“Qualora mio padre e mia madre m’abbandonino, il SIGNORE mi accoglierà” ‭‭(Salmi‬ ‭27:10‬)

Testimonianza di Luis

(Salmo 116)
Io amo il SIGNORE perché ha udito
la mia voce e le mie suppliche.
Poiché ha teso l’orecchio verso di me,
io lo invocherò per tutta la mia vita.
I legami della morte mi avevano circondato,
le angosce del soggiorno dei morti mi avevano colto;
mi aveva raggiunto la disgrazia e il dolore.
Ma io invocai il nome del SIGNORE:
“SIGNORE, libera l’anima mia!”

Mi chiamo Luis e sono nato nel 1965 a Santiago del Cile.
Umanamente parlando, sono venuto al mondo solo per grazia di Dio. Il Signore si è preso cura di me fin dal seno materno. Quando avevo circa due mesi, sono stato abbandonato da mia madre che mi ha lasciato a casa della mia nonna paterna ed è andata via per sempre. Fino a 13 anni sono cresciuto nella mia città natale a Santiago, in uno dei tanti quartieri dove abitavo con mia nonna e il suo compagno che io chiamavo nonno e una mia zia, più grande di me di solo un anno, quindi era per me come una sorella.

La mia vita trascorreva in quegli anni senza la presenza di mio padre che mi aveva abbandonato, essendo molto giovane, creandosi un’altra famiglia. Sono cresciuto come tutti i bambini del quartiere con le mie amicizie e tra un’esperienza e l’altra, andavo a scuola e avevo molti amici. All’età di 13 anni ho perso mia nonna a causa di un male terribile e con lei morirono le mie speranze; per me morì la donna che mi aveva cresciuto fino a quel giorno e, in un attimo, la mia vita fu stravolta. Il “nonno” non era in grado di cavarsela con due bambini, quindi, con la promessa di farmi tornare a casa dopo un pò e per farmi svagare un po’, mi mandò da parenti in un’altra città, lontano da Santiago. Andai a vivere con una zia di secondo grado, che, in principio mi accolse bene, promettendomi di non farmi mancare nulla, di farmi studiare e molto altro, ma col passare del tempo le cose cambiarono ed iniziai ad essere un peso per loro.

Nessuno in realtà poteva prendersi cura di me ed accudirmi nel modo giusto; dovevo essere mandato a scuola, essere sfamato, ma nel mio paese si viveva drammaticamente il colpo di stato da parte delle forze militari di Pinochet e nessun cileno viveva più una vita facile. La miseria e le incertezze furono tutto ciò che questi parenti potevano offrirmi. A quel punto, cominciai a fare cattive amicizie e la mia vita continuò normalmente tra la scuola e la strada.

Per poter sopravvivere e per i miei bisogni materiali, iniziai a fare piccoli furti, crescendo nel quartiere e smettendo di pensare alla scuola. Col passare del tempo, cominciai a frequentare persone più grandi di me che, all’età di 16 anni, mi invitarono a seguirli in Argentina dove vissi per 5 anni, facendo parte della loro organizzazione a delinquere. I soldi diventarono facili tra truffe e furti, potevo avere tutto quello che un ragazzo della mia età poteva desiderare; soldi in tasca e tutte le soddisfazioni che questo mondo offre ad un giovane di 16 anni, compresa la cocaina.

Crescendo in questo contesto, fu facile per me conoscere persone che spaziavano nel traffico di stupefacenti. In seguito, seguendo queste persone nel 1988, fui arrestato all’aeroporto di Fiumicino come complice in un traffico internazionale di droga e la mia vita crollò nell’abisso più profondo. Mi ritrovai solo, in un paese del quale non conoscevo la lingua e dove non conoscevo nessuno. Iniziai a pensare che forse sarei uscito abbastanza presto dal carcere in quanto, durante la perquisizione corporale, non trovarono nessun tipo di stupefacente, ma il giudice mi condannò a 12 anni solo per il collegamento all’organizzazione. In quel momento, pensai di morire. Cominciai a pensare ai parenti che avevo lasciato in Cile, che non sapevano neanche cosa stesse succedendo; il mio cuore cominciò a battere forte al pensiero che qualunque cosa mi fosse successa in questo luogo per me sconosciuto che è l’Italia, nessuno della mia famiglia di origine avrebbe mai saputo nulla. Fui sopraffatto da un’angoscia profonda e avevo tanta paura. Ad un certo punto, però, tramite la corrispondenza con una donna dell’organizzazione, arrestata in Germania nello stesso giorno in cui fui arrestato io, seppi che potevo fare richiesta di visita per vedere i miei parenti lontani.

