Saremo simili a Lui

Phonto (1)di MW. B. RILEY | Paolo scrisse: “Ma dirà qualcuno: Come risuscitano i morti, e con quale corpo verranno? Stolto! Quello che tu semini non è vivificato, se prima non muore.  E quanto a quello che semini, tu non semini il corpo che ha da nascere, ma un granello ignudo, che può essere di frumento o di qualche altro seme. E Dio gli dà un corpo come ha stabilito, e a ciascun seme dà il suo proprio corpo..” (1 Cor. 15:35-38)  –  In queste pa­role abbiamo prima:

UNA ILLUSTRAZIONE

Questa illustrazione ci è data dai campi di frumento, dove il contadino seppellisce la vi­ta stessa, confidando di vederla venir fuori in  modo meraviglioso. Forse egli non sa spiegarsi il processo della maggior abbondan­za di vita che ottiene attraverso il seppellimento; ma la constatazione che quel processo esista, lo porta a seppellire il seme nella ter­ra e ad aspettare con fiducia il frutto che verrà.

La primavera non è una risurrezione, è un risveglio. Gli alberi dormono durante l’inver­no, e si svegliano, o sono ravvivati, con il ritorno della primavera: ma se qualcuno di essi è totalmente morto durante l’inverno, la primavera non gli porterà vita alcuna; anzi gli sarà causa di decomposizione.

Questa è un esatta illustrazione della vita che viene dalla tomba; perché il seme fu sep­pellito, e Dio, secondo i preordinamenti della Sua sapienza, ha stabilito che una nuo­va vita sorgesse dalla terra, e che un nuovo granello succedesse a quello che era stato se­minato.

UNA INDIVIDUALITÀ’

L’Apostolo dice: “…e Dio gli dà un corpo secondo che l’ha stabilito; e ad ogni seme, il proprio corpo” (v. 38).

In quale modo meraviglioso, con questa sen­tenza, l’apostolo risponde alla domanda an­gosciosa dei fedeli che hanno perduto i loro congiunti: “Riconoscerò i miei cari nella vi­ta futura?”. Osservate il testo e deducete da esso la risposta. “Certamente, perché ad ogni seme è dato il suo proprio corpo”. Non il cor­po di un altro, ma il suo proprio corpo.

L’individualità sarà preservata attraverso questo processo di seppellimento e di resur­rezione. Ora, qualche professore cavilloso po­trebbe dire: “Irrazionale; impossibile! Non sapete, signor mio, che quando il corpo è sep­pellito si decompone in gas e in un piccolis­simo deposito di ossa, e che sarebbe impossi­bile per quelle particelle di tornare nuovamen­te insieme? Alcune di essi si mischiano con la terra che le circonda, altre, come dice Roger Williams, potrebbero essere raggiunte dalle radici di un albero ed essere cambiate in cor­teccia, legno o foglie. Come può dunque essere mai risuscitato il corpo individuale e le sue particelle essere nuovamente radunate? “.

Due o tre risposte possono essere date a questa obiezione. Prima di tutto, ogni cosa è possi­bile a Dio. Egli radunò queste particelle la prima volta e ne raccolse alcune da vegetali morti, altre da animali morti ed altre ancora da minerali morti; Egli può farlo nuovamente, se lo desidera.

Ma per andare incontro alla ragione con la ragione, ricordiamo al nostro critico che le particelle individuali che costituiscono il cor­po particolare di ogni uomo, in qualunque momento della sua vita, non costituiscono la sua individualità; egli può per una malat­tia perdere un terzo o la metà di quelle particelle, ma rimane lo stesso uomo.

Infatti uno può essere in perfetta salute e perdere tutte quelle particelle senza aver co­scienza di aver perduto alcunché. Quando studiavo in collegio, mi insegnarono che ogni sette anni ogni particella del corpo umano cambiava e veniva sostituita da un’altra. A quell’epoca ero in grado di computare quan­ti corpi avevo avuto; ma, grazie alle abituali incertezze degli scienziati, oggi essi mi dicono che ogni sette giorni le particelle della mia carne, delle mie ossa e del mio sangue si rinnovano, ed ho così perduto il conto, perché la mia matematica non è sufficiente a tenere questo conto; ma la mia personalità è rimasta indisturbata dopo tutti questi cambiamenti.

Quindi, se il mio corpo di resurrezione sarà nuovo in ogni sua particella, ma il mio spiri­to lo occuperà per sempre, esso sarà il MIO corpo.  Che grande consolazione! Quando incontre­rete vostra moglie nel mondo futuro, la rico­noscerete all’istante; riconoscerete vostro fi­glio, vostra figlia, vostro marito, il vostro amico.

Quella scrittrice di Milwaukee, che perse i suoi due piccini in un giorno per difterite e li vide seppellire nella stessa tomba, e che in seguito scrisse di un sogno o visione che ebbe, disse abbastanza scritturalmente:“E quando li rividi, essi erano ancora i miei pic­cini, i miei germogli, e come li vidi risplen­dere d’una maggiore somiglianza col loro Si­gnore!”.

