Scuola. Il sociologo Restivo: «Le conseguenze devastanti della Dad»

In questo lungo periodo di emergenza sanitaria, gli alunni di scuole di ogni ordine e grado sono stati sottoposti a continue e convulse maratone telematiche per inseguire, nel migliore dei modi, lezioni a distanza tramite internet, sulle diverse piattaforme digitali: parliamo non di ritagli di tempo, ma di giorni e giorni, ore e ore davanti a computer, cellulari e tablet di cui, da sempre, gli psicologi, hanno denunciato i pericoli legati all’abuso. E invece ora è diventata la normalità, anzi, a quanto pare, l’unico sistema di apprendimento dei nostri figli, finché non si prefigurano tempi migliori. Abbiamo chiesto un parere, su questo nuovo sistema di insegnamento che rischia di sostituire in buona parte quello tradizionale e che rischia di incentivare le ore che i nostri figli trascorrono, spesso completamente da soli, davanti al computer, al sociologo Giovanni Restivo, impegnato in un sondaggio sugli effetti fisici e psicologici di DAD e lockdown.

Con la DAD i bambini trascorrono molte più ore da soli davanti al pc, cosa ne pensa di questo nuovo sistema di apprendimento?

«In realtà in Italia, abbiamo la fortuna di aver avuto una DAD dettata dalla necessità del momento. Quindi, fortunatamente, tramite le piattaforme digitali, abbiamo supplito ad una situazione di carenza della possibilità di poterci incontrare in un luogo chiuso, grazie a questa metodologia comunicativa. In realtà, questo tipo di comunicazione, toglie molto al bambino o al giovane, perché, di fatto, non ha modo di approcciare il tema attraverso l’esempio. Sin da primo vagito, noi conosciamo il mondo attraverso gli occhi dei nostri genitori. Quindi noi conosciamo il mondo osservando. Osserviamo in prima battuta i nostri genitori, poi i nostri insegnanti, poi i nostri miti, quando siamo adolescenti, mentre con la DAD l’esempio noi lo perdiamo. Perché l’esempio è fatto da un’azione, da un’inflessione gergale della voce, da un’espressione del viso, da elementi che condizionano colui che ci osserva e fanno così che possa essere trasferito un insegnamento anziché non. In altri paesi europei la DAD è gestita da un’intelligenza artificiale che, a sua volta bypassa un altro elemento che è quello del docente, dell’insegnante. L’intelligenza artificiale, potrebbe trovare parole più adatte per spiegare un concetto e quindi, a livello di insegnamento soltanto intellettuale, potrebbe essere efficace ed efficiente, ma dal punto di vista esperienziale no, perché il docente è persona. L’insegnamento, infatti, è essenzialmente una relazione tra colui che insegna e colui che apprende: infatti l’insegnante, in base ai feedback che riceve dalla sua classe, assumerà un atteggiamento diverso. L’intelligenza artificiale anche se ricevesse dei feedback, lo farebbe da dei feedback relazionali, umani, che sono molto variopinti, interpretabili. L’intelligenza artificiale va a sostituire un elemento insostituibile nella strutturazione dell’individuo. Cosa si verrebbe a perdere? Alcune forme di struttura di cui l’individuo sarebbe deprivato e, nel momento in cui si trova ad affrontare i temi del mondo, non risulterebbe così formato, rispetto a quello che il mondo e la vita chiedono. La DAD elimina anche il luogo fisico che è la scuola, come elemento di socializzazione»

La DAD ha avuto effetto solo sugli alunni o anche sugli insegnanti?

«Su entrambi, sicuramente. Anche se io vedo un’opportunità anche di formazione positiva sugli adulti, il problema è come la contestualizziamo. Ad esempio, per i ragazzi connettersi perone di altre culture, con ragazzi di altre nazionalità, può essere produttivo, ma se limitato nel tempo. Il problema è quando uso unicamente questo, come modello di insegnamento che si fanno grossi danni. Tornando alla questione della DAD negli insegnanti, questi rischiano di essere tagliati fuori completamente. Di fatto, poi, gli insegnanti sono tagliati fuori, dal punto di vista empatico, si perde proprio la relazione con l’altro. Con la DAD il docente avrà forse più tempo libero e ciò lo può allettare ma la vocazione dell’insegnamento si perde. L’empatia verso l’altro si perde ed è alla base della strutturazione degli individui. Con la DAD il docente avrà più tempo libero ma quello che viene a perdere sono: la vocazione e l’empatia con l’altro. Quello che fa sì che i nostri bambini diventino uomini maturi è proprio la loro capacità di empatizzare con sé stessi e con il mondo. È questa la ricchezza di ognuno di noi: il poter riuscire a capire l’altro e, attraverso l’altro, anche sé stesso».

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