Siamo diventati la generazione dell’egocentrismo virtuale

Chi abita in un piccolo paese, può senz’altro concordare con me che una delle cose più difficili da mantenere sia la riservatezza. Non mi è mai successo di sentire qualcuno gioire per il fatto di essere finito in mezzo alle solite chiacchiere da bar, al contrario pare che essere sulla bocca di tutti non faccia assolutamente piacere a nessuno.

Questa tendenza, in realtà, pare essersi bruscamente capovolta con il sopraggiungere dei social network. Improvvisamente tutti noi abbiamo una voglia matta di esporci, di metterci in bella mostra come merce pregiata sul mercato della socialità, e riteniamo di avere davvero un numero infinito di cose da raccontare. Prima dell’avvento di piattaforme come Facebook, davvero sentivamo l’esigenza di fotografare il piatto che avevamo davanti e di mostrarlo successivamente a tutti i nostri amici, descrivendo esattamente con cosa avevamo deciso di pranzare? Oppure, anche prima sentivamo l’esigenza di dover fare un resoconto completo delle nostre serate a tutte le nostre “amicizie”?

A quanto pare, dunque, una delle tendenze sociali più diffuse nell’ultimo millennio, è la voglia di raccontarsi e di essere direttamente protagonisti. La nota negativa è che difficilmente si riesce a lasciare qualcosa all’immaginazione; due persone che escono per la prima volta insieme, in realtà sanno già cosa aspettarsi, perchè Facebook ci aiuta a conoscere quel ragazzo (o quella ragazza) ancora prima di averci parlato o di averlo incontrato. Può essere un bene, certamente, ma dov’è finito il piacere della scoperta? La curiosità del contatto umano? E soprattutto la cara, vecchia riservatezza? Di risposte a queste domande ce ne sarebbero molte, o forse nessuna, ma una cosa è certa: siamo ormai diventati la generazione dell’egocentrismo virtuale.

Alessio Sibilla

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