Pace e sicurezza in Iraq nel viaggio del pontefice romano

Malgrado il mondo cattolico abbia accolto con entusiasmo la visita del papa argentino in terra di Iraq, questo ennesimo viaggio di Joseph Bergoglio conferma le profezie degli “ultimi tempi” che si stanno compiendo sotto i nostri occhi: infatti, nella giornata di ieri, peraltro proclamata per il popolo iracheno come “Giornata della Coesistenza”, l’aspirazione del pontefice romano per la “pace e sicurezza” fra cristiani e musulmani adempie le parole profetiche di Paolo di Tarso che, al contrario, presagiscono le “doglie del parto” della terra (cfr. 1^ Tessalonicesi 5:3) piuttosto che una vera e durata “pax mundi”.

Purtroppo, la cecità spirituale del Cattolicesimo e l’annacquamento del vangelo da parte di una larga frangia del mondo evangelico-riformato concorrono a dare maggiore efficacia all’azione del nemico, abile nel tessere la sua tela di seduzione per quanti, mossi da un “sentimentalismo” che fa leva sulla carne, pensano che la pace fra i popoli, in questo caso fra arabi e cattolici-cristiani, possa nascere dal compromesso religioso e dall’Ecumene patrocinato dal Vaticano.

Se dal punto di vista umano è lodevole tendere la mano al mondo arabo per promuovere la pace e la coesione fra i popoli, la condizione imprescindibile per poterla restaurare è che i musulmani (non solo quelli iracheni) si convertano al Dio d’Israele e abbandonino Allah e il suo profeta Maometto, poiché non c’è salvezza fuori da Cristo (Atti 4:12); orbene, ha predicato questa verità il papa all’Ayatollah Al-Sistani? Forse Bergoglio ha invitato il suo interlocutore al “ravvedimento”?

Paolo di Tarso, se non erro, quando si recò all’Aeropago Ateniese non si vergognò di annunziare ai filosofi epicurei “l’Iddio sconosciuto” cui gli stessi avevano riservato un altare (Atti 17:24-25), né lo stesso apostolo si tirò mai indietro dal predicare Cristo e solo lui crocifisso durante le sue campagne evangelistiche, sicchè la visita in Iraq del papa tutto sarà fuorchè annunzio del vangelo che salva; oltretutto, accomunare – come accade spesso – le tre religioni monoteistiche Islam, Cristianesimo ed Ebraismo è l’errore più madornale in cui ricade sempre il mondo Cattolico, poiché il Corano disconosce l’Iddio di Israele come Dio uno e trino nel contempo, tant’è vero che per i musulmani Allah non ha figli. Inoltre, affiancare il Sacro Libro dell’Islam alla Bibbia in virtù di Abramo, personaggio comune sia al mondo arabo che a quello ebreo, senza però tenere conto di tutte le altre gravi distorsioni dell’Islam, dimostra la superficialità con cui il papato interpreta i testi sacri e indulge sul parallelismo tra vangeli e Corano: ma le scritture dichiarano apertamente che “chi riconosce pubblicamente che Gesù è il Figlio di Dio, Dio rimane in lui ed egli in Dio” (1^ Giovanni 4:15), e che “Chi ha il Figlio ha la vita” (cap. 5 versetto 12).

Beh, sulla base di questo fondamento, come può realmente coesistere una unità di natura “spirituale” fra arabi e cristiani, o meglio, fra arabi e cattolici e fra cristiani e adepti di fedi estranee al Cristianesimo? Certamente le donne irachene hanno bisogno di emancipazione, il territorio ha bisogno di essere ricostruito dopo il terrorismo dell’Isis e il popolo ha necessità di vivere in pace, ma nessun diplomatico o autorità religiosa può dare certezze ad una nazione che si affida ad Allah e rigetta l’unico Salvatore del mondo, ossia Cristo Gesù. Invero, il perseverante impegno papale del dialogo interreligioso getta le basi di quel  Nuovo Ordine di status con una unica Religione Mondiale dove la leadership resterà, a ogni modo, in mano a Roma: quando Cristo nacque a Betlemme, c’era il governo romano a regnare, e quando Gesù tornerà dovrà sussistere una nuova forma di governo romano ricostituito ove sarà l’Europa la protagonista principale (vedi sogno di Nabucodonosor in Daniele 2:33-34).

Quindi, tornando al viaggio di Joseph Bergoglio in Iraq, geograficamente ricadente nell’area dell’antica Babilonia, dichiaro tranquillamente che questo viaggio apostolico si rivelerà, nei contenuti pratici, un bluff, per il semplice motivo che l’unità spirituale secondo l’evangelista Giovanni (“Che siano tutti uno; e come tu, o Padre, sei in me e io in te, anch’essi siano in noi affinchè il mondo creda” – cfr. Giovanni 17:21) non può realizzarsi fra iracheni e cattolici-cristiani, o fra adepti di fedi diverse l’una dall’altra, poiché gli sforzi diplomatici del Vaticano non possono promuovere una effettiva e duratura “pace e sicurezza” come auspicato dai media. Solo il Signore potrà instaurare la vera pace fra le genti, e ciò si adempirà non con mediazioni politiche o compromessi socio-religiosi ma bensì attraverso il suo ritorno fisico e visibile dal cielo sul Monte degli Ulivi (Zaccaria 14:4 – Atti 1:11).

Salvatore Di Fede

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