Rep. Centrafricana: l’oblio della violenza

C_4_articolo_2018558_upiImagepp

C_4_articolo_2018558_upiImageppUn bambino al giorno ucciso o mutilato dalla guerra civile in atto. Rifugiati in fuga. Un paese e una comunità cristiana violentati. Continua la spirale di violenza tra ex-Seleka e anti-Balaka, mentre il paese scivola nel caos nonostante l’intervento militare internazionale. Porte Aperte aiuta con beni di prima necessità e cura dei traumi
Ieri le milizie ex-Seleka e un gruppo di musulmani armati hanno attaccato e ucciso decine di persone a Bambari (città della Repubblica Centrafricana), entrando nel compound della Chiesa Cattolica di San Giuseppe dove sono rifugiate dalle 4 alle 6 mila persone in fuga dalle violenze. Questo paese è schizzato al 16° posto della WWList, la lista dei paesi dove esiste la persecuzione, a causa della guerra civile in atto e dall’anarchia in cui è scivolato da ormai un anno e mezzo.

Il vortice di violenze efferate innescato dalla rivolta dei Seleka e oggi alimentato da queste milizie islamiche (ex Seleka, appoggiate da musulmani locali) e dai gruppi di difesa anti-Balaka (nati a suo tempo per respingere le aggressioni dei Seleka e poi degenerati in vendicatori a danno delle comunità musulmane) stanno letteralmente devastando la popolazione. L’UNICEF parla di un bambino al giorno ucciso o mutilato dalla guerra civile in atto, oltre che mezzo milione di rifugiati interni (in fuga dalle violenze, come quelli nella Chiesa di San Giuseppe) e circa 350.000 persone già fuggite all’esterno (soprattutto nei vicini Camerun, Ciad e Rep. Congo).

Ciò che accade è poco seguito e compreso dall’opinione pubblica internazionale, basti pensare all’erronea rappresentazione che in genere i media hanno dato di questi anti-Balaka, definendoli un’organizzazione cristiana solo perché nati in risposta alle violenze dei Seleka (islamici radicali) anche contro le comunità cristiane. In realtà gli anti-Balaka non sono un’organizzazione cristiana (come abbiamo spiegato nel nostro Dossier di approfondimento di marzo 2014), ma ex soldati (gente che ha preso le distanze dai Seleka, quindi anche islamici e animisti), oltre che gruppi armati di contadini.

Il progetto di islamizzazione forzata del paese (o almeno del nord) dei Seleka è in parte fallito, ma la spirale di attacchi e reazioni non è finita e il caos regna in alcune zone con un allarmante vuoto di potere dello stato. Le forze militari internazionali in campo (MISCA, su mandato ONU) non riescono a contenere la situazione. Nella strada tra Ngakobo e Bambari un pastore e il suo accompagnatore sono stati rapiti e uccisi pochi giorni fa da ex-Seleka in cerca di cristiani da uccidere. Una decina di giorni fa, almeno 43 persone sono state uccise in scontri avviati dagli anti-Balaka contro una comunità musulmana Fulani nei pressi di Bambari, a cui è seguita la reazione di milizie ex-Seleka e gruppi armati musulmani. E la lista di atrocità potrebbe continuare.

In mezzo a questa follia sopravvive la comunità cristiana (la maggioranza della popolazione, divisi tra cattolici e protestanti), a cui Porte Aperte presta aiuto in vari modi soprattutto a Bangui (capitale) e Bossangoa. Siamo impegnati nello stoccaggio e distribuzione di beni di prima necessità, oltre che in cura dei traumi. A proposito di questo ciò che hanno trovato i nostri team di supporto è semplicemente inumano: donne (anche giovanissime) brutalmente violentate, vedove, orfani e famiglie devastate.

Fonte: https://www.porteaperteitalia.org/

Ti è piaciuto l'articolo? Sostienici con un "Mi Piace" qui sotto nella nostra pagina Facebook