NON TOCCARE L’UNTO DI DIO

L’unzione, ai tempi della Bibbia, era una pratica comunemente diffusa in medio oriente, sia tra i pagani che in ambito religioso.

L’unzione per così dire laica consisteva nell’applicazione sulla pelle di olio misto a profumi ed aveva il duplice scopo di mantenere la pelle morbida e profumata.

Era un costume non solo riservato alle donne ma anche agli uomini e siccome gli oli profumati erano costosi era una prerogativa del ceto medio e alto della società.

In ambito biblico l’unzione indica il favore di Dio. I termini “Messia” (in ebraico mashìach) e “Cristo” (dal greco chrìo) significano entrambe “unto” , “ungere”, cui fa riferimento ad una speciale unzione che differisce dal normale atto dello spalmare un unguento che in ebraico si dice “sukh”.

Cristo e Messia significano in buona sostanza “unto”, o più esaustivamente “Unto di Dio”.

In Luca 4:18-19 Gesù legge nella sinagoga lo scritto profetico di Isaia che fa riferimento al Cristo.

“Lo Spirito del Signore è sopra di me, perciò mi ha unto per evangelizzare i poveri; mi ha mandato per annunciare la liberazione ai prigionieri e il ricupero della vista ai ciechi; per rimettere in libertà gli oppressi, per proclamare l’anno accettevole del Signore”

Nel nuovo patto dunque l’unico unto e Gesù mentre noi credenti in Spirito e verità siamo unti in quanto rigenerati da Gesù.

Nell’Antico Testamento ci sono molti riferimenti sull’unzione, a volte si tratta di un atto materiale con un significato spirituale ed in altri casi di un atto solamente spirituale.
Ad esempio sappiamo di re e di sacerdoti sottoposti alla pratica dell’ unzione mentre nel caso di Mosè, pur essendo ritenuto un unto di Dio, non troviamo traccia della sua cerimonia di unzione.

Anche nel caso di di Cristo non si trova menzione di pratiche di unzione se non quella di Betania che però non corrisponde ai canoni dell’unzione tradizionale dei re o dei sacerdoti.
Unzione per altro fatta per mano di una peccatrice, anzi, semmai questa non unzione testimonia proprio l’inutilità del cerimoniale in se.

Ad una attenta lettura delle Scritture si evince che l’unzione non è un cerimoniale che conferma l’avvenuta l’investitura da parte di Dio di questa o quella persona a cui vengono dati speciali poteri nonché lo Spirito Santo. Bensì è l’approvazione o la scelta di Dio al fine di portare a compimento i Suoi piani.

Quanto al cerimoniale dell’unzione in se questo è circoscritto solo all’Antico Testamento con l’unico scopo di manifestare pubblicamente quella che era la volontà di Dio.

Dal Nuovo Testamento in poi, ossia dall’istituzione del Nuovo Patto, l’unzione procede dall’Unto a suggello della rigenerazione o della rinascita.

“Or colui che con voi ci fortifica in Cristo e che ci ha unti, è Dio; egli ci ha pure segnati con il proprio sigillo e ha messo la caparra dello Spirito nei nostri cuori.”

(II° Corinzi 1:21-22)

Qualcuno crede che l’unzione sia una sorta di investitura divina che diviene proprietà peculiare di colui che la riceve.

Come se, una volta unti e ricevuto lo Spirito Santo si divenga in qualche modo degli esseri speciali con facoltà divine.

In realtà l’unzione o il favore di Dio, che portano con se le benedizioni dello Spirito Santo, sono un qualcosa che procedono da Dio e che rimangono di Dio.
Dio da e Dio toglie!

E’ ad esempio il caso del re Saul, l’unto di Dio poi rigettato a causa delle sue trasgressioni.
Ma anche lo stesso popolo di Israele era unto da Dio e poi venne rigettato.

Spesso in ambito evangelico si sente citare il versetto 15 del Salmo 105 del quale qui riporto per completezza anche il versetto 14.

“Egli non permise che alcuno li opprimesse; per amor loro castigò dei re, dicendo: «Non toccate i miei unti e non fate alcun male ai miei profeti».”

