LUCA-ATTI: PRATICARE IL PERDONO E LA SOLIDARIETÀ CON I POVERI

Questi due vangeli, scritti dal medico-evangelista Luca, tracciano le linee generali del “Paradigma Missionario Lucano”. La concezione lucana della Missione differì sotto alcuni aspetti significativi da quella di Matteo capitolo 2 e da quella di Paolo capitolo 4. Tuttavia, nonostante le differenze, le tre immagini sono tutt’al più dei sotto paradigmi di un unico e coerente paradigma cristiano della Missione.

In anni recenti, ha assunto un ruolo preminente nel dibattito sul fondamento biblico della Missione un altro passo neotestamentario: la versione lucana del sermone di Gesù nella sinagoga della sua residenza a Nazareth a cui egli applica a sé stesso e al suo ministero la profezia di Isaia 61:1 “Lo Spirito del Signore, l’Eterno, è su di me, perché l’Eterno mi ha unto per recare una buona novella agli umili; mi ha inviato a fasciare quelli dal cuore rotto, a proclamare la libertà a quelli in cattività, l’apertura del carcere ai prigionieri.

L’avvenimento è riportato in questa forma soltanto nel Vangelo di Luca ed è chiaro da tutto il contesto che occupa un posto centrale. E’ proprio questo che è stato riconosciuto in anni recenti, particolarmente negli ambienti teologici conciliari e della liberazione.

Luca 4:16-21 “Poi venne a Nazareth, dove era cresciuto e, com’era solito fare in giorno di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò per leggere. E gli fu dato in mano il libro del profeta Isaia; lo aprì e trovò quel passo dove era scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me, perché mi ha unto per evangelizzare i poveri; mi ha mandato per guarire quelli che hanno il cuore rotto, per proclamare la liberazione ai prigionieri e il recupero della vista ai ciechi, per rimettere in libertà gli oppressi, e per predicare l’anno accettevole del Signore». Poi, chiuso il libro e resolo all’inserviente, si pose a sedere; e gli occhi di tutti nella sinagoga erano fissi su di lui. Allora cominciò a dir loro: «Oggi questa Scrittura si è adempiuta nei vostri orecchi»”, ha rimpiazzato a tutti gli effetti il “grande mandato” di Matteo quale testo chiave per comprendere non solo la Missione di Gesù ma anche quella della chiesa.

Questa circostanza dovrebbe essere da sola una ragione sufficiente per dare uno sguardo più approfondito alla concezione lucana della Missione.

Vi sono, tuttavia, altre importanti ragioni per scegliere proprio Luca in un’indagine sulla percezione della Missione della chiesa primitiva:

  • Una ragione sta nel fatto stesso della centralità della Missione negli scritti lucani. Qui parla della Missione come del “tema dominante” per Luca (1956, 136);
  • Un’altra ragione della scelta di Luca va ricercata in una differenza di fondo che lo distingue dagli altri tre evangelisti: egli non scrisse soltanto un Vangelo ma anche il libro degli Atti;
  • Una terza ragione emerge dal confronto fra Luca e Matteo. Quest’ultimo era molto probabilmente un giudeo-cristiano che scriveva per una comunità cristiana prevalentemente giudaica sull’onda degli importanti eventi accaduti attorno al 70 d.C.

L’evangelista Luca fu forse l’unico autore gentile di un libro del Nuovo Testamento e scrisse per cristiani che erano di prevalenza di origine gentile, sembra inoltre avere avuto in mente altre comunità e non come Matteo una sola. Ciò nonostante, tra il Vangelo di Luca e quello di Matteo vi sono somiglianze sufficienti per giustificare l’utilità di un confronto:

– In primo luogo, i due Vangeli furono scritti più o meno nello stesso periodo, probabilmente negli anni 80 del I secolo, cioè durante il regno dell’imperatore romano Domiziano;

– In secondo luogo, Luca e Matteo utilizzano in larga misura le stesse fonti, vale a dire il Vangelo di Marco è la fonte dei detti;

– In terzo luogo, sia Matteo che Luca scrivono per comunità in transizione. Matteo era interessato a una comunità cristiana prevalentemente, o addirittura esclusivamente, giudaica che sull’onda della guerra giudaica e di fronte all’atteggiamento sempre più ostile manifestato dal farisaismo verso la chiesa doveva vedersela con una crisi di identità e un futuro assai incerto.

