Sappiamo curarci con la natura per amare Dio?

Sappiamo tutti che l’uomo di oggi ha sempre più gli occhi puntati sul display di uno Smart phon o di un computer. Sappiamo tutti che l’orientamento di oggi è il virtuale e la dimensione interiore della riflessione, dell’esame di coscienza, della preghiera lascia sempre più posto all’osservazione esterna. Non ci sorprende che l’orientamento di oggi è il vivere tutti come in una sorta di grande fratello, dove tutti spiano tutti. Ci si chiede quale spazio interiore? Quale dimensione personale per riflettere, sulla prima e insindacabile domanda che passa nella frase introspettiva: “ed io chi sono(P. Riccardi., “Ogni vita è una vocazione, per un ritrovato benessere” ed. cittadella 2014). La vita vera, autentica, responsabile passa proprio attraverso questa auto domanda. La bibbia è carica di esempi in proposito. Ogni qual volta il Signore affida una missione, scatta inesorabile il dubbio del profeta. Si legge dall’esodo della missione affidata a Mosè: «Ora và! Io ti mando dal faraone. Fà uscire dall’Egitto il mio popolo, gli Israeliti!. Mosè disse a Dio: «Chi sono io per andare dal faraone e per far uscire dall’Egitto gli Israeliti?». Si legge il dubbio, la paura, il timore di non riuscire al compito affidatogli. Proprio come succede a noi in tante situazioni. Abbiamo paura e deleghiamo, chiudiamo gli occhi ma soprattutto ci rendiamo incapaci, solo perché non abbiamo fiducia in noi e in Dio. E’ sorprendete la risposta del Signore a Mosè: Rispose: “Io sarò con te. Eccoti il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai fatto uscire il popolo dall’Egitto, servirete Dio su questo monte“. (Esodo 3, 9-12). La fiducia del sapere che non si è mai soli presuppone l’osservare il segno dentro di noi, presuppone quel processo, che noi psicoterapeuti chiamiamo introspezione. Purtroppo una cultura troppo esternalizzante ci spinge all’extra, al guardare fuori, o meglio a guardare sul monitor i vari social dove fa presa l’altro e il suo apparire. Come psicoterapeuta cristiano devo ammettere che le molte lamentele dei pazienti sono rivolti ad una assenza di relazioni, ad un silenzio patologico, ad un conflitto dove la presenza c’è ma solo fisica. Mi riferisco a quelle situazioni in cui pur stando insieme ognuno è preso dal suo Smart phon per scrutare e per leggere il suo messaggino di arrivo. Non abbiamo timore di affermare che stiamo assistendo ad un vero e proprio processo patologico che i filosofi hanno definito solipsismo. Si tratta di individualismo esasperato, per cui ogni interesse è accentrato su di sé. Così si finisce per camminare ad occhi bassi e si rischia, così facendo di non scorgere gli ostacoli davanti a noi. Non abbiamo timore di guardare in alto e in lungo. Se in alto ci è difficile perché non comprendiamo il senso dello spirituale, allora guardiamo in lungo, dove la natura, dove il tramonto, dove un prato verde ha ancora la sua importanza di riflessione. Non è un caso che lo psicoanalista Freud consigliava alla principessa Marie Bonaparte, per rilassarsi dalle sue nevrosi, di osservare e camminare nel verde dei prati. Ed è più significativo Gesù, quando consiglia di osservare i gigli dei campi e riflettere di come la natura ci grazia di tante bellezze: «Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? … Eppure io vi dico … se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? Non affannatevi … Matteo 6, 25-34).

Quale insegnamento di Gesù? Un invito al benessere (P. Riccardi Psicoterapia del cuore e beatitudini ed cittadella 2018) che passa attraverso l’umiltà di quanta grazia vi è nella natura e di quanto potere interiore vi è nella riflessione delle opere. Ma l’uomo di oggi rischia di confondere il tecnologico con la natura.

Pasquale Riccardi

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