OK, IO APRO LA PORTA!

Mi chiamo Francesca, sono nata e cresciuta a Torino, vivo a Mestre da 10 anni. Sono sposata con Victor Alfonso e abbiamo un bambino. Di professione sono traduttrice e insegnante. Al momento lavoro come responsabile marketing per la Pocket Testament League, un’associazione cristiana americana.

Sono cresciuta in una famiglia cattolica. Ho avuto nonni molto devoti e molto amorevoli. Ho sempre condiviso con loro la fede, ma crescendo mi rendevo conto di essere alla ricerca di risposte che non trovavo. Con l’adolescenza, per una questione di coerenza, smisi di andare in chiesa: non aveva senso andare a scaldare la sedia la domenica e poi fare la vita che volevo fare in settimana.

Passarono gli anni. Arrivò il dicembre 2003, un anno cruciale per la mia famiglia. In quel mese i miei genitori, dopo tanti anni di duro lavoro, vendettero la loro attività perché avevano raggiunto il traguardo della pensione. Il mio unico fratello maggiore divenne papà della sua prima e unica figlia. Io convivevo con un ragazzo con cui avevo progetti di matrimonio, e mi sarei laureata nel marzo successivo. Il 17 gennaio, una settimana dopo il mio compleanno, ricevetti una telefonata. Mio papà aveva avuto un malore improvviso.

Non si riprese più, morì due giorni dopo. Di aneurisma cerebrale. Aveva 59 anni, era sportivo e faceva una vita sana, era in pensione da due settimane dopo una vita di sacrifici e duro lavoro. Per me fu un vero trauma, lui era tutto per me. Avevo relazioni problematiche con gli altri membri della famiglia, ma non con lui. Cercai in tutti i modi possibili di guarire da questa ferita, ma niente.

Alcuni mesi dopo, una mia carissima amica dell’università con cui avevo condiviso negli anni mille avventure, mi invitò ad andarla a trovare a Genova, dove si trovava di passaggio per qualche giorno. All’epoca lei era impegnata in un progetto missionario di tre anni su una nave. La raggiunsi. Non perché lo desiderassi, ma perché sentivo di non poter dire di no ad un’amica. Quando arrivai sulla nave, tutti i suoi amici missionari mi accolsero dicendomi: “Benvenuta! Come ti chiami? Dio ti ama!”. Ed io pensavo: “Ma questi sono pazzi… Se solo sapessero cosa sto attraversando, ome possono dirmi queste cose!”. Ma rimasi comunque colpita dalle loro parole, quella notte a letto non riuscivo a dormire. Parlai con Dio: “Senti Dio, ma tu ci sei davvero? Ma spiegami: a loro dai gioia e amore e a me no? Io sono forse una figlia di serie B? Anch’io voglio quello che hanno loro”. Detto fatto.

Dio ascolta? Sì! Ve lo assicuro. Il mattino dopo, un missionario sudafricano incontrato per caso sulla nave mi raccontò la sua storia. Piansi ascoltandola, perché era identica alla mia. Ma come poteva? Lui era un ragazzo, era cresciuto dall’altra parte del mondo, eppure era proprio così. La sua storia si concludeva con il suo incontro con Gesù, e la sua personale rinascita. Poiché non smettevo di piangere, mi chiese: “Perché piangi?” ed io risposi: “Perché vorrei anch’io avere una seconda chance, come l’hai avuta tu”. “Facile”, mi disse, “basta che apri la porta del tuo cuore a Gesù”. “Ma cosa vorrà dire? Come si fa ad aprire il cuore a Gesù?”, pensai. Quella notte non riuscii a dormire, di nuovo. Avevo la sensazione che qualcuno stesse fisicamente bussando alla porta della camera. Quella sensazione non mi dava tregua, così respirai a fondo e presi una decisione. Chiusi gli occhi e parlai con Dio. Aprii la porta del mio cuore ed ebbi una conversazione onesta con Lui: “Ok, io apro la porta. Ma Tu non puoi entrare. Non ancora. Possiamo iniziare a camminare insieme, ma ci sono alcune cose che non devi fare: non devi tradirmi, farmi soffrire, abbandonare, lasciare da sola…”, e tutta una serie di richieste. Lui accettò. E da quel giorno di novembre di 15 anni fa, ha sempre mantenuto la Sua Parola.

La mattina dopo tornai dal sudafricano. “Ok, ho aperto la porta del mio cuore. Che devo fare adesso?”. Mi lesse dal primo capitolo del libro di Giosuè: “Come sono stato con Mosè, così sarò con te; io non ti lascerò e non ti abbandonerò. Sii forte e coraggioso. (…) Non te l’ho io comandato? Sii forte e coraggioso; non ti spaventare e non ti sgomentare, perché il Signore, il tuo Dio, sarà con te dovunque andrai”.

“Ok” gli dissi, “ce la posso fare”. E così è stato.

Dio perdona, guarisce, ama, trasforma, attende, e perdona di nuovo. ​Litigate con Lui, quando necessario, ma non lasciatevi sfuggire l’opportunità di conoscerLo. È la cosa più bella che potrà mai accadervi nella vita.

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PROGETTO DI MANUEL PISANU.

Vite Trasformate

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