Cresciuto senza padre nei quartieri poveri di Miami e iniziato dalla madre ai riti spiritisti, Renè Martinez diventò uno dei personaggi più noti della malavita degli anni ’90, per poi trasformarsi in un lottatore professionista.
La madre, convertita al cristianesimo, pregherà 23 anni per la conversione del figlio, finché d’improvviso Dio gli si rivelerà trasformandolo in un evangelizzatore di delinquenti e prostitute: “Se il Signore ha fatto questo con me può farlo con chiunque”.
Ci sono delle vite che paiono così irredimibili da far pensare che un cambiamento sia qualcosa di più impossibile di un miracolo. Una di queste vite è quella di Renè Martinez, noto come “Level” (livello), leggenda metropolitana della malavita di Miami fra l’inizio degli anni ’90 e i primi del 2000. A raccontare la sua vicenda, insieme a quella di una città che allora era la più pericolosa d’America, per via del fenomeno delle bande di giovani latinoamericani legate allo spaccio di droga, è un documentario, “The Warrior Level” (Il livello del guerriero), che racconta come una vita d’inferno possa tramutarsi in un anticipo di Paradiso.
Il documentario comincia con le immagini dei pestaggi e le sparatorie fra ragazzi immortalate dai telegiornali di allora. Non mancano le rapine nelle case dei ricchi, il traffico di armi e di droga con ragazzini più armati della polizia federale e che nelle faide fra bande si trasformavano in assassini. La cronaca di allora parlava anche di Renè, entrato e uscito dal carcere più volte e capo di una delle più grosse gang della città, la Latin Syndicate composta da ben 300 affiliati. “Ti porto nel viaggio della mia vita”, spiega Renè nel documentario. Lui che dovrebbe essere morto o in prigione: “Sono andato spesso in prigione, la mia vita era un inferno, sono quasi morto in diverse occasioni, ma per qualche motivo sono qui e devo essere stato scelto”. Scelto dopo un abisso di male commesso, dopo aver alimentato per anni, ogni giorno, una violenza dalle conseguenze incalcolabili? A rispondere è la sua mamma, che ricorda quando a 14 anni il figlio rischiò la vita, finendo in coma dopo un incidente causato da una fuga dalla polizia: “Mi dissero che sarebbe potuto morire, quel giorno capii in che cosa si era infilato mio figlio”, che, spiega lui, risvegliatosi “avevo la faccia distrutta, le ossa distrutte, ero in carrozzina e non sapevo se avrei mai più camminato”.
Insomma, il ragazzino era “vivo per miracolo” secondo la madre, ma “non imparai da questo fatto”, aggiunge Renè, che ignorò così il primo tentativo di Dio di salvarlo. “Quando mi alzai tornai in strada”, facendo carriera nella malavita in cui rimase per ben ventitre anni, che coincisero con quelli di preghiere della madre per la sua conversione, ma per cui “io pensavo fosse pazza.”
Quale disagio portava in strada tanti giovani e quale ribellione poteva rendere un ragazzino tanto forte da diventare un leader rispettato dai peggiori criminali di Miami, lo spiega sempre la madre: “Quando nacque era un giorno bellissimo, erano le 4 del pomeriggio, ero al Jackson Memorial Hospital di Miami, quando aveva quattro anni era un bambino stupendo… ma crebbe con la nonna che si prendeva cura di lui.”.
Infatti, la giovane madre ventenne fuggita da un partner violento era decisa a non perdere quello che le luci della Miami di quegli anni offriva ai giovani: “Il mio pensiero erano le belle macchine, erano gli anni ’80 a Miami che diventava sempre più agitata dalla droga per le strade, dai soldi che giravano… tutto ciò era parte della mia vita che spendevo così invece che stare con mio figlio… la mia priorità era lavorare per fare soldi e andare alle feste.”.
