RECUPERARE LA CONCEZIONE DELLA RIFORMA DALLA PROSPETTIVA DI DIO

Prof. Pietro Bolognesi

IN RAPPORTO A DIO E AD ALTRI PARAMETRI

Il riformismo è: “la tendenza a modificare gradualmente l’ordinamento esistente rifiutando ipotesi e metodi rivoluzionari, rifugge ogni specie di sussulto che faccia tabula rasa del passato e privilegia una mescolanza tra antico e nuovo. Una mescolanza che non modifica l’impianto di fondo ma che apporta una specie di rinnovamento, significa che la struttura di fondo rimane la stessa ma si modificano gli aspetti formali”.

La Riforma proclama la “semplicità” e la “purità” rispetto a Cristo (2 Corinzi 11:1,4 “Oh, quanto desidererei pure che voi sopportaste con me un po’ di follia! Ma infatti voi mi sopportate. Io sono infatti geloso di voi della gelosia di Dio, perché vi ho fidanzati a uno sposo, per presentarvi a Cristo come una casta vergine.  Ma io temo che, come il serpente sedusse Eva con la sua astuzia, così talora le vostre menti non siano corrotte e sviate dalla semplicità che si deve avere riguardo a Cristo. Se uno infatti venisse a voi predicando un altro Gesù, che noi non abbiamo predicato, o se voi riceveste un altro spirito che non avete ricevuto, o un altro evangelo che non avete accettato, ben lo sopportereste”).

La Riforma è attenta ad altri spiriti e altri evangeli che non hanno il profilo evangelico e che non rendono a Dio la gloria che gli è dovuta, il criterio di fondo risiede nel primato di Dio. Non è tanto l’uomo che “decide” per Dio, bensì è Dio che decide per il suo mondo. Che sceglie di rivelarsi e farsi conoscere in quel modo così unico che è la sua rivelazione nella Parola incarnata e in quella scritta.

La Riforma è qualcosa di così profondo da non trovare altro punto d’appoggio rispetto a Dio; è un cambiamento di fiducia; una nuova sintassi che ha a che fare con la sfera intellettuale, culturale, civile, sociale, politica, artistica, perché è spirituale. Come tale ha un ritmo impegnativo. Il cambiamento dell’idea di Dio porta con sé, infatti, una serie di cambiamenti a ogni livello.

La Riforma s’interroga sulla sua conformità al disegno originario che riguarda l’essere e non solo l’apparire. Non solo un singolo elemento, ma la struttura. Una Riforma che toccasse solo ciò che appare alla vista avrebbe solo un esito formale e non avrebbe quella profondità e quell’intensità che ha caratterizzato tale evento.

C’è quindi bisogno d’imbastire una visione in cui la relazione con Dio sia primaria la: “Unio cum Christo” che rende finalmente plausibile una trasformazione in cui Dio dia Dio. La Unio cum Christo fa pensare a una relazione di Dio con il suo mondo, una relazione che non sia settoriale, temporale e parziale ma onnicomprensiva. Dio diventa Colui che ricopre realmente il Suo ruolo nella storia della redenzione e non è stato sconfitto a un’area circoscritta. Solo una matrice di questo tipo innesca uno scenario adeguato. Uno scenario in cui Dio riprende possesso del mondo che è suo; uno scenario in cui Egli regna su tutta la realtà e chi è unito a Dio per mezzo di Cristo regna già con Lui. Ogni separazione tra sacro e profano è spezzata. Tutto appartiene a Cristo. Nasce una nuova militanza contro tutto ciò che si oppone al Regno di Dio, si può allora pensare che sia possibile restituire a Dio ciò che in fondo gli appartiene.

Accadde ai tempi di Giosuè, di Asa, di Ezechia, di Giosia, di Esdra, di Nehemia e ai tempi apostolici: “Dio riprese possesso del Suo mondo”; accadde anche ai tempi dei riformatori: “Dio apparve per quello che è realmente il sovrano assoluto”. La richiesta di Riforma può essere universale perché nessuno si trova bene così com’è. C’è però qualcosa di unico quando all’auspicio e all’impegno umano si sovrappone la determinazione divina, ogni schema che in qualche modo coordina l’azione umana con Dio finisce per limitare quest’ultimo e inchiodarlo all’inazione perché la Parola di Dio non può essere imbavagliata.

Parlare di Riforma senza fare i conti con una seria idea di Dio appare dunque insufficiente.

Si potrebbe parlare di un’onda breve e di una lunga. Se la Riforma della dottrina può essere vista come l’onda breve, l’azione di Dio può essere vista come l’onda lunga della Riforma. La Riforma dottrinale diventa anche Riforma morale e disciplinare perché è l’azione di Dio a rendere veramente efficace la determinazione umana. Quel che conta davvero non sono le buone intenzioni, né l’unità tra le persone di buona volontà.

