Cristiani, attivisti, ong, politici e semplici cittadini chiedono una “terza via” al governo: dialogare con i miliziani, ma colpire con forza quanti perseguono la logica della violenza. Critiche al governo e alle istituzioni incapaci di garantire la sicurezza. La popolazione è “stanca” degli attacchi e chiede interventi “mirati” contro i combattenti.
Faisalabad – Il governo deve adottare “una terza via” nella quale i tentativi di “dialogo” devono andare di pari passo con “l’operazione” militare. Per questo “sono utili i colloqui con gli estremisti che vogliono interrompere le proprie attività violente” ma, al contempo, è necessario colpire “i miliziani che perpetrano [impuniti] atti di terrorismo”. È quanto chiedono centinaia di attivisti – cristiani e musulmani – che hanno partecipato ieri a una campagna per la pace (nella foto) intitolata “Bandiera bianca” e che rappresenta una iniziativa “unica” nel suo genere per il Pakistan. Da tempo Islamabad cerca di allacciare trattative con i talebani per mettere fine alle violenze nel Paese, che già in queste prime settimane del 2014 hanno causato un vero e proprio bagno di sangue. Tuttavia, finora le iniziative si sono rivelate “confuse” e inconcludenti. Da qui l’idea avanzata da ong, gruppi attivisti e partiti politici che intende proporre una soluzione alternativa, in grado di ristabilire giustizia e legalità.
A lanciare il progetto è stato il Peace and Human Development (PHD Foundation) insieme alla Association of Women for Awareness and Motivation (Awam), movimenti democratici e l’Awami Workers Party (Awp). Dietro l’iniziativa “Bandiera bianca” vi è l’incertezza dello Stato e delle istituzioni, incapaci sinora di dare risposte concrete alle violenze. I promotori chiedono di usare “qualsiasi mezzo” pur di ottenere una pace stabile e duratura. E proprio in tema di pace, nei giorni scorsi si sono mossi anche i cristiani pakistana che hanno promosso una giornata di preghiera in tutto il Paese.
Armati di bandiere bianche, cartelli e stendardi, centinaia di persone – fra cui studenti, avvocati, sindacalisti e semplici cittadini – hanno marciato dalla Pahari Chowk People’s Colony n2 fino al Circolo della Stampa a Faisalabad. Un tragitto di circa 6 km, per rilanciare il desiderio comune di pace e la fine del terrorismo. I manifestanti hanno rivolto un appello alla popolazione civile, perché aderiscano con ogni mezzo civile e democratico alla campagna “Bandiera bianca”. Essi hanno inoltre chiesto alla cittadinanza di appendere un drappo bianco all’esterno di ogni casa, ufficio o attività commerciale e rendere così omaggio a tutte le vittime che hanno sacrificato la propria vita nella lotta contro il fondamentalismo.
Molti gli interventi di attivisti e politici nel corso della giornata. Robin Daniel, fondatore del National Minority Alliance-Pakistan (NMAP), sottolinea che “la nazione è stanca del terrorismo” e la campagna lanciata da “Bandiera bianca” è una “prova di per sé” che la gente senza distinzioni di “religione, etnia, razza e colore non ne può più delle violenze”. Suneel Malik, leader di PHD Foundation, chiede la “terza via” e non esclude “attacchi chirurgici e mirati” contro gruppi combattenti, marcando una netta divisione fra “militanti buoni e cattivi” e “l’eliminazione totale” di questi ultimi.
Nazia Sardar, direttore di Awam, auspica “strategie appropriate” e l’attivista per i diritti delle donne Shazia George aggiunge che “quanti hanno inferto perdite pesantissime al Paese non saranno mai perdonati per i loro crimini”. Lo Stato, aggiunge, deve garantire la “supremazia” della legge e del diritto. Arif Ayaz chiede infine “azioni militari decise contro i gruppi armati”, che vanno trattati “col pugno di ferro”.
Con più di 180 milioni di abitanti (di cui il 97% professa l’islam), il Pakistan è la sesta nazione più popolosa al mondo ed è il secondo fra i Paesi musulmani dopo l’Indonesia. Circa l’80% è musulmano sunnita, mentre gli sciiti sono il 20% del totale. Vi sono inoltre presenze di indù (1,85%), cristiani (1,6%) e sikh (0,04%). Le violenze contro le minoranze etniche o religiose si verificano in tutto il territorio nazionale, ma negli ultimi anni si è registrata una vera e propria escalation e che ha investito soprattutto i musulmani sciiti e i cristiani.
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