Manoscritti del Mar Morto: esce in volume il Pesher Habakkuk, una macchina del tempo, un testo rivelatore oggi fruibile da tutti

di Fiona Diwan
“Questo rotolo eccezionalmente ben conservato è una fonte primaria, è la chiave della nostra conoscenza della vita spirituale della comunità di Qumran. È una macchina del tempo che ci permette di trasportarci nel passato della storia ebraica. E di far luce sulla percezione che quelle comunità avevano di se stesse e del mondo a loro contemporaneo. Soprattutto è, oggi, un manoscritto cruciale per la storia dell’ebraismo antico e della nascita e origine del cristianesimo e della figura di Gesù”. Così si esprime Adolfo Roitman a proposito del Pesher Habakkuk, Roitman che è il custode dal 1994 dello Shrine of The Book al Museo d’Israele di Gerusalemme, il santuario del libro dalla celeberrima forma di una larga cipolla-anfora che tutti conosciamo.

Massimo esperto e studioso dei Manoscritti del mar Morto, Roitman è volato il 24 novembre a Milano, alle Gallerie d’Italia per presentare una pubblicazione d’eccezione, quella appunto del Pesher Habakkuk, pubblicato in una preziosa versione cartacea dalla prestigiosa casa editrice spagnola Arte Scritta all’interno del The Dead Sea Scrolls Project. Il tutto sotto l’egida degli Amici Italiani del Museo d’Israele e del suo Presidente Davide Blei, e della Fondazione Goren Monti Ferrari nonché del nuovo Centro di Judaica dell’USI di Lugano presieduti da Micaela Goren, con la presenza di prestigiosi nomi di accademici come quelli di Giulio Busi, Giacomo Jori e Marcello Fidanzio. Proprio Fidanzio – professore straordinario alla Facoltà di Teologia di Lugano, direttore dell’Istituto di Cultura e Archeologia delle terre Bibliche – ha introdotto la serata alle Gallerie d’Italia con una puntuale ricostruzione della vicenda che ha portato alla scoperta dei Manoscritti nelle diverse grotte sulle rive del mar Morto.

Va sottolineato che la pubblicazione di questo volume è un evento davvero rimarchevole data la preziosità del documento originario, e giunge a spiegare al vasto pubblico appunto il Pesher Habakkuk o Commentario di Abacuc con un testo curato ed edito da Arte Scritta e corredato da immagini spettacolari, rivolto non solo agli studiosi ma fruibile da tutti gli appassionati e curiosi di storia antica, pieno di spunti, esaustivo in fatto di spiegazioni storiche e letterarie, di implicazioni teologiche e di ricadute sulla storia religiosa coeva e posteriore. A 75 anni dalla scoperta del primo Rotolo avvenuta nel 1947, abbiamo finalmente l’opportunità di tenere tra le mani un libro che riverbera il mistero e la sorpresa di quell’incredibile scoperta ma anche capace di veicolarne i contenuti presso il grande pubblico in modo chiaro e godibile.

Ma perché questo libro è così importante? Perché decodifica le parole del profeta biblico Abacuc vissuto nel VII secolo AEV alla luce della visione del mondo di una comunità, quella di Qumran, vissuta mezzo millennio dopo, una comunità che ne reinterpretò i versetti circa 500 anni dopo che erano stati scritti. Parole profetiche che si presentano cariche di nuove implicazioni e letture, specie alla luce di un’epoca turbolenta, attraversata da laceranti rivalità religiose, conflitti sociali e agitazioni politiche come accadeva nel I secolo AEV e in generale nella transizione tra l’epoca Asmonea e quella di Erode.

Un ritrovamento rocambolesco

Una vicenda rocambolesca quella del ritrovamento del Pesher Habakkuk e ricostruita durante la conferenza alle Gallerie d’Italia proprio da Adolfo Roitman: a partire dalla grotta 11q di Qumran, scoperta per caso da due beduini, fino ai 100 dollari pagati dal metropolita di Gerusalemme Mar Atanasio Samuel che li compra e che poi, nel 1948, li mostra a John Trevor il quale a sua volta li chiude in valigia e se li porta dietro negli States con la scusa di metterli in salvo dalla prima guerra israelo-araba scoppiata nel 1948; il prezioso rotolo finisce così alla Duke University nel North Carolina, nel 1949.

Pagato 100 dollari a Gerusalemme e poi messo in vendita, pochi anni dopo, negli Stati Uniti per un milione di dollari, con un semplice annuncio di cinque righe apparso sul Wall Street Journal nel 1954. Ma ecco che arriva Yigal Yadin, il celeberrimo archeologo (l’Indiana Jones dell’archeologia israeliana), che ne rivela il valore, facendo la scoperta, una tra le tante, che a Qumran si adottava il calendario solare invece che quello lunare ebraico: Yadin si accorge in modo sconvolgente che la comunità di Qumran fa “cadere” lo Yom Kippur sempre di venerdì, sempre lo stesso giorno della settimana, ogni anno, cosa inconcepibile per la tradizione ebraica che invece ha sempre seguito il calendario lunare.

Un Rotolo oggetto di ammutolita stupefazione, vertigine sacrale e soggezione: è con questa espressione in volto che Barack Obama e il principe Carlo d’Inghilterra vengono immortalati dalla macchina fotografica mentre si chinano interdetti sulla teca aperta che custodisce la millenaria pergamena.

Un testo antico di importanza cruciale

Ma che cos’è il Pesher Habakkuk? Scritto in ebraico in caratteri erodiani, è un testo ostico e complesso, un commentario, la sua datazione è collocata nella seconda metà del primo secolo AEV, ed è l’esegesi dei primi due capitoli del libro profetico di Abacuc, un testo cruciale per capire il senso della profezia. I temi che vi si affrontano sono cruciali e si inseriscono nel violento dibattito tra le fazioni che all’epoca del I secolo AEV attanagliavano il mondo ebraico. Vi troviamo una controversia sull’intolleranza e sulla conflittualità presenti tra i vari gruppi nel regno d’Israele che portarono nel 63 AEV a chiedere l’intervento dei romani e di Pompeo, evento foriero di somme disgrazie e che portò al progressivo annientamento della presenza ebraica negli antichi regni d’Israele e di Giuda. Un altro tema centrale del Pesher Habakkuk è la feroce critica contro la classe sacerdotale e la corruzione dei sacerdoti, in particolare quelli appartenenti alla stirpe di Tsaddok, i Sadducei. Vi ritorna il termine Kittim, soprannome con cui evidentemente venivano definiti i Romani dell’epoca. E si parla in numerosi passaggi di una Nuova Alleanza (New Convenant) e di un Maestro di Giustizia (Teacher of Righteousness), concetti poi ripresi da Paolo di Tarso nella Lettera ai Corinzi. “I Rotoli del Mar Morto sono tra le scoperte archeologiche più sconvolgenti di tutti i tempi. Sono un patrimonio inestimabile per l’ebraismo come per il mondo intero. Ed è il sogno di ogni studioso poter avere tra le mani un simile tesoro”, ha dichiarato Roitman. “La maggioranza dei Rotoli è sopravvissuta come frammenti, solo pochi sono arrivati a noi intatti e interi. Sono fragili, la loro conservazione è estremamente costosa e complessa, ecco perché è nostro compito proteggerli e sostenere il Museo in questa impresa”. Allo scopo, una raccolta fondi è infatti prevista a breve.

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