In nome di un «approccio basato sui diritti umani e sulla riduzione del danno» il dottor Tlaleng Mofokeng – relatore alle Nazioni Unite sul diritto alla salute – ha esortato i Paesi membri a depenalizzare droghe, prostituzione, aborto ed esposizione intenzionale all’HIV.
Ebbene sì. Avete letto bene. Una dichiarazione shock, che ha portato alla replica del delegato del Camerun, il quale ha difeso l’operato del governo del suo Paese nello scoraggiare in special modo il consumo di droga. «È una minimizzazione della gravità dell’abuso di droga e sostanze stupefacenti e di altri crimini come l’esposizione all’HIV, l’aborto, le relazioni omosessuali e il lavoro sessuale», ha affermato.
«L’accettazione dell’uso ricreativo delle droghe e la loro legalizzazione per usi terapeutici sono tendenze particolarmente preoccupanti. Trasmettono il messaggio che le droghe possano essere utilizzate senza rischi per la salute. Niente è più lontano dalla verità e più pericoloso per la nostra società, in particolare per quelle dei Paesi più poveri, per i nostri sistemi sanitari e le nostre economie», ha osservato invece il delegato dell’Egitto, rilevando come tale problematica «non dovrebbe essere presa alla leggera», anche in forza delle più recenti evidenze scientifiche sui rischi conclamati del consumo di sostanze stupefacenti soprattutto tra i più giovani.
«Cuba ha una politica di tolleranza zero rispetto a produzione, consumo e traffico di droghe. L’uso di droghe è una seria minaccia per la salute, ma anche per la sicurezza e lo sviluppo economico. Questa è una piaga che produce cicli di povertà, violenza e altri tipi di comportamento criminale», ha evidenziato il delegato dell’isola caraibica. Lo stesso ha poi affermato che è anche necessario «rafforzare la cooperazione internazionale» per sconfiggere questa drammatica piaga sociale.
Ad apprezzare al contrario le strategie improntate alla ‘riduzione del danno’ sottolineate dal dottor Mofokeng sono le delegazioni di Stati Uniti e Sudafrica. La prima ha elogiato le politiche internazionali nell’affrontare la crisi degli oppioidi, così come gli sforzi per «invertire la sproporzionata incarcerazione di persone di colore per possesso di marijuana». La seconda ha mostrato come anche le politiche sudafricane siano orientate secondo «un approccio per la limitazione del danno, incentrato su prevenzione, trattamento e riabilitazione invece che sulla punizione».
Nel nostro Paese, sebbene non manchino i sostenitori della liberalizzazione del consumo di droghe, si sta lavorando sia per contrastarne il traffico illecito e la circolazione, sia per scoraggiarne il consumo soprattutto tra i giovani, attraverso campagne di informazione e sensibilizzazione in materia nelle scuole, nella ferma consapevolezza che non esistano ‘droghe leggere’ – date le pesanti ricadute sulla salute psicofisica in special modo degli adolescenti – e che prevenire sia sempre meglio che curare.
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