Accingendosi a scrivere la sua opera in due volumi, Luca aveva in mente anch’egli una situazione di crisi, il che ci introduce alla questione dei fattori che costituirono l’occasione dei suoi scritti.

Dagli importanti eventi che avevano coinvolto Gesù di Nazareth era passato più di mezzo secolo, molte cose erano successe nel corso di quegli anni. All’interno del giudaismo, il movimento zelota aveva scatenato la guerra giudaica che a sua volta aveva condotto alla distruzione di Gerusalemme, mutando quasi completamente il volto del giudaismo.

La chiesa cristiana, che aveva mosso i suoi primi passi come movimento di rinnovamento all’interno del giudaismo aveva subito più o meno quattro decenni precedenti, una trasformazione totale. Non stava più attirando quantità significative di giudei alla fede in Gesù Cristo, era divenuta in pratica una chiesa di gentili. La responsabilità del carattere prevalentemente gentile della chiesa degli anni 80 era stata, in particolare, del vigoroso programma missionario di Paolo. Tuttavia, il culmine dell’espansione missionaria e dell’energetico slancio missionario indirizzato da Paolo in tutte le direzioni era ormai passato da un quarto di secolo e si era instaurata una certa stagnazione. La chiesa era ora una chiesa della seconda generazione e manifestava tutte le caratteristiche di un movimento che non partecipava più del fervore e della dedizione dei nuovi convertiti.

Il ritorno di Cristo, atteso con tanto fervore dalla prima generazione di credenti, non aveva avuto luogo. La fede della chiesa era messa alla prova su almeno due fronti:

– internamente l’entusiasmo era calante;

– esternamente vi erano ostilità e opposizione da parte sia dei giudei e sia dei pagani.

I cristiani gentili si trovavano inoltre di fronte a una crisi di identità.

Si chiedevano:

Chi siamo realmente? Come ci rapportiamo al passato giudaico soprattutto alla luce della manifesta animosità del giudaismo contemporaneo? Il cristianesimo è una nuova religione oppure una continuazione della fede dell’Antico Testamento? Soprattutto, come ci rapportiamo al Gesù terreno che sta progressivamente e irrevocabilmente arretrando al passato?”.

L’evangelista Luca decise di andare in soccorso di questi cristiani, di chi avesse agito come se dai tempi del ministero di Gesù in Galilea e in Giudea nulla fosse accaduto, non sarebbe stato fedele a quello stesso Gesù.

Identificare ingenuamente la sequela praticata dalle comunità cristiane del tempo di Luca e quella dei primi discepoli non era più possibile.

L’evangelista Luca vide più chiaramente della maggior parte dei suoi contemporanei il problema posto dal passare del tempo e della trasformazione della comunità cristiana da esclusivamente giudaica a prevalentemente gentile.

Non era possibile passare sopra alla storia di mezzo secolo: bisognava interpretarla.

L’evangelista Luca offrì tale reinterpretazione in maniera assolutamente unica, egli sostenne che i cristiani del suo tempo non si trovavano in una posizione realmente svantaggiata rispetto ai primi discepoli di Gesù, che il Signore risorto era ancora con loro, particolarmente attraverso il suo Spirito che li guidava continuamente in nuove avventure.

Gesù era ancora presente nella sua comunità nel suo “nome” c’era “potenza”, e faceva sì che il passato divenisse efficace. Ciò avveniva dove Gesù era obbedito e accettato veramente come Signore e anche dove la comunità seguiva il suo Spirito che la guidava in nuove situazioni di Missione.

Marco Lanzarotta | Notiziecristiane.com

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