“Ricordati di Gesù, Grida a Gesù”.

La Testimonianza di Giovanni Migliori e parte di suo fratello Lello.

Mi chiamo Giovanni Migliori, ho 56 anni e voglio raccontarvi la mia testimonianza.

Sono nato a Napoli in un quartiere malfamato, pieno di droga e camorra. Eravamo 11 figli e mio padre era disoccupato. Nonostante lui non lavorasse, non ha fatto mai nulla d’illecito. Era un uomo onesto, ma soffriva di depressione, d’ansia e di altri disturbi perché si sentiva in colpa perché non riusciva a portare avanti la famiglia. Io e alcuni miei fratelli prendemmo la strada della delinquenza, perché desideravamo fare soldi per avere la possibilità di aiutare la nostra famiglia da quel degrado di povertà. Questo era il sogno del 90 % dei ragazzi del quartiere in cui vivevamo. Quasi nessuno di noi ha frequentato la scuola, io mi sono fermato alla prima elementare, qualcuno alla seconda o alla terza, l’unica scuola per noi è stata l’università della strada. Quando da piccolo, andavamo a trovare i miei fratelli con mia madre nel carcere di Poggioreale, io sentivo il desiderio di diventare come loro, infatti da ragazzino fui arrestato e portato al riformatorio, poi nel carcere minorile dei Filangieri e alla fine mi ritrovai nei carceri per adulti.

Passavo le giornate sul lungomare di Napoli, mangiando quello che i turisti lasciavano nei piatti e rubando anche le posate,
Crescvo nella delinquenza minorile, commettendo furti e scippi.
Nel 1979 arrivò a Napoli il boom dell’eroina. In poco tempo siamo diventati tutti tossicodipendenti, anche tre dei miei fratelli più grandi caddero in questa piaga satanica. Poi, fu il mio turno, la usavo, la spacciavo e la trasportavo da un quartiere all’altro.
In questo calvario lungo 10 anni, ho visto morire di overdose tanti amici ed io stesso ne ebbi 5 senza però morire. Ero un miracolato perché ne uscivo sempre vivo, ma i miei migliori amici morivano uno dietro l’altro, ogni giorno c’era la notizia che era morto Tizio o Caio… ma noi, i sopravvissuti, non smettevamo di farne a meno. Spesso, quando la polizia ci arrestava, per noi era una salvezza, perché in carcere smettevamo di drogarci e ci riprendavamo sia fisicamente che mentalmente. In carcere, veniva a trovarci solo mia madre e mio fratello Enzo che è morto di overdose, mentre mio padre non è mai venuto per la vergogna ed il disonore. Nella famiglia di mio padre mai nessuno aveva avuto a che fare con la legge. Una volta fuori dalla prigione, riprendevamo a drogarci e vivevamo di scippi, rapine ed altro per ottenere i soldi per la droga.
Dal 1980 abitavamo a Secondigliano, nelle famose Vele, dove c’è un degrado indescrivibile; c’era la camorra per dividersi la droga e i clan che si facevano guerra per il territorio. Nel mia famiglia non c’era nessun tipo di religione, si andava in chiesa solo per due motivi: per i matrimoni e per i funerali. Durante l’ultima carcerazione a Napoli, in una visita di mia madre, mi disse che mio fratello Lello era diventato come un prete, in quel momento non dieti importanza a quelle parole. (Lui era nel giro della droga, in un sistema da cui era difficile uscirne, ma Dio lo aiutò a disfarsi di quel sistema). Nel 1989 dopo 3 anni e 8 mesi uscii dal carcere di Poggioreale, ed erano trascorsi tre giorni, la sera uscendo di casa vidi un uomo in ginocchio fuori l’uscio e, inizialmente pensai fosse un drogato in estasi, invece era mi fratello Lello che era in ginocchio, ed era venuto a trovarmi da Bari non appena saputo che ero uscito dal carcere. Appena lo vidi ci abbracciammo e ci rallegrammo insieme perché erano anni che non ci vedevamo.