Decisi di farlo, ma non avevo nessuno che potesse venire in visita. Ne approfittai e scrissi una lettera raccontando i miei problemi e i miei bisogni. Fu allora che venne a trovarmi in carcere un uomo che si presentò come “MINISTRO DI CULTO”. QUELLA parola, “MINISTRO”, mi fece pensare che avevo davanti una persona importante, un parlamentare che mi avrebbe aiutato. Iniziammo a parlare del più e del meno e, ad un certo punto, mi disse che conosceva una persona che poteva aiutarmi. Fui felice quando mi disse: “vedi quella finestra con quelle sbarre e quella porta blindata? Questa persona è capace di buttare giù quella finestra e spalancare quella porta” . Nella mia mente cominciai a pensare che conoscesse persone molto in “alto”; mi disse anche “vuoi sapere come si chiama questa persona?” Io incuriosito le risposi di “sì” – e lui mi disse che era Cristo Gesù. Credo di essermi messo a ridere con scetticismo, poi mi disse di cercarlo con tutto il mio cuore perchè Gesù mi amava e che mi avrebbe salvato e, andando via, mi lasciò una Bibbia da leggere.

Cominciai ad aprire la Bibbia e ogni volta sembrava che le parole fossero rivolte a me. Un giorno chiesi a Dio di rispondermi nella mia angoscia e Lui toccò il mio cuore con il salmo 116. Da quel momento capii che Dio mi ascoltava e che aveva un progetto speciale per la mia vita, voleva salvare l’anima mia e darmi una nuova vita piena di benedizioni. Il mio cuore continuò ad aprirsi alla Sua Parola in quei giorni e cominciai ad avere una trasformazione interiore attraverso la Parola di Dio. Sentivo una gioia e una pace nonostante fossi in un paese straniero e in un carcere senza nessuno della mia famiglia e dei miei ormai ex amici. Tutto questo me lo gettai alle spalle perché davanti a me c’era una nuova vita in Cristo.

Arrivò il giorno che pur guardando le sbarre della mia cella mi sentivo finalmente libero. Sapevo che Dio mi aveva preso in cura fin dalla mia nascita. Colui che liberò l’anima mia dalla perdizione eterna. Che mi ha rigenerato dandomi una speranza e una certezza che un giorno Lo vedrò faccia a faccia. Grazie a Dio uscii in semi libertà, poi in condizionale e, in ultimo, definitivamente, dopo soli 3 anni e 8 mesi.

Quando fui libero iniziai a frequentare la chiesa evangelica pentecostale, dove conobbi quella che oggi è mia moglie e trovai soprattutto una grande famiglia, quella che forse non avevo mai avuto. Il Signore mi ha provveduto un lavoro, dove sono rimasto per 18 anni. Mi sposai l’anno successivo e abbiamo avuto un figlio, che abbiamo chiamato Manuel, che significa “Dio è con noi” e finalmente ho potuto avere una vera famiglia tutta mia, un lavoro sicuro e una chiesa piena di fratelli e sorelle che mi hanno circondato dell’amore di Dio, facendomi sentire a casa. Voglio ringraziare per sempre il Signore Gesù, Colui che mi ha soccorso e mi ha liberato dandomi una vita rinnovata nel Suo immenso amore e che amerò per sempre. Amen

(Salmo 27:9-11)

Non nascondermi il tuo volto,
non respingere con ira il tuo servo;
tu sei stato il mio aiuto; non lasciarmi, non abbandonarmi,
o Dio della mia salvezza!
Qualora mio padre e mia madre m’abbandonino,
il SIGNORE mi accoglierà.
O SIGNORE, insegnami la tua via,guidami per un sentiero diritto,
a causa dei miei nemici.

Dio ci benedica!
Ferrentino Francesco La Manna

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