Non è questo in accordo con quanto dice Giovanni : “Diletti, ora siamo figliuoli di Dio. e non è ancora reso manifesto quel che sare­mo. Sappiamo che quand’Egli sarà manife­stato saremo simili a Lui”? (1 Giovanni 3;2).

Quale conforto! Ma ci aspetta una consola­zione maggiore.

MIGLIORAMENTO

Nella risurrezione dei morti “è seminato corruttibile e risuscita, incorruttibile ; è semi­nato ignobile e risuscita glorioso; è seminato debole e risuscita potente; è seminato corpo naturale e risuscita corpo spirituale. Se c’è un corpo naturale c’è anche un corpo spirituale”.  (1 Cor. 15:42-44).

Com’è meraviglioso! Questo miglioramento è quadruplo: la vittoria dell’incorruttibile sul corruttibile; della gloria sul disonore; della potenza sulla debolezza; dello spirituale sul naturale.

Una volta annunciai questo tema come sog­getto di una conferenza biblica. Una donnina piuttosto brutta venne da me e mi disse: “Ci direte che avremo nuovamente i nostri cor­pi?”. “Si, signora”. “Allora non mi ferme­rò ad ascoltarvi”. “Davvero, e perché?”. “Perché”, rispose, “guardatemi; non vedete come sono brutta? Questo mio corpo non mi ha mai soddisfatto; è sempre stato deficiente e debole, e non lo voglio più”.

La mia risposta fu: “Sorella, non mancate di venire. Ho buone notizie per voi”. Essa venne presto e si sedette in prima fila, e quando cominciai a parlare del  “miglioramen­to” che sarebbe avvenuto nei nostri corpi e che li avrebbe portati alla perfezione, il suo volto brillò. Alla fine del sermone mi ringraziò  con grande effusione e se n’andò piena di allegrezza.

Quelli che credono alla Bibbia sanno che l’uomo originariamente era “all’immagine di Dio”. (Egli li creò all’immagine di Dio) ed è nostra gioia, la nostra somma gioia, il sapere che quell’immagine sarà nuovamente goduta da ognuno di noi.

L’uomo non è più fisicamente ciò che era. Seimila anni di peccato l’hanno storpiato, sfi­gurato, menomato al punto che ora nelle sue fattezze, anche se è il più nobile della sua specie, non vi sono che delle leggere tracce della sua gloria primitiva. Ma, grazie a Dio, secondo l’insegnamento di questo testo, con­fermato da molti altri, noi ritorneremo alla forma originale. Davide proclama in antici­po: “mi sazierò della Tua presenza quando mi risveglierò.” (Salmo 17:15)

Sia benedetto Dio, che i sudditi del Suo regno non saranno di carne e di sangue, ma corpi immortali ed incorruttibili; non sogget­ti alle tentazioni, né al peccato, né alla ma­lattia. né alla morte, ma vincitori di tutte queste cose. Né il peccato, né la morte avranno dominio sopra di essi.

IMMAGINE

Il primo uomo, tratto dalla terra, è terre­no: il secondo uomo è dal cielo. Quale è il terreno, tali sono anche i terreni; e quale è il celeste, tali saranno anche i celesti. E co­me abbiamo portato l’immagine del terreno, così porteremo anche l’immagine del celeste”.

Paolo in questa discussione si attiene stret­tamente alle vie della natura. Se uno doman­da che cosa voglia dire con “l’immagine del terrestre”  e  “l’immagine del celeste”, la risposta è pronta. Noi somigliamo alle per­sone che ci generano nella carne, e così por­tiamo l’immagine del terrestre. Normalmente il bambino somiglia alla madre o al padre, o a qualche altro antenato più remoto. Egli porta l’immagine del terrestre.

Ma noi siamo stati generati una seconda volta dallo Spirito Santo, all’immagine di Ge­sù Cristo, nostro Signore, immagine destinata ad essere una gloriosa perfezione. Noi saremo simili a Lui.

Certo, l’immagine perfetta sarà completa solo nell’ora della resurrezione, ma dovrebbe cominciare fin dalla rigenerazione.

Un bambino appena nato raramente somi­glia a qualcuno; ma un bambino di un anno comincia a manifestare una somiglianza; e, strano, quanto più vive, tanto più perfetta di­viene la somiglianza.

All’età di sessant’anni visitai la chiesa del mio paese dove avevo trascorso l’infanzia e dove non mi ero recato più da quarant’anni. Dei vecchi e delle vecchie sugli ottant’anni si raccolsero intorno a me, alla fine del servi­zio, e con i volti solcati di lacrime mi dis­sero, mentre guardavano i miei capelli grigi: “William, è proprio come se vostro padre fosse tornato in vita con noi in questa sacra assemblea”.

Una esperienza di parentela dovrebbe carat­terizzare tutti i credenti. Quanto più crescia­mo in grazia, tanto più dovremmo somigliare al nostro Signore.