Quando gli chiesi cosa facesse a terra, inginocchiato, mi rispose che stava pregando Gesù. Io, a causa della troppa ignoranza, non ricordavo nemmeno chi fosse Gesù. Mio fratello era venuto da Bari per parlarmi della salvezza in Cristo. Quando iniziai a guardarlo rimasi stupito, aveva un viso così gioioso e raggiante, pensai che fosse la gioia che mi aveva visto, invece era per l’incontro che aveva avuto con Gesù. Mi raccontò di come Dio aveva mandato Gesù in terra per morire per noi, che Gesù ci lava da tutta la malvagità che abbiamo dentro ed era morto su di una Croce per darci vita eterna. Mio fratello doveva dare tanti soldi al sistema delinquenziale ma non li aveva e cercavano di ucciderlo. Mi raccontò di aver incontrato una donna che gli aveva parlato di Gesù, ma lui inizialmente non gli interessava. Poi, preso dalla paura decise di andare da lei che, insieme ad altri fratelli, gli dimostrarono un amore che nemmeno la mia famiglia gli aveva mai dimostrato. I miei familiari, purtroppo, avevano paura di ritorsioni, mentre queste persone sconosciute gli mostravano amore, gli offrirono un posto dove dormire, pregavano per lui in ogni momento della giornata. Ad un certo punto, mio fratello voleva andare via perché era in astinenza, ma loro lo trattenevano con tanta premura pregando con tanto ardore che Dio lo salvasse, mio fratello fu toccato nel cuore da quell’amore e si inginocchiò in mezzo a loro e disse: “Voi dite che veramente Gesù esiste. Allora Gesù se tu esisti aiutami, entra nella mia vita e fammi sentire la gioia della salvezza”. Un fuoco gli pervase tutto il corpo, sentì una gioia e una liberazione anche dall’astinenza. Si sentì salvato e provava una gioia enorme. Pianse di gioia insieme ai fratelli (Questo è il corpo di Cristo; questa è la Chiesa di Cristo. Nota di chi scrive). Allora venne da me perché voleva che Dio salvasse anche me e cominciò a dirmi che io dovevo cercare quello che lui ha trovato. I soldi, la ricchezza, il lusso non ti daranno mai la felicità, la gioia e un vero senso alla tua vita.
Solo Gesù ti dà un vero senso alla vita, può darti gioia è amore nel cuore. Io non credevo in Dio e, ad un certo punto, mi irritava anche sentirlo parlare. Ero appena uscito dal carcere, avevo scontato quasi 4 anni e avevo un cuore indurito e una sete di riscatto. Avevo già 9 anni di carcere, una voglia di rifarmi, di fare soldi e recuperare gli anni che avevo perso stando in carcere e, invece, mi ritrovavo davanti mio fratello che mi parlava di salvezza, di Dio e che Gesù salva. “Ma hai perso la testa? gli dissi “Ti hanno fatto un lavaggio del cervello?” All’improvviso vidi mio fratello piangere. “Ma allora davvero hai perso la testa?” “No”, disse mio fratello. “Guardami, io sono tuo fratello, tu sai quello che io ero, e proprio io tuo fratello verrei qui a casa tua a raccontarti bugie? Guardami adesso, Sono l’uomo più felice del mondo. Volevo morire, mi drogavo, mi sentivo emarginato e ho fatto tante brutte cose, ma poi è venuto Gesù e mi ha trasformato. Guardami, nel mio cuore c’è gioia, c’è amore, c’è pace. Mi sono sposato, ho un bambino. Sono venuto da Bari a Napoli per raccontarti frottole?”. Rimasi quasi stravolto nel vedere mio fratello più grande piangere; per noi le lacrime era un segno di debolezza e vedere mio fratello piangere e parlarmi di questo Gesù mi pietrificò. Lo lasciai parlare e, nel salutarci, lui mi disse: “Domani riparto per Bari, ricordati una cosa, che in qualsiasi momento di pericolo ti trovi… “grida a Gesù!!!”. Inoltre mio fratello mi annunciò la salvezza eterna ma anche le tenebre, l’inferno e la separazione da Dio se sarei morto nel peccato!

In carcere avevo fatto nuove amicizie con persone che come me non conoscevano la paura, iniziai a fare rapine a mano armata, insieme a loro. Iniziai a guadagnare tanti soldi, potevo comprare macchine, motociclette e quello che desideravo. L’eroina l’avevo abbandonata, adesso facevo uso di cocaina. La prima notte da quando mio fratello Lello mi parlò di Gesù, non riuscivo a dormire per tutte le cose che mi aveva detto, i giorni successivi cercavo di non pensare a quelle parole su Dio, ma, quando feci la prima rapina mi sentivo accusato, come se un peso forte mi schiacciasse, mi sentivo colpevole e davo la colpa a mio fratello. “Da quando è venuto quella sera a casa mi ha sconvolto la mente e la vita”. Cominciai ad avere tutte le sere crisi d’ansia ed iniziai a soffrire di depressione. Gesù, tramite mio fratello, aveva fatto breccia nella mia vita. Oltre alla cocaina ed il giro d’azzardo, cominciai a bere per far zittire quella voce. Era la voce di Dio che io rifiutavo, ma Dio aveva un piano nella ma vita, ma dovevo arrivare al culmine dei miei giorni altrimenti lo avrei sempre rifiutato. Mio fratello ed altri fratelli della sua comunità intercedevano per me. Quando si prega Dio seriamente e con il cuore aperto, Dio non può fare altro che operare. Volevo lasciare tutto, ma l’orgoglio me lo impediva. I soldi non mi avevano portato il benessere e la felicità come credevo e io continuavo a bere!
Cercavo di dare un senso alla mia vita, ma nulla e niente mi appagava, su insistenza di mia madre che mi diceva sempre di smettere con queste donne e di trovare una brava ragazza e sposarmi, pensai che forse avendo una moglie è dei figli avrebbe dato un senso alla mia vita, ma mi sbagliavo, perché anche sposandomi e avendo una figlia la mia vita non è cambiata, ho vissuto attimi di felicità ma dentro ero vuoto è mi facevo pena.

