«Altri, per trovare Dio, leggono un libro. È un gran libro la stessa bellezza del creato: guarda, considera, leggi il mondo superiore e quello inferiore. Dio non ha tracciato con l’inchiostro lettere per mezzo delle quali tu lo potessi conoscere. Davanti ai tuoi occhi ha posto ciò ch’egli ha creato. Perché cerchi una voce più forte? Grida verso di te il cielo e la terra: Io sono opera di Dio» (S. Agostino, Sermones, 68, 6).
Con queste parole, il dotto Sant’Agostino, sembra indicare una strada per quanti si perdono nella vita, per quanti cercano e non trovano la propria vocazione, per quanti perdono l’esistenza di Dio. Eppure non possiamo considerarci, noi uomini del terzo millennio, non cercatori. Cerchiamo e ingoiamo dati informatici, informazioni e iperstimoli a più non posso. E’ un dato di fatto clinico che siamo presi da dipendenze e attaccamenti patologi, quali gioco d’azzardo, internet, sesso, lavoro, telefono cellulare e shopping compulsivo le quali si configurano come malattie della postmodernità oggi chiamate le new addiction (DSM-5). Negli ultimi anni le nuove tecnologie hanno rivoluzionato le nostre vite, sotto alcuni aspetti in positivo, dandoci accesso a nuove conoscenze e informazioni ma hanno anche portato una serie di nuovi disagi che io chiamo da iper stimoli, che risponde al bisogno dell’uomo postmoderno di essere continuamente adrenalinico. Contrariamente, negli insegnamenti di Gesù ritroviamo quel desiderio di ritiro, di preghiera «Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli». Un preambolo che segna l’inizio delle Beatitudini. E’ un movimento di ricerca di calma, tranquillità per riflettere sulle cose della vita che aiutano a trovare Dio, il Regno dei cieli che è dentro e fuori di noi dice ancora Gesù. Al contrario riempiamo, all’ennesima potenza, lo spazio interiore per rileggere ciò che ci è utile per la salvaguardia della salute ben-essere psichico e spirituale: beati i poveri in spirito, intesi in coloro che non accumulano, che hanno lo spazio interiore e mentale per dedicarsi alle cose che hanno valore nella vita. (Riccardi. P., Psicoterapia del Cuore e Beatitudini, ed. Cittadella Assisi, 2019), invece l’uomo postmoderno è ammalato di selfite: l’ossessione di scattarsi foto selfie e pubblicarle sui social per avere like; è ammalato e preso dall’ansia di controllare continuamente le notifiche sul proprio cellulare; dall’ansia di raggiungere il più alto numero di like (mi piace) like-addiction. Per non parlare della sindrome dell’accumulo digitale dove il soggetto non ammassa oggetti reali, bensì accumula patologicamente dati scaricati dal web: immagini, musica, filmati, testi… L’uomo del terzo millennio, adrenalinico, arriva quindi facilmente a “riempirsi” di sensazioni eccitanti, dati, iperinformazioni e dipendenze che poco spazio rimane per la ricerca di Dio. L’uomo che non lascia spazio alla sua interiorità non comprende che Dio è anche nella capacità di meravigliarsi della forza della natura che cura, crea e tende alla perfezione. Il chicco di grano, caduto in terra, muore e produce molto frutto (Gv 12, 24). E che dire del nostro organismo che oramai la scienza ha accertato, che al di fuori della nostra consapevolezza, combatte battaglie biologiche per stare bene. Una semplice ferita guarisce per effetto di una intelligenza biologica che ne deriva dalle difese del nostro organismo. C’è un amore nella vita, un amore in ogni cosa che anche se si prospetta in antitesi ai nostri desideri, risponde sempre ad una perfezione di Dio. Ciò che accade nella nostra vita, per quanto possa apparire assurdo, rientra nel disegno di perfezione, anche se provoca dolore e sofferenza. Solo una profonda attenzione al disegno di perfezione di Dio ci rende il passo per l’accettazione di ciò che accade. Il Dio è nel fluire della natura che ha le sue leggi. «Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro» (Mt 7, 26-29).
Pasquale Riccardi | Notiziecristiane.com
Ti è piaciuto l'articolo? Sostienici con un "Mi Piace" qui sotto nella nostra pagina Facebook