Pochi anni dopo la droga, i soldi e il sesso avrebbero alimentato la criminalità e le gang che resero la città la capitale degli omicidi degli Stati Uniti. Spiega Renè: “Ricordo che da piccolo vedevo queste immagini in tv (delle gang, nota di chi traduce). Il mio papà non c’era, la mia mamma si preoccupava delle feste.” Un vuoto che rendeva quelle immagini un riempitivo pericolosissimo. Soprattutto quando la situazione peggiorò con la madre che cominciò a seguire lo spiritismo per cui “una volta sacrificò gli animali, lo faceva insieme ad altre persone, facevano cose da streghe. Mi ricordo che avevo cinque anni, quando fui cosparso di sangue di animali sacrificali: quel giorno cominciai a vedere i demoni” che “presero il comando della mia vita”.
La donna ricorda il figlio “spaventato a morte dai rituali, ma questa era la mia religione.” Solo ora Renè, che fu ammesso nella Latin Syndicate gang la notte di Halloween, ha capito che sua madre “giocava con il diavolo.” Inoltre, la donna, senza casa, aprì una videoteca che diventò di fatto la loro dimora: «Mi vergognavo di dire che non avevo una vera casa», spiega lui. Ma il piccolo non aveva ancora visto il peggio. Un giorno, mentre il figlio è in strada, la donna cerca di uccidersi: “Renè arrivò e mi vide… chiamò l’ambulanza…”.
La madre si salvò e grazie ad una persona vicina a lei si convertì al cristianesimo, cominciando a chiedere lo stesso per il figlio. “Gesù Cristo mi toccò e mi rese nuova – spiega lei – non avevo fatto nulla, ma con le dipendenze che avevo (alcool e droga, ndr) non pensavo ci fosse più pace per me.”.
Renè invece ricorda le scuole superiori della città piene di affiliati alle gang, per cui “c’erano molti omicidi davanti alle scuole” e “molti amici morti.” In quegli anni la Latin Syndicate gang diventava la più nota e temuta di Miami, tanto che non era facile avere i requisiti per essere accettati, ma quando il suo leader fu condannato a 12 anni di carcere, “il capo divenni io.” Così all’inizio degli anni ’90, il nome di Renè, noto come “Level”, sarà spesso sulla bocca della polizia, come spiegano alcuni agenti intervistati nel documentario.
“Quando avevo 17 anni – continua lui – feci un’alleanza con un’altra banda… C’erano regole e se uno non le rispettava veniva puntato.”. Un poliziotto racconta che “ricevevamo telefonate dall’ospedale… spesso la ragione per cui un ragazzo era lì era che aveva cercato di uscire dalla gang ed era stato pestato così duramente da finire in ospedale.”.
La voce della mamma di Renè si rompe ricordando che “la maggioranza dei suoi amici sono morti, altri sono in carrozzina e il resto è in carcere a vita.”. Sì, conferma l’ex delinquente, “sono tutti andati, questa è la vita in una gang, non c’è futuro”, perciò quando gli nacque una figlia “cominciai a rallentare, aprii una barbieria “, ma senza lasciare davvero la strada: “Ero così cieco che non vedevo che la vita poteva essermi portata via all’istante.” Ma Dio non aveva mai mollato il ragazzo, anche se alla madre, che però non smetteva di sperare nonostante il figlio peggiorasse, non doveva apparire proprio così. Invece sì, conferma Renè, “Dio aveva posto una grazia straordinaria su di me”, anche se ancora non si vedeva.
Agli inizi degli anni 2000, infatti, l’uomo cominciò a combattere in strada, “perché era l’unico modo con cui fare soldi velocemente” e la sua furia diabolica era tale che non c’era avversario che potesse tenergli testa. Il che accrebbe la sua fama fino a raggiungere il mondo della lotta professionale (MMA), aprendogli le porte all’industria della gang music, che poi avrebbe realizzato essere una “musica che aveva una grande influenza demoniaca.” Renè lascia lo street fighting (combattenti di strada) con oltre 400 combattimenti alle spalle e nessuna sconfitta per andare a sfidare e battere in Nicaragua il tre volte campione mondiale di MMA. Diversi allenatori professionisti raccontano nel documentario che: “Avevo sentito parlare di lui già nel 2012… è fortissimo, non molla mai, è dedicato, ma di sicuro non è quello che si può definire un ragazzo amichevole.”.
