Palestina inquieta, sempre

Israele- Palestina: Una  linea infinita di vite spezzate, sia dagli attentati filopalestinesi che dalle armi israeliane. Solo giovedì scorso (14 aprile) un comunicato delle ministero della salute palestinese dava notizia della morte di tre palestinesi nella Cisgiordania occupata. Due nel distretto di Jenin e un altro nel villaggio di Beita (nei pressi di Nablus), erano deceduti a causa delle ferite subite nel corso di quella che Israele definisce “operazione antiterrorismo” (in risposta al recente attacco sanguinoso a Tel-Aviv).

E già il giorno successivo (venerdì 15 aprile) un altro nome si aggiungeva alla lista dei caduti. Quello di Shawkat Kamal Abed, un ragazzo palestinese di 17 anni colpito il 14 aprile nella città di Kafr Dan. Trasportato all’ospedale di Jenin non era sopravvissuto alle gravi ferite. Sempre il 15 aprile un altro ragazzo palestinese, Jihad Izzat Mar’ee di 14 anni, era stato prima ferito 8alle gambe sembra) e poi arrestato dalle forze israeliane di occupazione nel corso degli scontri nel villaggio di Qarawat Bani Hassan (provincia di Salfit).

Ormai da oltre una settimana Israele ha lanciato una vasta operazione in Cisgiordania alla ricerca di sospetti complici dei recenti attacchi anti-israeliani che hanno causato almeno quattordici vittime. Dal 24 marzo almeno quattro. I primi due sarebbero stati opera di arabi israeliani sospettati di legami con l’organizzazione jihadista denominata Stato islamico. Gli altri di palestinesi provenienti da Jenin. Da quella stessa data i morti palestinesi, compresi gli autori degli attentati, secondo l’Autorità palestinese sarebbero stati oltre una ventina.

E proprio una settimana fa, il 10 aprile, due donne palestinesi erano state uccise ai posti di blocco. Ghada Sabatine (quaranta anni, vedova e madre di sei figli) veniva colpita dai soldati israeliani a Husan, nel sud della Cisgiordania occupata. Inutilmente trasportata dalla Croce-Rossa palestinese all’ospedale di Beit Jala, vicino a Betlemme, qui era poi deceduta per le gravi ferite…

Stando alla versione ufficiale del Ministero della difesa israeliano, i militari avrebbero aperto il fuoco a causa del suo  “atteggiamento sospetto”. Si sarebbe avvicinata ai soldati nonostante alcuni tiri di avvertimento. In realtà, come è stato poi documentato, era disarmata e non aveva intenzioni ostili.
Nella stessa giornata un’altra donna palestinese veniva uccisa a Hebron nei pressi della “Tomba dei patriarchi” (Moschea Ibrahimi). In questo caso dopo che aveva pugnalato un poliziotto israeliano al posto di controllo. Stando al comunicato ufficiale, l’agente era rimasto leggermente ferito.
Come è noto quella di Hebron (dove un migliaio di coloni vivono sotto scorta militare perenne circondati da oltre 200mila palestinesi) è considerata una sorta di “polveriera” quotidianamente sul punto di esplodere.

Ovviamente  tali “incidenti” sono una conseguenza dell’inasprirsi delle operazioni militari israeliane nel settore del campo profughi di Jenin da dove sembra provenissero i responsabili dei recenti attentati a Tel-Aviv.
Secondo il ministero della Salute palestinese nel corso di tali operazioni tre palestinesi (quelli accertati almeno) sarebbero stati feriti a Jenin e altri quattro a Tulkarem. Le persone arrestate sarebbero 24.

Proprio il giorno prima dell’uccisione delle due donne – il 9 aprile – esercito e polizia di frontiera israeliani avevano condotto un’operazione sul campo di Jenin. Nel conflitto a fuoco con elementi palestinesi era rimasto ucciso un venticinquenne, definito un “aderente alla Jihad islamica”.
Dopo questi eventi, nella serata del 9 aprile, da parte israeliana si annunciava un inasprimento dei controlli sui punti di passaggio con ulteriori limitazioni sia in entrata che in uscita.
Gianni Sartori

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