“Conosco le tue opere: tu non sei né freddo (ψυχρός – psuchrós) né caldo (ζεστός – zestos). Oh fossi tu freddo o caldo! Così, perché sei tiepido (χλιαρός – chliarós), e non sei né freddo né caldo, sto per vomitarti (ἐμέω – emeó) dalla mia bocca.”
(Apocalisse 3:15-16)
Questo non lo ha detto un profeta dell’Antico Testamento sotto la legge. Questo lo ha detto Gesù, il Risorto. Il Pastore delle pecore. Il Signore della Grazia.
E l’ha detto con parole forti. Dirette. Senza filtri.
Perché la grazia, quella vera, non è affatto morbida. È scandalosa. È tagliente. E non tollera imitazioni.
Nel greco originale il termine “vomitare” è ἐμέω (emeó): rigettare con forza, come quando il corpo espelle qualcosa che gli fa male. Non è disprezzo. È incompatibilità. Il misto, il compromesso, la mezza verità… non si digeriscono. Non sono Cristo.
E allora chiediamoci: chi è il tiepido?
Il termine χλιαρός (chliarós) indica qualcosa che ha perso identità. Non è caldo come l’acqua termale che guarisce. Non è freddo come l’acqua fresca che disseta. È qualcosa che vorrebbe essere tutto, ma finisce per non essere niente.
È la chiesa che dice “Gesù ha fatto tutto!” ma poi aggiunge: “Ora fai la tua parte.”
È la predicazione che proclama la croce, ma poi ti butta addosso il Sinai.
È l’inno alla grazia… cantato con sottofondo legalista.
Il freddo? Almeno è onesto. Il caldo? È vivo.
Ma il tiepido… è confuso.
È una dottrina di mezzo: non salva, non libera, non consola.
È la religione che veste Gesù, ma parla ancora con la voce di Mosè.
E Gesù dice: “Questo non lo tengo.”
Non perché non ama. Anzi.
È proprio perché ama che non sopporta questa via di mezzo.
Perché la tiepidezza spirituale non è innocua: è veleno per il cuore. Inganna. Illude. Spegne. E alla fine uccide.
Lo sapevi che Laodicea riceveva acqua tramite un acquedotto che arrivava da Hierapolis (dove era calda) e Colosse (dove era fredda)? Ma quando arrivava lì, era tiepida. Sporadica. Imbevibile.
Una metafora perfetta. Una chiesa che crede di avere tutto, ma che non guarisce e non disseta più nessuno.
Una chiesa sazia di sé stessa, ma vuota di Cristo.
Eppure…
Eppure non è questa l’ultima parola.
Gesù continua:
“Io riprendo e correggo tutti quelli che amo…” (Ap 3:19)
“Ecco, sto alla porta e busso…” (Ap 3:20)
Il vomito non è rigetto eterno. È un richiamo.
Gesù è lì, fuori dalla porta, non per condannare, ma per rientrare.
Per cenare. Per ristabilire la comunione.
Non con minacce. Non con la legge.
Con grazia. Solo grazia.
Questa è la verità scandalosa del Vangelo:
Gesù non ti chiede di essere perfetto.
Ti chiede di essere onesto.
Freddo? Bene. Forse un giorno griderai per libertà.
Caldo? Meraviglioso, sei vivo nella grazia.
Ma tiepido… tiepido è pericoloso. Perché crede di non aver bisogno di nulla.
E chi pensa di non aver bisogno di nulla… non riceve più nulla.
Ma oggi, proprio ora, Gesù bussa.
Non per chiederti performance, ma per ristabilire intimità.
Per sederti con Lui. Senza Mosè.
Senza i “ma”, senza le aggiunte.
Solo Lui. Solo la tavola. Solo la grazia.
Marcello Donadio
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