Nel libro « Rivelazioni di una lunga vita » di Teodoro Cuyler, ci sono quattro fotografie dell’autore: una presa all’età di trentadue anni, quando era pastore della chiesa di Mar­ket Street a New York: alto, magro, intelli­gente e di aspetto compìto; una a cinquant’anni, nella pienezza della sua virilità; la ter­za a sessant’anni (la sua forza naturale non ancora scemata); la quarta a ottant’anni. Men­tre finivo di esaminare il quarto ritratto, fui costretto a dire: “Questo vecchio è il più bello dei quattro”. La sua testa canuta era real­mente una corona di gloria, e le linee addol­cite del suo volto marcavano la sua crescente somiglianza col suo Signore.

Questo dovrebbe essere il progresso dell’uo­mo spirituale, anche quando è nella carne: una somiglianza che troverà il  suo completamento alla venuta del Signore, e alla ri­surrezione del corpo del credente.

IMMORTALITÀ

“Ecco, io vi dico un mistero: non tutti morremo, ma tutti saremo mutati in un momento, in un batter d’occhio, al suono dell’ultima tromba; la tromba infatti suonerà, i morti risusciteranno incorruttibili e noi saremo mutati, poiché bisogna che questo corruttibile rivesta l’incorruttibilità e questo mortale rivesta l’immortalità. Così quando questo corruttibile avrà rivestito l’incorruttibilità e questo mortale avrà rivestito l’immortalità, allora sarà adempiuta la parola che fu scritta: La morte è stata inghiottita nella vittoria”. O morte dov’è il tuo dardo? O inferno, dov’è la tua vittoria? (1 Cor. 15:51-55).

Cristo nel Suo corpo risorto era carne ed ossa, ma senza sangue; cosi sarà dei figliuoli del regno quando verrà.

Ma lo stesso testo che così definisce il regno, fa differenza fra due classi — il mortale e, il corruttibile — il credente vivente e quello se­polto. Il primo, vivente alla Sua venuta, non dormirà, ma sarà cambiato in un momento da mortale in immortale; il morto, nello stes­so momento, sarà risuscitato ad incorruttibi­lità.

Queste due classi sono nuovamente menzio­nate da Paolo nella 1 Epistola ai Tessalonicesi, dove egli dice che i morti in Cristo ri­sorgeranno per i primi, e i viventi saranno tramutati e saranno rapiti insieme con loro nelle nuvole ad incontrare il Signore nell’aria. Allora il santo vivente potrà dire: “O morte dov’è il tuo dardo?” perché egli sa che non sarà mai soggetto ad essa. E il santo risu­scitato dirà :  “O sepolcro, dov’è la tua vitto­ria?”, poiché egli comprende che la tempo­ranea vittoria che ebbe la tomba è finita, ed egli è ora vincitore sopra di essa. “Sia rin­graziato Iddio che ci dà la vittoria per Gesù Cristo nostro Signore”.

ISPIRAZIONE

“Perciò, fratelli miei diletti state saldi, in­crollabili, abbondanti sempre nell’opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore”.

La conclusione di Paolo dell’intera questio­ne è logica. Se le cose primiere sono vere, qua­le ispirazione per la vita e per l’opera.

Alcuni anni fa ci fu un Pastore, mio vicino, che divenne vescovo; e una volta, nel dare un incarico ai pastori suoi dipendenti, li mi­se in guardia contro il premillenismo (il mes­saggio del prossimo ritorno di Cristo), di­cendo: “Io odio questa dottrina per tre ra­gioni: primo, perché è pessimista; secondo, perché disturba e divide il nostro popolo; ter­zo, perché «taglia i nervi» delle missioni “.

Sembra che Paolo non avesse fatto queste scoperte; spettava al vescovo di correggere le concezioni dell’apostolo. Sembra che Paolo stimasse questa dottrina ottimista, perché la chiamò “la beata speranza” (Tito 2:13).

Nemmeno capì l’apostolo che è un messag­gio che porta divisioni e disturbi, perché egli fa seguito alla dottrina del ritorno di Cristo e della risurrezione dei santi coll’ingiunzione “state saldi”. La nostra osservazione è che essa è il più fermo degli insegnamenti del Nuovo Testamento; e che gli incrollabili san­ti della terra sono quelli che la ritengono. E in quanto al suo  “tagliare i nervi” alle missioni, abbiamo notato che i più grandi mis­sionari che il mondo abbia mai visto, che i più grandi sforzi missionari che il mondo ab­bia mai conosciuto, e che i più grandi succes­si nei campi missionari, sono dovuti alla fede nel prossimo ritorno di Cristo.

Possiamo quindi essere perdonati se consen­tiamo con l’ispirato apostolo e dissentiamo dal vescovo lasciando l’ingiun­zione di Paolo ai suoi “diletti fratelli” quale loro ispirazione per ulteriori e più fervidi sforzi.

Fonte:  Risveglio Pentecostale

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