Pakistan: cercasi addetti alle fogne. A patto che siano cristiani

KARACHI, Pakistan – Prima di calarsi nei tombini delle strade di Karachi per pulire le fogne intasate a mani nude, Jamshed Eric eleva una preghiera a Gesù perché lo protegga. Sì, perché il suo è un lavoro estenuante, non avviene con l’autospurgo come avviene in Occidente, e neppure gli è permesso di indossare mascherine o guanti per proteggersi dai fanghi maleodoranti e gas tossici che si nascondono nel sottosuolo.

“È un lavoro molto difficile”, ci racconta Eric. “nei canali di scolo sono circondato da colonie di scarafaggi”.

Dopo una lunga giornata, la puzza del suo lavoro la porta anche a casa, quasi a essere un costante promemoria del suo posto che nella vita lì in Pakistan.

“Quando alzo la mano alla bocca per mangiare, sento ancora quella puzza di liquame”, racconta Eric.

La strage di morti tra gli addetti alle pulizie delle fogne in Pakistan rileva come permanga la discriminazione di casta che un tempo governava gli indù del subcontinente indiano, indipendentemente dalla religione, molti di loro sono coloro che si sono convertiti al cristianesimo.

Come migliaia di altri indù di casta inferiore, gli antenati del nostro Eric si convertirono al cristianesimo già secoli fa, sperando di sfuggire a un ciclo di discriminazione che governava ogni aspetto della loro vita: da quali pozzi d’acqua potevano bere, quali lavori potevano svolgere.

Quando il subcontinente indiano si sciolse nel 1947 e il Pakistan venne a formarsi come patria per indiani musulmani, andò a riformarsi un nuovo sistema di discriminazione. In Pakistan, infatti, i musulmani siedono in cima alla gerarchia delle caste. E come parte della minoranza cristiana in Pakistan, Eric è stato costretto a svolgere proprio lo stesso lavoro che i suoi antenati allora indù, quando pensavano di potere aver la libertà di abbandonare attraverso la loro conversione.

Sebbene l’India abbia dichiarato fuorilegge la discriminazione basata sulla casta con un discreto successo, in Pakistan essa è tuttora incoraggiata dallo stato. A luglio, le forze armate pakistane hanno pubblicato annunci sui giornali per addetti alla pulizia delle fogne con la clausola che solo i cristiani avrebbero potuto m fare domanda. Dopo le proteste di gruppi di attivisti per la libertà religiosa, tale requisito discriminatorio è stato finalmente rimosso. Ma la situazione in Pakistan è assai diversa: lì, infatti, le città fanno ancora affidamento sugli spazzafogne cristiani proprio come Eric. Nella città-porto di Karachi, piana di cunicoli come fosse un labirinto, sono le persone come Eric ad assicurare che funzioni il sistema fognario: a mani nude sbloccano i tubi di scarico stracolmi di feci, di sacchetti di plastica e rifiuti ospedalieri pericolosi, parte dei 1.750 milioni di litri di rifiuti che i 20 milioni di residenti della città producono ogni giorno.

Recentemente Eric, di soli 40 anni, ha accettato di pulire tre fogne per la cifra di 6 $. Eric riesce a mandare suo figlio a scuola lontano dal quartiere sovrappopolato e segregato in cui vivono gli addetti alle pulizie delle fogne, e spera in questo modo di liberarlo dalla discriminazione che ha costretto lui a fare questo lavoro. A casa, in quel quartiere mancano acqua potabile e non ci sono scuole. Sciami di zanzare, cumuli d’immondizia e fogne straripanti sono le uniche cose che si trovano in abbondanza in quel quartiere.

Sebbene la maggior parte degli spazzafogne come Eric sono analfabeti, la sua è generazione determinata a spingere i propri figli a frequentare la scuola per sperare di interrompere il ciclo di discriminazione, come i loro antenati sognavano potesse accadere a fare quando abbandonarono l’induismo in favore del cristianesimo. Ma i bambini sono ancora molto discriminati, e law le cose non cambiano saranno presto costretti ad intraprendere la professione dei loro padri.

Mary James Gill, ex parlamentare che dirige lo “Sweepers are Superheroes advocacy group” (lett. “Gli spazzafoglie sono supereroi”) un gruppo di sensibilizzazione che cerca di fare pressione sul governo in favore di queste caste discriminate ormai da anni affinché il governo pachistano vieti formalmente il lavoro di pulizia manuale e provo di protezione del sistema fognario. Ma la maggior parte degli addetti alle fogne è analfabeta e privo di risorse ed è questo che fa in modo che le autorità facciano loro accettare i lavori come questo come unica fonte di reddito.