Il 12 dicembre del 1995 fu l’ultima rapina che feci. Il giorno prima sentivo un presentimento nel mio cuore e cercavo un pretesto per non partire, ma alla fine dovetti andare. Si fece una rapina ha un laboratorio orafo ma ci fu una soffiata e la zona era circondata dalle forze dell’ordine, dopo la rapina non c’era via di scampo.
Quell’arresto fu per me liberatorio perché non sapevo dire basta a quella vita che per me era diventata un incubo. Si fece il processo per direttissima. Fui condannato a 10 anni per la rapina, altri 4 per le auto rubate e altri 6 per rapine fatte in precedenza. In totale si mise su 20 anni di carcere in primo grado. In carcere la mia salute peggiorò; già nel 1980 ero stato ricoverato due volte al Cutugno (Ospedale di malattie infettive di Napoli). A causa della droga, avevo contratto prima un’epatite B delta e poi, dopo, l’epatite C cronica. La mia situazione fisica non mi preoccupava e non me ne interessavo perché ero certo che un giorno o l’altro, o un’overdose o una pallottola avrebbe messo fine alla mia vita. In carcere mi portarono in ospedale, ad Arezzo c’era un centro specializzato e, dopo una biopsia, constatarono che l’epatite C si era cronicizzata ed era arrivata al terzo stadio (il quarto stadio indica la cirrosi epatica). In quel tempo c’era l’interferone alfa di tre milioni di unità ed era l’unica cura sperimentale sul mercato mondiale. Iniziai ad assumere l’interferone che portava degli effetti collaterali devastanti, come ad esempio febbre alta, infatti mi davano due Tachipirine prima di iniettarmelo. Dopo sei mesi di trattamento, non si era giunti a dei miglioramenti. Provarono il trattamento da 5 milioni di unità molto più forte ma comunque non fecero effetto. Venne direttamente il Primario al carcere e mi dissero che per me non esistevano cure e che c’era da aspettare una nuova ricerca, ma nel frattempo mi toccava vivere come un vegetale.
Già soffrivo di ansia e depressione e mi davano Valium e altri tipi di psicofarmaci e quando il primario mi disse queste parole mi lasciai andare. In carcere avevo realizzato questo, avevo soldi, ma i soldi non mi servivano ad uscire dal carcere, nè a curarmi, nè a comprare un momento di pace! Mi permettevano di comprare tutto quello che volevo, inclusa la droga, così iniziai a drogarmi finché non fosse arrivata un’overdose ad uccidermi. Mentre facevamo uso di droga in carcere, dopo sei mesi, di notte fui prelevato insieme ad un mio amico da alcune guardie (questo mio amico, in seguito è stato ucciso mentre faceva una rapina) e ci portarono nelle celle di isolamento, intercettarono chi ci passava la droga e arrestarono anche lui. Mentre aspettavamo che ci portassero in un carcere di isolamento, una sera sprofondai in una profonda depressione, desideravo la morte, avevo stati d’ansia e di panico, non volevo vedere più nessuno, nemmeno la mia famiglia. Mi separai da mia moglie, non volevo vedere più mia figlia perché ogni volta che mi vedeva ai colloqui piangeva. Allontanai tutti da me, ero ormai malato, sottopeso e sentivo ormai che la mia vita stava scivolando via. Una sera mi volevo suicidare, ma in quella cella era impossibile. Pure la guardia quando passava deve aver pensato: “Ma quando muore questo così c’è lo togliamo dai piedi a questa mela marcia”. Per la giustizia la mia vita era una mela marcia, un peso per la società. Mentre piangevo, seduto a terra, mi passavano davanti tutta la mia famiglia, il dolore che io avrei arrecato a loro con la mia morte, pensavo a mia figlia, a mia madre e poi d’improvviso vidi il volto di mio fratello Lello e mi ricordai di tutto quello che lui mi aveva detto. “Ricordati di Gesù, Grida a Gesù” senza rendermene conto mi ritrovai in ginocchio a piangere, alzai la testa e c’era una piccola grata dove si vedeva un pò di cielo. Mi rivolsi a Gesù e dissi: “Ma Tu veramente esisti? Veramente hai salvato mio fratello, come lui mi ha raccontato? Se è vero Ti prego salva anche me”. In lacrime invocavo il Suo perdono… ho vissuto tutta la mia vita nel male. “Se è vero che mi stai ascoltando, Ti prego salvami”. Non dissi più nulla, ma piangevo come un bambino, non riuscivo a trattenere le lacrime. Abbandonai il mio io, il mio orgoglio, e mentre piangevo, sentii qualcosa che entrò in me e sentii una pace ed una gioia in me. Sentii come se un fardello che da anni portavo dentro al petto e mi tormentava, era il peso dei miei trent’anni vissuti nel fare il male, quel peso cadde dalla mia anima e mi sentii leggero (questo è affidarsi, avere fiducia, avere fede in Dio. Nota di chi scrive). Mi rialzai dal suolo, mi asciugai le lacrime e non capivo ancora il perché di quello stato di benessere.