Come combattente professionista, Level si conquisterà il rispetto del pubblico nazionale e internazionale. Eppure, ricordando la vittoria in Nicaragua, l’uomo oggi chiarisce che “ci tornerò di nuovo…ma questa volta con una nuova missione, per parlare al mondo di Gesù Cristo. Avrei voluto conoscere prima quello che so ora, ma Dio aveva un appuntamento con me e il tempo non era ancora arrivato. Allora il mio obiettivo erano la fama e i soldi ma ero vuoto dentro.”. E quel vuoto che sentiva da piccino se fu la causa della sua perdizione, sarà poi la salvezza di Renè che “a volte mi guardavo allo specchio e mi pareva di vedere un demone.”.
È sempre quel vuoto, infatti, che gli permise di prestare attenzione, di seguire quella voce che gli parlò mentre stava componendo gang music. Accadde all’improvviso, con una rivelazione diretta, come a ricordare che davvero per Dio mille anni sono come un giorno e come capita nelle storie più incredibili di conversione in cui c’è una “santa madre” che non smette di pregare per decenni: “Dio mi disse che mi aveva risparmiato per tempi come questi.”
Era il 2013 e in quel momento “vidi tutta la mia vita in un flash davanti ai miei occhi, quando una pistola mi fu puntata all’orecchio, sono quasi morto almeno cinque o sei volte. E (vidi) tutti i miei amici che erano morti. Dio mi stava liberando per una ragione. Perché mi pentissi in quel momento.”. Renè poteva dire di “no”, ma quel pieno d’Amore dopo anni di vuoto lo fece capitolare, per cui si arrese istantaneamente e del tutto a Cristo.
Più tardi la notizia della morte di un bambino di 6 anni per mano di una banda gli fece capire come Dio lo stava chiamando: “Voleva che raggiungessi ogni comunità per parlare di Gesù.”. Così Rene ha cominciato a fare quello che nessun altro avrebbe potuto fare senza la grazia di Dio: avvicinarsi ai luoghi della malavita, andare nelle tane delle bande e nei quartieri più poveri di Miami, senza la paura che avrebbe qualsiasi altra persona e girare le prigioni, annunciando Cristo, chiedendo il pentimento e battezzando. I frutti di questo apostolato sono enormi perché proprio grazie al suo passato Renè è credibile, tanto da convertire decine e decine di persone convinte che per loro non ci sia perdono possibile. Altri ex compagni di banda, hanno seguito Renè, mutando il loro tipo di lotta e facendosi chiamare la Jesu’s Army. “Il mio messaggio è di pentimento, chiedo a Dio di continuare ad usarmi e consumarmi per la Sua causa. La mia missione è di annunciare che se Dio ha fatto questo con me può farlo con chiunque, qualsiasi sia il suo background (il suo fondo).”
Così oggi l’ex capo banda fa pregare la gente e i bambini dei quartieri poveri, incontrando delinquenti e prostitute senza scandalo, perché quello è il mondo in cui è cresciuto e dove Dio è andato a riprenderselo. Alla fine del documentario si vede un uomo dalla stazza enorme, completamente tatuato, mentre commosso parla così: “Grazie Gesù che ti ho incontrato prima che fosse troppo tardi.” Perché, ricorda Renè a tutti, “qualsiasi sia la situazione che stai passando, per quanto la vita sia dura, c’è una via d’uscita. Perché ci sono molte persone che non si sono svegliate oggi o che stanno morendo in questo istante e tu hai la possibilità di uscire dalle tenebre ora e di servire il Signore Gesù.”.
È così che l’ex lottatore vuole spendere il resto della sua vita, facendo qualcosa di profondamente Cristiano ma che tanti convertiti hanno dimenticato: evangelizzare il mondo, chiedendo il pentimento e il cambiamento della vita, annunciando che Cristo è vivo e che può perdonare e portare grazia ad ogni uomo, anche al peggior criminale. Perché da quando Dio è andato in Croce non c’è male che non possa vincere, usando la forza del maligno a suo vantaggio per far sovrabbondare la sua grazia.
Francesco La Manna