Quel che fa la differenza è l’unione con questo Dio, un Dio che ha realmente il potere di trasformare la storia a ogni livello.

In questa cornice viene escluso il compromesso o il politicamente corretto, i moyenneurs (uomini del compromesso) sono finalmente rigettati. La relazione con Dio mette in scena una vera discriminante quella della sottomissione o no del mondo al Dio vivente. I riformatori sapevano tenere insieme “il timore di Dio e l’azione”.

Lo scarto che ciascuno avverte tra quel che è e quel che dovrebbe essere, tra la storia e la promessa, non darà solo luogo a un’attivazione sul piano umano (Luca 4:16,22 “Poi venne a Nazaret, dove era cresciuto e, com’era solito fare in giorno di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò per leggere. E gli fu dato in mano il libro del profeta Isaia; lo aprì e trovò quel passo dove era scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me, perché mi ha unto per evangelizzare i poveri; mi ha mandato per guarire quelli che hanno il cuore rotto, per proclamare la liberazione ai prigionieri e il recupero della vista ai ciechi, per rimettere in libertà gli oppressi, e per predicare l’anno accettevole del Signore». Poi, chiuso il libro e resolo all’inserviente, si pose a sedere; e gli occhi di tutti nella sinagoga erano fissi su di lui. Allora cominciò a dir loro: «Oggi questa Scrittura si è adempiuta nei vostri orecchi». E tutti gli rendevano testimonianza e si meravigliavano delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca, e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?»; Luca 7:18,28 “Or Giovanni venne informato dai suoi discepoli di tutte queste cose. E Giovanni, chiamati a sé due dei suoi discepoli, li mandò da Gesù a dirgli: «Sei tu colui che ha da venire, oppure dobbiamo aspettarne un altro?». Quegli uomini, dunque, andarono da lui e gli dissero: «Giovanni Battista ci ha mandati da te, a dirti: “Sei tu colui che deve venire, oppure dobbiamo aspettarne un altro?”». In quella stessa ora Gesù ne guarì molti da infermità, da calamità e da spiriti maligni, e a molti ciechi donò la vista. E Gesù, rispondendo, disse loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi recuperano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono mondati, i sordi odono, i morti risuscitano, e l’evangelo è annunziato ai poveri. E beato è colui che non si scandalizza di me!». Quando i messaggeri di Giovanni se ne furono andati, egli prese a dire alle folle riguardo a Giovanni: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna agitata dal vento? Ma che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con morbide vesti? Ecco, coloro che portano splendide vesti e vivono in delizie stanno nei palazzi dei re. Ma che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, vi dico, ancor più di un profeta. Egli è colui del quale è scritto: “Ecco, io mando il mio messaggero davanti alla tua faccia, il quale preparerà la tua strada davanti a te”. Perché io vi dico che fra i nati di donna, non vi è alcun profeta più grande di Giovanni Battista; tuttavia il minimo nel regno di Dio è più grande di lui»”), ma rimanderà all’impegno divino. La Parola di Dio potrà allora essere annunciata con franchezza per affermare le categorie che reggono il mondo. Se la predicazione dei tempi della Riforma riprese il suo valore e la sua forza lo si deve a Dio che poteva nuovamente far udire la propria voce. Una voce così diversa e nel contempo così prossima. Era la voce di Dio contro ogni forma di compromesso e di idolatria, il Soli Deo gloria in opposizione a tutti gli idoli. Il riferimento a Dio divenne allora la cartina al tornasole per esercitare il discernimento nei confronti di tutti i percorsi religiosi.

Recuperare la concezione della Riforma dalla prospettiva di Dio non significa solo coglierne la vera matrice ma porre anche un argine alle speculazioni.

Se ci si può interrogare su quel che la Riforma ha ancora da dire sulla Scrittura, sulla salvezza, sulla chiesa e sul mondo lo si può fare grazie al primato di Dio sulla realtà intera. In un campo come quello spirituale ogni minimalismo è tragico. O si è dalla parte di Dio e del Suo regno o si è da quella degli uomini e dei loro modesti aggiustamenti. Si può dare l’impressione d’accontentare molti ma la domanda è “se Dio lo sia”.  La prospettiva che in ogni caso si assume pesa enormemente su ogni scelta. Anche in epoca di teologie liquide e di disincanto generale, o la Riforma è riforma, o è altro. O la Riforma si staglia nella sua reale rilevanza oscurando tutte le “riformette” umane o sarà difficile pensare a una comprensione corretta, a una rievocazione adeguata e a un cambiamento vero.

Luisa Lanzarotta | Notiziecristiane.com

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