“Noi e loro”, identità spesso superficiali

Quante volte capita di provare ad identificare noi stessi o gli altri attraverso le categorie del ‘noi’ o del ‘loro’?

‘Noi’ siamo italiani, ‘loro’ no; ‘noi’ siamo bravi, ‘loro’ no.

Forse la prima classificazione ha una certa ragione d’essere e potrebbe essere abbastanza indicativa, ma la seconda è davvero generalista ed ambigua: ‘noi’ chi (?) ed in quel ‘noi’ si è sicuri che siano tutti bravi? ‘Loro’ chi (?) ed in quel ‘loro’ è possibile che non ci sia nessuno bravo?!

Ad usare le categorie del ‘noi’, del ‘voi’ o quella del ‘loro’ è davvero facile cadere in generalizzazione superficiali ed ambigue.

‘Noi’ italiani siamo bravi è un’affermazione talmente generica da essere falsa, visto che non è affatto vero che tutti gli italiani sono bravi.

 ‘Noi’ musulmani siamo migliori è un’affermazione talmente generica da essere falsa, visto che bestemmiare, trattare male le donne (magari gettando loro dell’acido addosso (come lessi tempo fa in un giornale l’azione di un marito musulmano che voleva sottomettere completamente sua moglie), bere, fumare (cose che loro a rigor di religiosità dovrebbero bandire) sono azioni compiute da molti musulmani (apparentemente – ossia esteriormente e formalmente ligi ai dettami delle loro tradizioni, ma segretamente, in privato, uomini come tanti altri, né più né meno). Molte delle azioni commesse in privato da tanti musulmani se fossero ben conosciute mi chiedo come farebbero a definirle (‘loro’ i musulmani) buone!

Perciò è davvero fuorviante usare categorie come il ‘noi’ e il ‘loro’. È palesemente falso dire (da parte di chiunque) ‘Noi’ siamo buoni e ‘loro’ no. Nessuno potrebbe realmente dimostrare che una tale realtà sarebbe vera.

Assurdo diventerebbe il dire “Noi padri italiani siamo migliori di loro (padri inglesi o francesi o tedeschi o marocchini o turchi o…)”. Significherebbe pretendere che tale affermazione abbia un valore assoluto; il che dovrebbe poter significare che tutti i padri italiani (tutti, nessuno escluso) sono migliori di tutti i padri inglesi, di tutti i padri francesi, di tutti. Ed il rovescio di tale affermazione a sua volta dovrebbe coincidere con quest’ altra: “Nessun padre inglese, nessun padre francese, …è migliore di un padre italiano”! Andiamo a parlare con i figli dei padri italiani e vediamo di quanti i loro figli parlerebbero bene! Andiamo a chiedere ai figli (o alle figlie) dei padri marocchini, magari immigrati in Italia, cosa pensano dei loro genitori e probabilmente diversi di loro (se avessero libertà di esprimersi liberamente) direbbero che i propri genitori non sono poi così bravi come loro stessi dicono di essere.

Insomma, l’uso del ‘noi’ e del ‘voi’ è talmente generico, falso e fittizio da doverci fare riflettere sul fatto che i giudizi basati sul ‘noi’, sul ‘voi’ o sui ‘loro’ sono frutto di affermazioni superficiali e false.

Chi perciò è abituato ad esprimersi usando queste categorie non si rende conto di quanto i propri giudizi e le proprie affermazioni siano poggiate su fondamenti inconsistenti. Eppure proprio molti di quelli che tendono ad usare tali categorie lo fanno per rivendicare la propria identità e le proprie posizioni, non accorgendosi (forse) di quanto – dunque – prive di fondamento siano le affermazioni relative alla loro identità ed alle proprie posizioni.

In altre parole, si potrebbe dire che l’uso spre-giudicato (cioè fatto senza un vero e sano giudizio) del ‘noi’ e del ‘loro’, da parte di chi è “ormai” abituato ad esprimersi attraverso tali categorie, rivela un tipo di identità e di posizione che in realtà è priva di un vero valore e di una ragionevole verità.

Non ci si può (onestamente) trincerare dietro un ‘noi’ e scartare un ‘loro’ pensando così di essere per forza dalla parte migliore. Non c’è nessun gruppo di persone che possa dirsi esente da difetti, vizi, problemi, storture, cose ingiuste che si preferirebbero occultare (per non fare sapere certe cose di se stessi). Dunque a cosa serve usare il ‘noi’ ed il ‘voi’, pensando così di sottrarsi a tale Verità universale e comune tra tutti gli uomini.