E’ ovvio che il salmista sta parlando dell’unzione di Dio verso il popolo di Israele e fa riferimento alla conquista della terra promessa che testimonia appunto l’intervento di Dio in favore del Suo popolo per la conquista dei territori a scapito delle popolazioni pagane.

Con questa citazione invece alcuni pretenderebbero attribuire ai pastori ed ai ministri di chiesa (visto che si citano i profeti) una speciale unzione di Dio ed una sorta di immunità diplomatica come se questi fossero degli intoccabili.

Ma è proprio così?

Questo versetto può racchiudere anche questo significato?

Specialmente in certi ambienti pentecostali una raffazzonata esegesi biblica ha introdotto pratiche e concetti teologici alquanto originali.

In questa pagina web (http://www.tuttolevangelo.com/…/quanto_a_voi_avete_ricevuto…) del sito pentecostale “Tutto L’Evangelo” troviamo un esempio di tale ràzio-teologica.

L’articolo, credo, vorrebbe spiegare il concetto di unzione ed inizia proprio con una citazione (I° Giovanni 2:20-27) che in realtà scredita quanto sostenuto nei contenuti.

Nello scritto l’unzione diviene, ovviamente, una nuova speciale investitura alla stregua del battesimo dello Spirito Santo (come inteso tra i pentecostali) che reca con se la potenza di Dio, la santità etc. etc.

Così, per deduzione, il ministerio cristiano sarebbe riservato all’unto scelto da Dio che riceve il battesimo dello Spirito Santo etc. etc.

Ovviamente l’unzione, così come intesa nell’articolo, sarebbe elemento indispensabile per esercitare il ministerio e porta con se dei tratti specifici come ad esempio il dono di guarigione e via discorrendo.

Alla fine dello studio di Tutto l’Evangelo troviamo le conclusioni dell’autore stesso che qui riporto integralmente.

“L’unzione è qualcosa che si contagia. Si trasmette da un credente all’altro credente. Da un ministro ad un altro ministro. Per questo è importante beneficiare di quei ministeri che sono soprannaturalmente unti. Quando c’è unzione i pulpiti bruciano col fuoco dello Spirito Santo e le lingue dei predicatori diventano fiaccole di fuoco.”

Come possiamo notare, a parte le note carismatiche, l’autore sostiene che l’unzione di Dio è come un virus trasmissibile.

Come se Dio non fosse più colui che unge ma l’unto che ha acquistato magicamente la facoltà di poter ungere.

Del resto la stessa cosa avviene nel pensiero pentecostale con riferimento al battesimo dello Spirito Santo che recherebbe con se, oltre al parlare in lingue, il potere di Dio, alla stessa stregua di come accadde per gli Apostoli.

In questo modo non solo si esalta l’uomo, che avrebbe ricevuto questo potere, ma si toglie la gloria a Dio.

La citazione iniziale di I° Giovanni 2:20-27 avrebbe la pretesa di individuare nella chiesa questi speciali unti e di confermare tali forme di unzione mentre l’Evangelista in realtà non fa altro che descrivere l’unzione come propria di ogni salvato, senza particolari distinzioni, che si riceve non per meriti personali ma di riflesso in quanto appartenenti a Gesù.

Del resto in nessun versetto biblico troviamo scritto che i dottori o i pastori o i ministri siano gli unici unti dal Signore, anzi, troviamo semmai tutte le prove del contrario.

Paolo, in II° Corinzi 1:21-22 dice:

“Or colui che ci conferma assieme a voi in Cristo e ci ha unti è Dio, il quale ci ha anche sigillati e ci ha dato la caparra dello Spirito nei nostri cuori.”

Ne consegue che l’unzione non è prerogativa degli Apostoli o di pochi ma di tutti i salvati e lo stesso dicasi del sigillo dello Spirito Santo.

Sarebbe interessante e, credo sarà il tema del mio prossimo articolo, approfondire un po’ il senso e la figura del pastore e dei ministri nella chiesa.

Chi nomina queste figure?

E’ degno colui che agisce in rettitudine come pastore o come ministro o colui che è nominato?

E chi ha nominato coloro che a loro volta nominano?

Fabrizio Colapietro

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