o meno il discrimine rimane. Purtroppo in Europa si discrimina su base etnica. La stessa discriminazione che è avvenuta sotto le monarchie nei secoli precedenti, sotto le dittature fasciste e naziste. Oggi avviene in un sistema democratico: non si condanna un soggetto perché si comporta male, si condanna un’intera popolazione».

L’introduzione è curata da Moni Ovadia, com’è nata questa collaborazione?

«Moni Ovadia è un amico e un fratello come lo sono tutti gli ebrei che hanno subito come noi persecuzioni in Europa per secoli. Siamo i diversi per antonomasia, ma quando i nostri popoli si sono incontrati liberamente e non nelle segrete della santa inquisizione o nei campi di sterminio abbiamo donato arte e cultura all’Europa, questo però è assolutamente misconosciuto.

Insieme a Moni Ovadia abbiamo realizzato tanti concerti e aveva già scritto la prefazione dell’altro libro, Rom genti libere. Anche per questo libro ho chiesto la sua collaborazione perché in quanto ebreo, uomo di cultura e difensore di tutti i popoli era giusto che fosse lui a occuparsene.

Del resto è stato fra i primi intellettuali italiani a difendere la cultura romanì e il popolo rom e a dire che gli ebrei sono entrati nel salotto dei vincitori mentre i rom no. Oggi nessuno si sognerebbe di attaccare gli ebrei senza una risposta molto decisa e ferma da parte di tutti, per i rom si può ancora dire e fare qualsiasi cosa e questo è assolutamente ingiusto.

Il libro serve a promuovere una conoscenza che vorrebbe far superare questi pregiudizi per poter godere di un’arte e una cultura che rappresentano un patrimonio per l’intera umanità. È evidente che se le persone sono costrette a vivere in condizioni disumane, segregati per essere poi strumentalizzati dalla mafia, da politici corrotti e da associazioni di pseudo volontariato che hanno creato un business e hanno tutto l’interesse a non cambiare nulla, l’opinione pubblica e gli stessi rom sono destinate a rimanere le vittime di questo sistema.

Quello che tengo molto a dire è che questo è un saggio a carattere scientifico sul mondo rom e con una visuale particolare: quella dei rom. Ho cercato di farlo proprio per creare un libro dove i rom non fossero oggetti di studio ma soggetti di confronto».

Susanna Ricci | Riforma.it

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