Le ‘mele marce’ sono ovunque, anzi una certa dose di marcio è in ciascuno di noi.

Perciò perché continuare ad usare il ‘noi’ ed il ‘voi’? Sarebbe meglio andare a guardare il singolo uomo, il singolo gesto (e tra questi singoli uomini cercare di metterci noi stessi).

L’uso del ‘noi’ e del ‘voi’ o del ‘loro’ fa parte di un metodo classificatorio delle identità delle persone talmente veloce (e superficiale) da non permettere una certa riflessione: come quella appunto che dice che tutti gli uomini sono in sé stessi difettosi.

Spero che tale riflessione aiuti qualcuno a smetterla di usare il ‘noi’ ed il ‘loro’ come strada sbrigativa per cercare di classificare le persone. Tale strada parte già da false premesse e porta a considerazioni conclusive altrettanto (anzi in modo ancora peggiore) sbagliate.

Chi può dire ‘noi’ (un ‘noi’ composto da tutti quelli del gruppo che vorrebbero includersi in un tale ‘noi’) siamo migliori di ‘loro’ (di tutti i ‘loro’ possibili, ossia di tutti i gruppi diversi da quel ‘noi’ che chi sta giudicando secondo tali categorie sta provando a separare)?

C’è qualcuno di qualche gruppo religioso che pensa di essere migliore di un altro in modo assoluto? Lo dimostri: dimostri di non avere alcun difetto, dimostri di essere migliore di tutti quelli che sono diversi da lui!

Però forse la mia riflessione vuol dire che non possiamo o non dovremmo più giudicare? No, io voglio soltanto dire che, prima di giudicare e per giudicare meglio, dovremmo stare attenti a quell’uso spre-giudicato del ‘noi’ e del ‘loro’.

Ora, per fare un es. concreto, vorrei riportare un fatto di cronaca successo qualche anno fa proprio qui in Italia. Dopo aver detto di quale fatto si tratta, vorrei lasciare a chiunque leggerà tale articolo il tempo per riflettere e per giudicare tale episodio. Alla luce di tale esempio sarebbe bello che ognuno si giudicasse personalmente, facendo cadere il ‘noi’ ed il ‘loro’ di fronte al bisogno di un’assunzione di responsabilità personale.

Tempo fa ascoltai la notizia di un padre che uccise la figlia perché non voleva che questa vestisse in un certo modo (e preciso che il modo in cui la figlia intendeva vestirsi non era poi scandaloso – voleva solo mettere i pantaloni).

Ormai il fatto è successo, ma penso che quel padre ancora starà pensando ancora a quanto ha commesso e, quindi, ancora oggi gli “potrebbe” servire riflettere su tale questione.

Spero che un tale padre non cerchi di trincerarsi ancora dietro ad un ‘noi’ (noi di questa cultura facciamo così…), ma rifletta sul proprio gesto personale: lui ha ucciso un essere umano, lui ha ucciso una donna, lui ha ucciso… sua figlia!

Eppure quando successe il fatto l’uso del ‘noi’ portò il padre di quella ragazza uccisa a giustificarsi (il suo pensiero era “noi (nella nostra cultura) facciamo così (alle figlie che non si sottomettono ai padri)”). Quell’uomo non è stato educato a ragionare in modo personale. Che identità personale ha mai potuto acquisire quel padre? Che identità personale ha riconosciuto a sua figlia, la cui identità personale è stata negata e uccisa?!

Spero che qualcuno rifletta su tali principi, per comprendere come la vera identità personale di una persona non può dipendere da un generico ‘noi’ o da un ambiguo ‘loro’. Imparando a ragionare in modo personale su ciò che ‘noi’ (come singoli) facciamo o siamo chiamati a fare (innanzitutto davanti alla nostra coscienza personale) credo che potremo curarci da quelle identità ambigue, superficiali e false propinateci da chi vorrebbe educarci a ragionare con le categorie aleatorie del ‘noi’ e del ‘voi’. Impariamo a capire chi siamo personalmente e chi sono gli altri individualmente.

Il ‘noi’ ed il ‘loro’ nascondono e… dividono (perché sono categorie spesso lontane dal vero). Guardiamoci meglio negli ‘occhi’, con degli sguardi a tu per tu.

Enzo Maniaci | notiziecristiane.com

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