PAKISTAN – Il Pakistan di Sharif ferma il boia

db4b6a11879608906093cdc2e74936aa-300x223Islamabad– Il governo pakistano guidato da Nawaz Sharif, esponente della “Pakistan Muslim League – N”, ha sospeso ufficialmente 468 esecuzioni capitali, confermando la moratoria che vige nel paese da cinque anni. La questione della “pena di morte” è da alcune settimane di nuovo al centro del dibattito pubblico. All’inizio di agosto, il governo aveva prospettato una ripresa delle esecuzioni, generando aspre critiche da Ong come “Amnesty International” e “Human Rights Watch”, ma anche all’interno della nazione. (Nella foto Asia Bibi, condannata a morte per blasfemia e detenuta da 1534 giorni nel braccio della morte del carcere pakistano).Secondo quanto riferito all’Agenzia di stampa Fides, la decisione del governo è frutto delle pressioni delle organizzazioni per i diritti umani e della comunità internazionale. In particolare, per l’Unione Europea, la ripresa delle esecuzioni avrebbe avuto la conseguenza di cancellare il Pakistan dalla lista delle nazioni che hanno “linea preferenziale” negli scambi commerciali con la UE, come ha dichiarato Ana Gomes, a capo della sottocommissione del Parlamento Europeo per i diritti umani. Analisti e commentatori in Pakistan giudicano la mossa del governo come “atto di pragmatismo politico”, per non far perdere al Pakistan “una porta di accesso nei mercati europei”. Numerosi esponenti della società civile e delle Chiese in Pakistan hanno accolto con favore la decisione del governo, perché “tutela i diritti umani e il valore della vita, anche per i detenuti riconosciuti colpevoli”.
Sono 468 i detenuti già condannati a morte da tribunali civili o militari, in attesa di esecuzioni già disposte, molti per “terrorismo”. Nel complesso vi sono circa 8.000 detenuti che hanno esaurito tutti i gradi giudizio e si trovano nel braccio della morte nelle diverse carceri pakistane. Secondo il Codice penale pakistano, 27 reati, tra i quali quello di “blasfemia”, sono punibili con la pena capitale.

Da 1534 giorni fra i detenuti vi è a la cristiana Asia Bibi, condannata a morte per blasfemia nella prima istanza da un tribunale di primo grado nel 2010 e  da 19 mesi in attesa del processo d’appello, si proietta non verso una liberazione da molti auspicata nel Paese e chiesta con forza anche da organizzazioni e governi stranieri, incluso quello italiano, e che prosegue verso un ulteriore capitolo di detenzione, quantunque siano state consegnate al governo pakistano migliaia e migliaia di petizioni a favore della sua liberazione.
La possibilità di un trasferimento a Multan, seconda città come popolazione del Punjab, provincia dove si è svolta finora la vicenda giudiziaria e carceraria della donna, era emersa già da un rapporto dei servizi segreti pachistani divulgato l’11 gennaio 2011 dal quotidiano pachistano Express Tribune, ma ancora non è avvenuta.


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