In Pakistan i cristiani rappresentano solo l’1,6 % di una popolazione di 200 milioni, secondo un censimento del 1998, e secondo i gruppi di sensibilizzazione, i Cristiani svolgono circa l’80 % dei lavori di questo tipo. Gli indù di casta inferiore occupano il restante 20%.

Quando la città di Karachi ha provato a reclutare anche musulmani per la pulizia della città, i lavoratori islamici si sono rifiutati di scendere nelle fogne. Spazzavano solamente le strade, lasciando a Eric e agli altri cristiani il compito più difficile. Compito è costato a lui e agli altri l’appellativo di Choora o Chuhra, i maleodoranti.

Purtroppo quasi tutti sviluppano non solo problemi alle vie respiratorie, ma anche severi danni alla pelle, causati al venire incessantemente In contatto con i rifiuti organici umani e fumi tossici. E per qualcuno i danni sul lavoro, sono stati letali.

“Ho visto la morte con i miei occhi, ” racconta Michael Sadiq, un altro addetto alle fogne. Lo scorso agosto, Sadiq e i suoi parenti, Rafiq Murad e Riaz Masih, tutti impiegati come spazzafogne manuali per la città di Karachi, ricevono una telefonata nel loro unico giorno libero; era il loro supervisore, che gli ordinava loro di recarsi sul luogo di lavoro. Murad fu il primo a entrare in una fogna della profondità di 5 metri e mezzo con una corda legata intorno alla vita come unica attrezzatura. Mentre puliva i detriti, un’ondata di acqua nera putrida che trasportava sabbia, pietre, fango e una nuvola di gas lo spazza via.

Sadiq si arrampica per primo nella fogna per salvare il cugino, ma viene travolto dal mix tossico e perde i sensi. Masih lo segue nel tentativo di aiutare i cugini, ma i fumi sono asfissianti e lo soffocano, spazzando via nel buio il suo corpo ormai senza vita.

Sadiq e Murad sono riusciti a salvarsi, mentre Masih è rimasto lì, nel ventre della città, fino a che uno scavatore dopo quattro lunghe ore riesce a recuperarlo quello che ormai era suo cadavere.

“Questo lavoro è diventato così pericoloso che ho deciso di cercare una via d’uscita”, ha detto Sadiq. Ma lui, come il resto degli spazzafogne, è un cristiano povero e analfabeta, e nessun altro lavoro è disponibile per lui nell’odierno sistema pakistano.

Due mesi dopo la morte di Masih, altri due addetti alle fogne sono morti sul posto di lavoro a poche miglia di distanza. Mentre un altro ha perso la vita all’inizio di questo mese.

I medici spesso rifiutano di prestare cure agli addetti alle fogne, perché parte delle caste degli intoccabili.

Ufficialmente, il Pakistan nega l’esistenza del sistema basato sulle caste nel paese, ma, di fatto, in tutto il paese, la discriminazione persiste.

Una forma di abuso commessa comunemente nei confronti delle minoranze religiose pakistane è quella di accusarle di blasfemia, un crimine punibile con la morte nel paese e quest’accusa è usato come una soluzione facile per risolvere controversie personali.

In un noto caso del 2010, Asia Bibbi, una donna cristiana, era stata condannata a morte perché accusata di blasfemia contro l’Islam. In seguito emerse che i suoi colleghi musulmani le avevano ordinato di prendere l’acqua mentre raccoglievano bacche in una giornata calda. Quando anche la donna si era apprestata a bere dal bicchiere comune, era stata accusata di averlo contaminato e da lì ne seguì un’animata discussione. Le accuse furono respinte per mancanza di prove, ma a Bibi costarono otto anni di minacce di morte per lei è la sua famiglia.

Il Pakistan ha compiuto alcuni passi per proteggere e rafforzare alcune minoranze, ma si è fatto ancora troppo poco. Nel 2009 è stato approvato un disegno di legge per riservare il 5% di tutti i lavori governativi ai non musulmani. Ma oltre un decennio più tardi, tale obiettivo non è stato raggiunto, dicono i funzionari.

Eric sente che è solo questione di tempo prima che anche lui muoia sul lavoro. Ma spera che suo figlio possa eccellere a scuola e scrollarsi di dosso la discriminazione che ha afflitto la famiglia per generazioni.

“Dopo aver sentito delle morti nelle fogne, penso a cosa accadrà alla mia famiglia se dovessi morire”, ha detto Eric. “Ma so che Gesù si prenderà cura di loro”.

“Non m’interessa della mia vita purché possa garantire alla mia famiglia una vita dignitosa”.

di Zia-Ur Rehman e Maria Abi-Habib

(Traduzione: Stefania Young)

Fonte: nytimes.com

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