É notizia di pochi giorni fa che Apple e Facebook hanno proposto alle proprie dipendenti come “bonus” la possibilità di conservare i loro ovuli per rinviare le gravidanze. Stando alla stessa notizia, lo avrebbero fatto con l’intento di «attirare più lavoro femminile», essendo la Silicon Valley un contesto high tech nel quale la presenza delle donne è circoscritta al solo 30%, dicono. E già qui verrebbe da chiedersi se “il problema” vero sia nel fatto che le donne fanno i figli o che magari sono proprio ontologicamente diverse, con attitudini e preferenze che, forse, non sprizzano all’istante di entusiasmo all’idea di fare il nerd tutta la vita (detto da una del settore che preferisce di gran lunga cucinare e infilare perline).
Prima di passare in rassegna alcune considerazioni di senso critico sull’argomento, qualcuno dirà (come anche le stesse aziende promotrici di questo capolavoro sostengono) che però, in realtà, Apple e Facebook hanno avuto il buon cuore e l’accortezza di offrire alle stesse donne anche altri benefit: 4000 dollari cash per ogni nuovo nato e 15000 dollari a disposizione di chi intraprende cure contro la sterilità (si legge nello stesso pezzo). Sorvolando sul fatto che le pratiche di congelamento e conservazione degli ovuli hanno costi ben maggiori di quelli messi a disposizione per le altre scelte proposte, ci sarebbe una serie di aspetti molto più interessanti da approfondire. Provo a citarne un paio e a farlo su due fronti: uno da imprenditrice e l’altro da donna.
Sul primo fronte mi domando se davvero sia compito di un’azienda quello di “garantire tutto a tutti” senza prendere posizione su niente, senza rappresentare nessun pensiero critico e nessuna coscienza, in virtù di un principio libertario ormai votato all’“ognuno fa quel che vuole”; ovvero, porre l’accento sulla sola questione economica senza entrare nel merito della qualità e del valore della scelta arbitraria: pago – in tutti i sensi – anche le libertà altrui che non mi trovano d’accordo. Oppure no? Non entrano in questo scritto tutte le considerazioni che solo a questo proposito ci sarebbero da fare, ma su questo punto personalmente preferirei aiutare le mie dipendenti ad attuare solo quelle scelte che non mettono in crisi la mia coscienza, i miei valori e le cose in cui credo. Di tutto questo, oggi, le aziende dovrebbero “parlare”: dare di sé una storia, un’evidenza e un’operosità, una testimonianza pratica e fattiva, frutto presente di scelte appunto arbitrarie, di valore e non di “prezzo”, fatte con coscienza e senso critico, e non secondo il principio della produttività o della convenienza.
A quanti pensano che con ciò si tratterebbe di discriminare la libertà di ognuno di fare ciò che vuole, risponderei che, infatti, è così, perché se è vero che la libertà è di ognuno, è anche vero che esiste anche la mia che, per inciso, vale tanto quanto quella degli altri e che la mia capacità di “condizionare” il mio prossimo ha la stessa misura di quelle di Apple e di Facebook. Per me, ognuno è liberissimo di fare quel che vuole, ma certamente non con il mio aiuto (nel caso specifico anche economico), dove ciò comporti da parte mia di rinunciare a fare, anche del mio lavoro, un motivo di sostegno e diffusione del mio pensiero, dei miei valori e del mio modo di vedere e vivere la vita. Ciò detto, come dico sempre, alle donne nerd preferisco mille volte le ricamatrici che finiscono per cucinare degli ottimi ciambelloni, anziché rosolare i propri colleghi facendo incetta di grandi amarezze e tanta insoddisfazione.
Sul secondo fronte, quello da donna, posso dire, come dico sempre, che fare i figli (oggi più che mai urgente e necessario) è sicuramente più importante che occuparsi della competizione sulle percentuali di occupazione di aziende high tech che possono benissimo fare a meno di noi, anziché speculare sulla nostra “sterilità a pagamento” nel tentativo di tenerci nascosto il nostro miglior talento naturale, quello che assicura il 100% di riuscita e di esclusiva. Solo noi facciamo i figli (intendo fisicamente) e solo noi, come scrivo nel mio secondo libro (clicca qui), nel capitolo “Come Maria”, deteniamo l’indiscusso potere, il più importante, di metterli o meno al mondo, dal momento che possiamo anche abortire senza dire nulla a nessuno, in totale autonomia e per “diritto” acquisito. Questo è ciò che ci rende sovrane della vita (o della morte), regine di tutte le generazioni (o di nessuna), imperatrici dello scettro dell’eternità (o dell’impellenza) e grandi lavoratrici, senza concorrenza e senza il bisogno di contenderci niente con i maschi, che per vedersi un po’ di pancia hanno solo l’opzione dell’ingrasso a burro e sugo.
E pensare che vorrebbero farci credere che questo vale meno di un pugno di dollari, che si può comprare, che viene dopo la carriera, dopo i soldi, dopo il successo, dopo le percentuali, dopo la casa, dopo tutto. Non facciamoci fregare. Non è così. Detto da una nerd che adora cucinare e vorrebbe avere tanti figli: non è congelando la nostra natura che diventeremo felici, ma scongelando le nostre coscienze e regalando al mondo i frutti buoni dai doni ricevuti. Solo quelli non temono rivali.
di Giorgia Petrini
Tratto da: http://www.lanuovabq.it/
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