Meno desiderare e più autorealizzazione

Il concetto di auto realizzazione, sinceramente, penso sia usato e abusato. In primis una certa psicologia spicciola e affarista vede nel concetto di autorealizzazione la formula per arrivare al potere, al prestigio, all’oggetto desiderato. In questo contesto il raggiungimento dell’oggetto del desiderio è confuso con l’autorealizzazione. A partire dal vecchio testamento, nel Decimo ed ultimo comandamento, si legge: “Non desiderare la casa del tuo prossimo… né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo” (Libro dell’Esodo 20,17). Si esprime la dinamica psicologica del desiderare come conseguenza di un comportamento sbagliato. Il concetto sottostante dell’avvertimento è che chi desidera “avidamente” le cose, si perde negli affanni della vita e non vive una vita felice.

Eppure, la vita felice non dipende se uno è nell’abbondanza, difatti, dice il Signore: “Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell’abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni’ (Luca 12,15-21).

Attenzione, nella psicologia di Gesù (P. Riccardi, Psicoterapia del cuore e Beatitudini ed, Cittadella Assisi, 2018) il desiderio, quando è onesto, autentico, della giusta dimensione e proporzione, quando non è esagerato è una fonte di energia e di progresso per la vita. Gesù ci invita a non desiderare ciò che porta alla rovina la nostra anima, nel rispetto dei diritti altrui. Dobbiamo essere contenti di ciò che abbiamo e volere solo ciò che rende contenti. “Chi sa accontentarsi è ricco” (Lao Tzu); “La ricchezza non consiste nell’avere molti beni, ma nell’avere pochi bisogni (Epitteto); “Chi non è soddisfatto di ciò che ha non sarebbe soddisfatto neppure se avesse ciò che desidera” (Socrate). Con questi aforismi si ripercorre il pensiero cristiano del desiderare e del sapersi bastare di ciò che si ha e si è. In secondis vi è una cultura tecnologica dei social net che fa presa sul desiderare dell’uomo moderno, amplificandone a dismisura l’immagine di se, il senso di identità. Una cultura che vede l’autorealizzazione come conferma dei molti like ricevuti, dalle molte visualizzazioni dei propri post, dei molti followers (seguaci). Nel primo come nel secondo caso la focalizzazione non sul concetto di autorealizzazione ma sul desiderio da soddisfare. Ci si sente realizzati quando si contano i like e i numerosi followers. Ci si sente realizzati se si riesce ad ottenere l’oggetto del proprio desiderio.

Il consiglio, per attuare un vero processo di autorealizzazione, è focalizzarsi sull’ascolto di se per capire che tante volte il senso di inadeguatezza, il senso di inutilità e nullità deriva dal seguire modelli sociali inadeguati. Dal capire le esigenze indotte da una società di marketing, del profitto, consumi­stica, del potere tesa ad orientare, o meglio a ipnotizzare, le coscienze verso in­teressi di natura esclusivamente materiale. Che dire? «Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4,4). Tentazioni che esprimono con chiarezza il tentativo di stimolare il desiderare in Gesù da parte del diavolo tentatore. «A buon intenditor poche parole».

Pasquale Riccardi | Notiziecristiane.com

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