
Mi è capitato recentemente di imbattermi in un culto online su YouTube. No, non ero presente fisicamente — e grazie a Dio. È bastato ascoltare pochi minuti per sentirmi addosso il peso di un cristianesimo snaturato, inquinato, svuotato della sostanza del Vangelo. Il pastore, visibilmente soddisfatto di sé, predicava con enfasi il solito copione religioso: Dio vuole fare miracoli, certo, ma solo se tu dimostri abbastanza consacrazione. Tradotto: se preghi di più, se leggi di più, se ti sottometti di più, se dai prova di essere abbastanza devoto, forse Dio si muoverà. E se non si muove, beh… è colpa tua.
Ma stiamo scherzando? È questo il Vangelo? O è solo un travestimento religioso del vecchio patto, condito da un po’ di linguaggio carismatico?
Mentre ascoltavo, mi saliva dentro una rabbia santa. Perché queste predicazioni continuano a infettare le coscienze di migliaia di credenti, colpendoli proprio dove fa più male: nel cuore. Ti dicono che devi meritarti l’amore e l’intervento di Dio, che il miracolo dipende da te. E se sei ancora malato, povero, scoraggiato… forse non hai abbastanza fede, forse non sei spirituale, forse c’è qualche peccato segreto nella tua vita. Tutto un sistema che si regge sulla colpa e sulla paura. È un circolo vizioso che non porta alla libertà, ma a un cristianesimo schiavo, frustrato, stanco.
E la ciliegina sulla torta? Il pastore, ancora predicando, ha detto qualcosa che mi ha lasciato esterrefatto: “Quando stai male, quando sei nella sofferenza, quando hai dubbi… apri la Bibbia, leggi la Bibbia, e non lamentarti.” Cioè, seriamente? Ma in che mondo vive questa gente? In che universo parallelo un essere umano, nel pieno del dolore, della crisi, della disperazione, ha voglia di leggere la Bibbia come se stesse sfogliando un depliant? Quando uno soffre davvero, non ha voglia neanche di pregare, figuriamoci di aprire un Salmo. Non ha voglia di ascoltare nessuno, men che meno un sermone che lo colpevolizza. E invece di mostrare empatia, compassione, umanità… si spara il versetto. Bravo. Missione compiuta. Hai scaricato il senso di colpa addosso a chi già sta cadendo a pezzi.
In quei momenti la persona non ha bisogno di un “leggiti la Bibbia”, ma di qualcuno che la abbracci in silenzio, che stia lì senza giudicare, che sia il riflesso vivente dell’amore di Dio. E invece no, la religione preferisce il comando al conforto, la dottrina al dolore, il dovere all’umanità.
Questo non è Vangelo. Questo è sadismo spirituale. È una religiosità tossica che distrugge le persone invece di risollevarle.
Ma il Vangelo vero — quello che libera, che guarisce, che salva — dice un’altra cosa: “Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia” (Giovanni 1:16). Non è da te, non è per i tuoi sforzi, non è perché sei stato bravo, ma perché Cristo è sufficiente. “La fede viene dall’udire e l’udire si ha per mezzo della parola di Cristo” (Romani 10:17), non da una tua performance, ma da una rivelazione di ciò che Gesù ha fatto.
Gesù non è venuto a distribuire manuali d’istruzioni, ma a donare sé stesso. La grazia non ti lancia una Bibbia addosso quando sei a terra, la grazia si siede accanto a te, piange con te, ti ama mentre sei rotto.
Ma questa verità spaventa i religiosi, perché toglie loro il potere. La grazia non può essere controllata, non può essere misurata, non può essere meritata. E quindi non è utile ai sistemi. E allora meglio un Dio che si muove solo se tu lo muovi. Così almeno manteniamo il popolo sotto pressione, sotto controllo. Un cristianesimo dove se non funziona, la colpa è sempre tua. Un Dio che ti ama… ma solo se ti comporti bene. Una chiesa dove si predica libertà, ma si vive condanna.
Io sono stanco. Stanco di questa ipocrisia. Stanco di vedere fratelli e sorelle distrutti dalla religiosità, dalla pressione, dalla finzione. Stanco di una “chiesa” che parla tanto di sana dottrina ma è marcia di giudizio, di orgoglio spirituale, di contraddizioni. E poi vanno a puntare il dito sui cattolici: “Eh, quelli sì che sono religiosi.” Come se la religione non avesse messo radici anche nel mondo evangelico.
Io prego che nascano comunità nuove. Famiglie spirituali che non si fondano più sul nome di una denominazione, ma su quello di Cristo. Comunità senza etichette, senza palchi sacri, senza dogmi di plastica, ma con cuori umili, aperti, veri. Come negli Atti degli Apostoli, dove non c’era il culto della personalità, ma la condivisione del pane e della grazia. Dove non c’era il peso della legge, ma la leggerezza del perdono. Dove non c’era il pastore superstar, ma fratelli che si lavavano i piedi a vicenda. Dove Cristo era tutto.
Perché se oggi la religione continua a parlare al posto suo, la grazia tace. E la gente, dentro, continua a morire.
Marcello Donadio
@inprimopiano
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