Mi misi a letto e guardavo il cielo e, mentre pensavo a tutto quello che mi era capitato, mi addormentai. La mattina mi svegliai e domandai alla guardia l’ora, e quando mi disse che ora era, capii che avevo dormito dieci ore. Io non dormivo più di 2-3 ore a notte! Vidi il bicchiere delle 50 gocce di Valium da prendere 3 volte al giorno e le sei pillole per la depressione, l’ansia e gli attacchi di panico, sentivo una pace dentro di me che decisi di non prendere più nulla. Il Signore mi aveva liberato! Gloria a Dio! Poi avvenne il trasferimento a Pisa e, come da prassi, mi fecero tutte le analisi di controllo. Il medico, mi chiese se avessi avuto bisogno del valium o di altre pillole per la depressione, ma io spiegai di non averne più bisogno. Lui si meravigliò visto le dosi massicce assunte fino a quel momento. Poi mi chiese se avessi fatto qualche altra cura al fegato visto che, guardando la cartella clinica, avevano notato che l’interferone non aveva fatto nessuno effetto e che la cura era stata sospesa. Dagli esami appena fatti però, non risultava più un fegato malato con tutti i valori sballati, i valori erano rientrati nella norma. La mia risposta fu: “No dottore, le dico la verità, quando ero all’isolamento ho fatto una cosa che mi aveva detto di fare mio fratello: quando sei in pericolo di vita “Grida a Gesù” e lui opererà nella tua vita”. Il dottore stupito ed esterrefatto mi disse: “Allora continui a gridare a Gesù per la sua vita”.

Da quel momento è cambiato tutto, non sentivo più il peso del carcere ma mi sentivo libero. Non avevo più il peso del peccato! Gesù quella notte aveva rotto le sbarre del peccato e mi aveva liberato. Ero un prigioniero libero in una prigione. Milioni di persone sono libere nel mondo, ma prigioniere dei loro peccati. Poi, un giorno, mio fratello mi venne a trovare nel carcere di Pisa, erano anni che non ci vedevamo. Gli raccontai tutto di quello che mi era successo e di quello che aveva fatto Gesù è insieme gioimmo e pregammo Dio. Mi portò una Bibbia e mi disse di leggere i Vangeli. Divorai le pagine di quel libro fatto Vivente dallo Spirito Santo. Quando andai alla Corte d’assise di Firenze, il giudice chiese di confermare ciò che era scritto agli atti, mi alzai e cominciai a testimoniare di quello che Gesù aveva fatto nella mia vita, gli dissi tutti i miracoli che Dio aveva fatto in me. Lo dissi con una gioia e una pace nel cuore e mi sentivo l’uomo più felice della Terra. Mi ridussero la pena di 11 anni di carcere, e dei rimanenti 8 anni e sei mesi nei feci solo 3 anni e mezzo in carcere, mentre il resto li scontai fuori a lavorare.

“Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Matteo 6:33).

Il 5 di aprile del 2007 il Signore mi battezzo co Lo Spirito Santo. Dio è Grande.
Dio è potente ma è anche un Dio fedele che ha risposto alle preghiere fatte con il cuore e in modo insistente dal fratello maggiore. Questo deve invitarci a pregare e a non fermarci mai, soprattutto, ad essere persone decise. Lello fece 300 km per arrivare a Napoli, si inginocchiò fuori la sua casa e pregò senza badare alle altre persone. Questa è fede e Dio risponde a chi gli è fedele. Amen!
Testimonianza trascritta da un video di vasi di terra allo scritto da:
Ferrentino Francesco La Manna

https://www.facebook.com/storiedifedevissute.blogspot.it

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