Orissa: il calvario del pastore Sushil Lima, da anni vittima di radicali indù

india_violenze_(276_x_180)Il Pastore evangelico e la sua famiglia sono vittime di persecuzione dal 2005, da quando egli iniziato a predicare il Vangelo. Ha subito minacce di morte durante i pogrom anticristiani di Kandhamal nel 2008.

Negli anni ha battezzato circa 100 fedeli. I suoi seguaci umiliati in modo pubblico e minacciati di espulsione dal consiglio del villaggio.

Bhubaneswar – Da anni il pastore Sushil Lima e la sua famiglia ricevono minacce da parte dei radicali indù. Gli ultimi episodi di violenza risalgono a pochi giorni fa, quando egli si trovava nel villaggio di Kanheipur, nel distretto di Khurda (Stato indiano dell’Orissa). Con la complicità della polizia locale, gli estremisti lo accusano di proselitismo e di convertire fedeli indù al cristianesimo. È quanto denuncia il Global Council of Indian Christians (Gcic), che condivide conAsiaNews la storia del calvario del rev. Lima, della sua famiglia e di altri fedeli cristiani “torturati ed umiliati, il cui diritto ad esprimere in modo libero la propria fede in base all’articolo 25(1) della Costituzione indiana viene violato dai fondamentalisti indù”.

Sushil Lima è un pastore cristiano di 45 anni, membro dell’All India Human Rights Council del Karnataka. Vive nel villaggio di Jaltar (distretto di Rayagada nell’Orissa) con la moglie Ullasini e le figlie di cinque e sei anni. Dal 2005, cioè da quando ha lasciato l’impiego di insegnante alla scuola primaria per dedicarsi alla preghiera e alla diffusione del Vangelo, subisce persecuzioni per il suo lavoro pastorale. Nel primo episodio di violenza è stato attaccato da attivisti dell’Rss [Rashtriya Swayamsevak Sangh, gruppo paramilitare ultranazionalista indù – ndr] mentre distribuiva volantini nel villaggio di Benta. Gli assalitori lo hanno disarcionato dalla bici su cui viaggiava, strappato la camicia e picchiato in maniera selvaggia, minacciandolo di morte se fosse rientrato nel villaggio per predicare il messaggio cristiano.

Nell’agosto del 2008, durante i pogrom anticristiani di Kandhamal nell’Orissa[durante i quali almeno 55mila fedeli sono stati costretti alla fuga e di cui si è ricordato il settimo anniversario pochi giorni fa – ndr], insieme alla famiglia e ad altri pastori, è stato circondato e minacciato di essere bruciato vivo da fanatici indù. Le minacce non hanno fermato il suo ministero, grazie al quale sono stati battezzati circa 100 fedeli in vari villaggi.

Gli ultimi tre attacchi risalgono alla scorsa settimana. Il 23 agosto il pastore si era recato in visita presso uno dei fedeli battezzati, il 70enne Bhagyadhar Majhi, nel villaggio di Kanheipur. Nell’abitazione dell’anziano erano presenti 17 cristiani. Tutti i fedeli sono stati insultati, aggrediti e dispersi con la forza da un gruppo di polizia locale, capeggiato dalla ispettrice, e da circa 40 fondamentalisti indù dell’Rss e del Vhp [Vishwa Hindu Parishad, gruppo ultranazionalista indù – ndr]. La polizia ha arrestato il pastore Lima con l’accusa di conversioni forzate e di creare un clima di tensione tra la popolazione. Lo hanno rilasciato solo a notte fonda, dopo averlo umiliato, trascinato nella stazione di polizia e minacciato di percosse.

I giorni seguenti (24 e 25 agosto) i leader indù hanno infastidito uno dei fedeli, Mahendra Nayak, e sua moglie e li hanno costretti a partecipare all’incontro del villaggio. Lì sono stati torturati per aver fatto visita al pastore nella stazione di polizia e minacciati di essere espulsi dalla comunità. Gli estremisti si sono anche recati alla scuola dove studiano i figli e hanno costretto l’istituto a espellere i bambini.

Il Gcic lamenta anche che durante l’arresto del pastore erano presenti tre giornalisti, che poi hanno riportato sui rispettivi giornali (i quotidiani Samaj, Samaya & Dharitri) false accuse di proselitismo, di conversione di indù e di istigazione alle tensioni religiose, senza fornire alcuna prova evidente. Il gruppo di attivisti conclude dicendo ad AsiaNews che “continuerà a pregare per le vittime affinchè siano distrutte tutte le barriere e il pastore e i fedeli possano professare il libertà la propria fede”.

di Nirmala Carvalho | Fides.org

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