Silvia nasce il 14 novembre 1996, alla trentunesima settimana di gestazione. È la secondogenita di Elena Apicella e Vito Tassone, di Soverato, in provincia di Catanzaro. Crescendo diventa sempre più vivace e allegra: la danza, in particolare, è il modo con cui esprime la sua gioia di vivere. Anzi, una volta sua madre le chiede di fermarsi, perché non riesce a fare le pulizie con lei di mezzo. La sua risposta la spiazza: «Ma cosa dici? Sto ballando per Gesù, c’è Lui che mi guarda!». Quella consapevolezza le arriva anzitutto dall’educazione religiosa ricevuta in famiglia, poi dalla frequentazione delle celebrazioni religiose nella sua chiesa.
Proprio ballando, precisamente mentre prova una coreografia per lo spettacolo scolastico di Carnevale, Silvia sente degli strani dolori al ginocchio sinistro. Dato che il dolore continua, inizia gli esami per capirne la ragione: una radiografia e una risonanza magnetica lasciano capire che si tratta di qualcosa di grave. Solo dopo il ricovero all’Istituto Ortopedico Gaetano Pini di Milano arriva la diagnosi: sarcoma di Ewing. Di nuovo, la bambina sorprende i suoi: li rassicura che sarebbe andato tutto bene perché, durante gli esami tecnici, è stata «in compagnia di Gesù». Inizia quindi le terapie mensili in dayhospital all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, affrontando il primo di molti viaggi in aereo.
A scuola, Silvia è attenta e diligente: cerca di tenersi al passo con i compagni, anche se deve spesso assentarsi. L’affetto che mostra per loro è ricambiato, tanto che le organizzano una festa, quando ritorna dopo l’intervento nel quale le viene sostituito un tratto del femore. Jole, la sua compagna di banco, le è particolarmente affezionata: la ricorda in un componimento scolastico, insieme alle altre sue preziosissime amiche.
L’operazione riesce, tanto che per molti mesi non emergono segni di ripresa della malattia. La gioia di Silvia è più esplosiva che mai: corre nei campi abbandonando le sue stampelle, si tuffa in mare senza dare segni di stanchezza, ammira le bellezze della natura. Tuttavia, a metà agosto 2007, riprende ad avere dolori alla gamba destra: non riesce neanche a partecipare al primo giorno di scuola alle medie. Si tratta di una recidiva, che schianta i suoi genitori: «Non si piange!», li ammonisce cantilenando mentre, di nuovo, volano verso Milano. Con la speranza di guarire, si sottopone a tutte le cure necessarie. Riesce anche a rivedere suo fratello, rimasto a casa insieme alla madre, che è tornata per stargli accanto. Poco prima delle dimissioni, esclama: «Spero che tutti i malati che useranno il mio letto e passeranno dalle macchine sotto le quali sono stata (radio, tac, ecc.) ricevano tante grazie per quante sofferenze ho patito io!». Per quanto possibile, riprende la sua vita normale.
Prega insieme ai suoi familiari, ma un giorno li sorprende di nuovo con un’affermazione particolare. Durante la lettura di una preghiera con l’espressione «Chiedete e vi sarà dato», dichiara: «Io non ho bisogno di chiedere niente perché mi sono venduta a Gesù fin da piccola». Allo stesso modo, quando la mamma le mostra l’albero di Natale, preparato in anticipo apposta per lei, e le domanda quali regali voglia, replica: «Non voglio niente, ho tutto!», anche se il giorno dopo chiede di poter ricevere Cicciobello Bua, un bambolotto da curare per gioco. Nell’ultimo mese di vita, è aiutata da don Tobia Carotenuto, il suo parroco, dal vicario don Giovanni Cantatore e da don Ferruccio Apicella, suo parente da parte di madre; è l’ultimo a portarle la Comunione. Riceve l’Unzione degli Infermi in pieno possesso delle sue facoltà cognitive.
Fino agli ultimi istanti incoraggia i suoi familiari a restare uniti e a non litigare, neppure per causa sua. L’8 dicembre 2007 si aggrava e viene sottoposta a sedazione. Alle 17,15 dello stesso giorno non viene dichiarata morta, come freddamente si potrebbe dire, ma nasce in Cielo. Elena e Vito Tassone hanno raccontato la loro storia con Silvia nel libro «È nata! Una luce di nome Silvia», stampato in proprio e arrivato, nel 2019, alla terza ristampa. Tramite la pagina Facebook «TITTI ANGEL» presentano ulteriori ricordi della loro bambina e gli altri modi con cui la sua vicenda continua a essere conosciuta.
Elena Apicella
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