Lupi travestiti da agnelli… quando gli psicopatici ci circondano

“Non siamo padroni a casa nostra”. Con questa affermazione lo Psicoanalista Sigmund Freud, intendeva dire che non ci conosciamo affatto né, tanto meno, riconosciamo in noi quei comportamenti che dovrebbero proporsi aperti all’altro, disinteressati, coerenti e rispettosi, mentre, in realtà nascondono un fine quasi patologico. Quel fine che a sua volta non ci fa vivere bene, tranquilli e rilassati; comodi a casa propria. Ognuno di noi ha una percezione di se stesso e di essa ne fa il baluardo della propria conoscenza. Ognuno di noi pensa di conoscere la propria personalità facendo riferimento solo a poche capacità di pensiero, omettendo la consapevolezza della propria interiorità emotiva. Tra gli elementi caratteristici e fondamentali del buon cristiano vi è sempre stata l’attenzione alla dimensione interiore. Gesù non esita, nei momenti difficili, di ritirarsi in preghiera.

«Ma egli si ritirava in luoghi solitari e pregava…»  (Luca 5:16). E sono diverse le esortazioni al mondo dell’interiorità del cristiano: «non cessate mai di pregare» (1 Tessalonicesi 5:17), «siate dunque moderati e sobri per dedicarvi alle preghiere» (1 Pietro 4:7), «perseveranti nella preghiera» (Romani 12:12). Il tema dell’interiorità ci riporta, di diritto, a riprendere l’iscrizione posta sul frontone del tempio di Apollo a Delfi: “Conosci te stesso”. Perché “Non conduce vita umana chi non si interroga su se stesso” afferma Platone. Senza interrogarsi non vi è vita interiore e senza vita interiore non vi è quel processo di umanizzazione che si richiede all’essere umano. Ma soprattutto viene a cadere quel comandamento cardine del cristiano che è l’amore. Nonostante le molte ricerche psicologiche sulla personalità è imperante un narcisismo subdolo, insito nel desiderio di potere che trova manifestazione in atteggiamenti e comportamenti manipolativi, bugiardi, inaffidabili e tiranni, che agiscono in chi li attua senza consapevolezza di se. Ci sono persone il cui Io è così rigido che nel rapporto ti senti piccolo, senti la sensazione che lo spazio relazionale è invaso dal suo Io. Sono, queste persone, quelle che si crogiolano nel proprio Io e amano vedersi sorridere alla propria battuta, anche se è banale; che amano emettere editti di legge, che amano utilizzare il proprio ruolo per dire Io sono; che amano fare sarcasmo e offese, sono spesso aggressivi mascherati dal sorriso, sono quelle che non capisci mai da che parte sta. Sono senza amore, eppure professano la loro fede, hanno sempre ragione eppure ti fanno credere che considerano il tuo punto di vista, vogliono sempre dimostrare che sono brave in qualsiasi cosa. Dietro questi atteggiamenti spesso si nasconde un Io fragile e psicopatico che si difende con l’essere irriconoscente per quello che fai, con lo sminuire l’interlocutore, al punto che questi giunge alla conclusione di una impossibilità a discutere. Affinché due persone siano in relazione, si richiede che entrambi siano attenti all’inganno del proprio Io rigido per saper ascoltare, essere presenti, utili ma senza imporsi, umili nel dare e chiedere. Ci ricordiamo che Gesù ha detto: «Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi» (Gv 15,15).

Pasquale Riccardi

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