Il Campo Iowara ospita i rifugiati dalla West Papua, scappati dal conflitto indonesiano negli anni ’90. Dopo quasi 30 anni non hanno cittadinanza o libertà di movimento, e chi si dovrebbe curare di loro sembra averli abbandonati. Sul campo oramai “solo un gruppo di cristiani, che cerca di mantenere i servizi educativi e sanitari”. Il racconto di un missionario cristiano, da decenni impegnato per migliorare la situazione. Port Moresby – Franco Zocca si è occupato negli ultimi 25 anni della crisi dei rifugiati dalla West Papua. Qualche tempo fa ha viaggiato nella Provincia occidentale della Papua Nuova Guinea per valutare la situazione del Campo profughi Iowara, che si trova ai margini del confine con l’Indonesia.
Qual è la situazione attuale del confine?
Ci sono diverse comunità di rifugiati disperse per tutta l’estensione del confine. E poi c’è ancora il Campo Iowara nella Provincia occidentale. È stato creato nel 1987 dall’Alto Commissariato Onu per i rifugiati. Il suo scopo era quello di “riposizionare” i rifugiati della West Papua, circa 12mila persone che avevano attraversato il confine tra la Papua e la provincia indonesiana di Irian Jaya (come era conosciuta allora) per evitare scontri con l’esercito di Jakarta. L’offerta di “riposizionamento” è stata accettata solo da circa un terzo di quelle persone. Il resto ha scelto di rimanere nei pressi del confine o di essere rimpatriato. Il campo si può raggiungere da Kiunga, Provincia occidentale, con circa mezz’ora di viaggio in battello sul Fly River e poi qualche ora di macchina su una strada – circa 40 chilometri – davvero malmessa.
Ha appena visitato Iowara…
Sì, sono tornato lì dopo 19 anni. Nel 1994 vivevano nel campo 3.636 persone, ma nell’ottobre del 2013 ne ho contate solo 2.190. Come si spiega questo calo, dato che negli ultimi 19 anni ci sono stati centinaia di nuovi arrivi e nel Campo c’è un alto tasso di natalità? Ci sono varie ragioni. Da una parte c’è il fatto che nel 1997 e nel 2003 il governo papuano ha offerto ai residenti del Campo la residenza permanente (ma non la cittadinanza), con il risultato che molti lo hanno lasciato e si sono stabiliti da qualche parte in Papua Nuova Guinea. Molti se ne sono andati perché hanno diverse capacità e sono riusciti a trovare lavoro, oppure perché volevano riunirsi ai parenti qui o in West Papua. Più di 500 rifugiati si sono stabiliti a Kiunga. Quelli rimasti a Iowara sono per lo più contadini che vivono di sussistenza.
I bambini ricevono un’istruzione?
Dato che molte persone sono andate via, 4 dei 16 villaggi creati nel 1994 sono oggi del tutto abbandonati. Il numero di studenti tra elementari, medie e liceo è calato dai 1.023 del 1994 ai 694 attuali. In passato a scuola si usava la lingua indonesiana. Ma nel 1997 le scuole del Campo sono state registrate in maniera ufficiale dal Dipartimento nazionale per l’istruzione della Papua Nuova Guinea, e nelle classi oggi si insegna usando l’inglese. Decine di studenti di Iowara stanno seguendo classi professionali o secondarie a Kiunga. I missionari cristiani di Daru-Kiunga, attraverso le loro agenzie, continuano a essere responsabili per l’istruzione e i servizi sanitari del Campo. Oltre al Centro sanitario – che si è espanso aggiungendo un reparto maternità, un consultorio, un centro per i test su Hiv e Aids e una clinica per la tubercolosi – sono stati costruiti altri quattro nuovi centri di aiuto, che forniscono anche assistenza ai rifugiati e scolarizzazione per gli studenti più adulti.
Com’è la vita di queste persone, lontane dai loro luoghi di origine?
I residenti di Iowara sembrano molto più a loro agio oggi rispetto a 19 anni fa. Le tensioni e i conflitti con i proprietari originari delle terre sono per lo più spariti, dopo che il governo ha fornito a questa gente più di 6mila ettari di terreno. Le tensioni si sono ridotte ancora con la partenza dei militanti rifugiati, ossessionati dall’indipendenza della Papua occidentale. Tuttavia, alcune volte nuove tensioni si scatenano fra i rifugiati di diverse etnie tribali. Il Dipartimento governativo per il governo provinciale e locale e per gli affari di confine ha gestito Iowara dal 1987 con un amministratore e diversi assistenti. I rifugiati sono poi sotto l’autorità del Comitato centrale Iowara, un corpo eletto stabilito dall’Onu i cui membri sono scelti fra i rifugiati e i proprietari terrieri locali che vivono nel Campo. Sfortunatamente, come anche io avevo notato già nel 1994, il Comitato centrale non lavora in maniera corretta. C’è sfiducia fra i membri, i fondi vengono usati in maniera inappropriata e ci sono tensioni etniche.
Quindi qual è l’impegno attuale dell’Onu, del governo e della comunità cristiana a Iowara?
Le Nazioni Unite non hanno mantenuto un impegno continuo con i papuani occidentali in Papua Nuova Guinea. Dal 1987 al 1996 hanno avuto un ufficio e un rappresentante a Port Moresby. L’ufficio è stato chiuso nel 1996 e riaperto 11 anni dopo, solo per essere chiuso di nuovo nel 2013. Le Nazioni Unite vogliono che il governo nazionale e quello provinciale della Papua Nuova Guinea prendano in pieno carico il Campo. In questo contesto è stato firmato nel gennaio 2013 un accordo formale sul “servizio continuo di consegna e sostegno di settore per i rifugiati di Iowara-East Awin dopo il disimpegno dell’Onu”. I firmatari erano il Segretario del Dipartimento provinciale e locale, l’amministrazione provinciale del governo del Fly River, il religioso di Daru-Kiunga, il presidente del Comitato centrale del campo e il rappresentante uscente dell’ufficio dell’Onu. I rifugiati che ho intervistato erano abbastanza scettici sul nuovo accordo. Hanno visto i macchinari pesanti per il mantenimento delle strade – inviati da diverse agenzie – rimanere inutilizzati e lasciati arrugginire per mancanza di carburante e operai; non vedono interesse, da parte delle amministrazioni locali, per il loro sviluppo; e dubitano che il denaro loro assegnato sarà mai usato in maniera corretta. Al momento le loro speranze sono riposte in una compagnia energetica, che progetta di estrarre petrolio e gas dalla zona fornendo così strade migliori e lavoro per i giovani. La comunità cristiana è virtualmente lasciata sola ad amministrare quanto meno sanità e istruzione a Iowara.
Dal suo punto di vista, cosa dovrebbe fare il governo della Papua Nuova Guinea?
Oggi, dopo 20 o 30 anni in questo Paese, ai rifugiati dovrebbe essere concessa la cittadinanza. Senza questo riconoscimento possono vivere nel Paese ma non possono viaggiare. Questo costituisce una seria violazione ai diritti umani, alla libertà religiosa e alla libertà di movimento. Migliaia di bambini della West Papua, nati in Papua Nuova Guinea, hanno un certificato di nascita, crescono nello stesso modo e ricevono la stessa istruzione dei bambini papuani, ma non sono cittadini. Non potranno votare alle elezioni o viaggiare. Ma sono fratelli e sorelle melanesiani molto più dei rifugiati asiatici nell’isola di Manus, per i quali l’Australia e la Papua Nuova Guinea stanno investendo così tanto.
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