Persecuzioni, l’Isis non è un problema isolato

rifugiati_iraqIl vescovo ausiliare caldeo a Baghdad, monsignor Shlemon Warduni rilascia una drammatica intervista all’agenzia missionaria Misna. “Nessuno si sente più al sicuro, in nessun luogo”, questo è il succo del suo discorso, mentre l’Isis avanza, apparentemente incontrastato, nella provincia confinante con quella della stessa capitale.

“A Baghdad la gente comincia ad aver paura e a chiedersi: arriveranno anche qui? Nessuno si sente più al sicuro, e i cristiani sono – inutile dirlo – i più esposti a ritorsioni e violenze – dice monsignor Warduni – sembra essere ripiombata alla situazione di un anno fa, quando addirittura si arrivò a temere la chiusura dell’aeroporto internazionale e diplomatici e stranieri dormivano con le valigie sotto il letto”. In un’atmosfera che ricorda sempre più da vicino quella degli ultimi giorni di Saigon (prima dell’arrivo dei comunisti), il vescovo auspica che l’annunciata controffensiva dei governativi possa almeno allontanare il pericolo. “Aspettiamo e preghiamo che l’offensiva vada a buon fine. Perché in questi ultimi tempi l’avanzata di questi nuovi barbari, dalla Siria all’Iraq, sembrava inarrestabile. Anzi, ci sarebbe da chiedersi come possono pochi uomini sconfiggere gli eserciti più equipaggiati della regione? Le loro conquiste sono rese possibili dalle potenze che li sostengono e gli vendono le armi. È a loro che diciamo: fermatevi!”. Riguardo ai combattenti dell’Isis, monsignor Warduni ritiene che non si tratti affatto di buoni musulmani: “Questa gente dice di agire in nome di Dio, ma quale Dio? Sono uomini senza coscienza e senza fede che uccidono i bambini e aggrediscono le donne. Nessun Dio può volere questo”.

In queste parole ritroviamo molto della narrativa mediorientale (cristiana e musulmana, sciita e sunnita) riguardante il fenomeno Isis che nessuno aveva previsto. Ci sono tutti gli elementi che ormai conosciamo: lo stupore per un totalitarismo che è letteralmente sbocciato nel deserto all’improvviso, la convinzione che la sua forza risieda principalmente nel sostegno delle potenze straniere e che sia costituito da mercenari senza-Dio.

Abbiamo già letto e scritto tanto sull’appoggio straniero all’Isis, anche su La Nuova Bussola Quotidiana, così come abbiamo letto e scritto tanto sulla non-guerra della Coalizione contro lo Stato Islamico. C’è però un aspetto che non emerge mai dalla narrativa mediorientale e neppure dalle parole di monsignor Warduni. L’Isis non è affatto sorto dal nulla e non è nemmeno una semplice banda di mercenari senza-Dio. Un Dio ce l’hanno ed è quello creduto dai musulmani sunniti. Un popolo ce l’hanno ed è quello arabo sunnita. Secondo un sondaggio commissionato da Al Jazeera, pubblicato martedì e ormai divenuto tragicamente celebre, risulta che addirittura l’81% degli arabi sunniti siano favorevoli allo Stato Islamico di Al Baghdadi. Su un campione di 38mila telespettatori in tutto il mondo arabo, alla domanda “Sostieni le vittorie dello Stato islamico in Iraq e Siria?”, quella percentuale oceanica, quasi la totalità, ha risposto “sì”. Non era una domanda che si potesse equivocare. Nei due giorni successivi i commentatori si sono precipitati ad affermare che non si tratta di un sondaggio condotto con criteri statisticamente corretti e dunque non è rappresentativo dell’opinione pubblica araba.

Siamo sicuri? Quel che si vede, sul campo di battaglia, non è un esercito più forte che ne sconfigge uno più debole, ma grandi eserciti che si disintegrano spontaneamente e confluiscono sotto le bandiere nere dell’Isis, contribuendo a formare lo Stato Islamico. Ad esempio, quando le milizie di Al Baghdadi presero Mosul, nel 2014, erano ancora costituite da poche migliaia di uomini, contro 50mila regolari iracheni, ben addestrati e ben armati. Qualche combattimento c’è anche stato, ma il grosso dei regolari è semplicemente passato dalla parte degli jihadisti, o è tornato a casa. Dopo la presa di Ramadi, il 17 maggio, il segretario alla Difesa americano, Ashton B. Carter è giunto all’amara conclusione che l’esercito regolare iracheno non sia motivato a combattere. A difendere Fallujah e Baghdad, che potrebbero essere i prossimi due obiettivi dell’Isis, sono determinate solo le milizie sciite, controllate dall’Iran. Sciiti, appunto, che hanno tutta la motivazione necessaria a combattere una guerra di religione contro i sunniti. Un’altra dimostrazione che quell’81% non sia fuori dal mondo, è l’assenza di insurrezioni degne di nota all’interno del nuovo Stato Islamico. I pochi servizi girati dai giornalisti che ci sono entrati (e usciti) mostrano una relativa calma. Dopo il terrore iniziale, l’ordine viene mantenuto con normali metodi polizieschi.

Di che stupirsi, d’altronde? Le leggi che l’Isis applica all’interno del suo nuovo Stato autoproclamato, non sono molto dissimili da quelle dell’Arabia Saudita, dove si lapidano le adultere, si condannano a morte gli apostati, non è tollerata alcuna religione all’infuori dell’islam sunnita, si uccidono gli omosessuali e le donne non possono né guidare, né lavorare, oltre a non poter uscire di casa se non dietro il consenso di un parente maschio, giusto per citare solo alcuni dei suoi aspetti più eclatanti. L’Isis applica la stessa legge coranica che è in vigore anche in Qatar (sede di Al Jazeera) ed è sempre più sentita e seguita nella “laica” Turchia.

La minaccia per i cristiani iracheni, sulla quale monsignor Warduni lancia l’allarme, è molto peggiore di quanto la percepisca lui stesso. Non si tratta solo di far fronte all’avanzata di una banda di terroristi “senza coscienza e senza fede”, non si fermerà chiudendo veri o presunti rubinetti di finanziatori stranieri. La minaccia proviene dall’interno del mondo arabo. I cristiani di Mosul, quelli in fuga da Ramadi, sono braccati dai loro ex vicini di casa, che ne razziano le proprietà e non intendono restituirle, che credono di essere nel giusto perché stanno scacciando degli “infedeli”, marcati con la N di Nazareno.

di Stefano Magni

da: lanuovabq.it/

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