Gran bella notizia che mezzo mondo sognava.
I 12 piccoli calciatori thailandesi sono stati tratti in salvo dal sepolcro di acqua e fango, buio pesto e mancanza di ossigeno e silenzio perenne in cui erano rimasti imprigionati 16 giorni fa, nella grotta di Tham Luang, Thailandia, 500 km. a Est di Bangkok.
Dicono che dalle viscere del sepolcro i dodici con il loro coach, ma sarebbe meglio dire fratello maggiore, una mattina abbiano sentito il lontano abbaiare di un cane, come il segnale di un soccorso,quello divino!
Il loro cuore era esigenza di rintracciare presenze, uscire dal nulla e ricominciare, cioè per dir proprio tutto realisticamente, anelito di risurrezione.
Non è così il vivere di ogni giorno, conteso tra sepoltura nei detriti dell’insostenibile quotidianità e insopprimibile bisogno di ossigeno?
E come saltar fuori da una bara d’acqua e fango a 800 metri di profondità? Occorre che il cuore si imbatta in una mano che ti afferri, un filo di Arianna che ti guidi, qualcuno che ti voglia, qualcuno — sì — che sia pronto a sacrificare la sua vita per la tua.
La mano offerta ai dodici è stata quella di Ekkapol Chantawong, questo il nome dell’allenatore della squadra di calcio di ragazzini tra gli 11 e i 16 anni. Uscirà per ultimo.
E’ lui il più malmesso. Nel fisico, perché si è privato della sua scorta di cibo che aveva nello zaino per darla ai suoi ragazzi. E nello spirito, perché si sente responsabile dell’accaduto, avendo condotto lui i ragazzi in quella grotta di avventura, di scoperta; come in altre gioiose spensierate occasioni in passato e di morte. Ha implorato il perdono delle famiglie. Lo hanno difeso molti genitori della scuola: “E’ una gran persona ha creato molto affiatamento nella squadra di calcio”.
Una delle mani che ha provato ad afferrare e salvare queste vite era quella di Saman Gunan, 37 anni, uomo di punta dei Navy Seals, sub della Marina, deceduto per amore eroico e difetto di ossigeno, inconsapevole emulo dell’eroico cristiano gendarme francese colonnello Arnaud Beltrame, donatore della propria vita per la salvezza di un ostaggio dei terroristi.
La mano che ti afferra sono stati i 90 sub super specializzati: thailandesi, statunitensi, cinesi, europei… capaci di fare squadra oltre i confini, concludere missioni impossibili e di rischiare a loro volta la vita.
Mano tesa sono stati anche le migliaia di studenti e professori dell’istituto di Mae Sai riuniti ogni mattina nel cortile per rispondere al “wai” che i loro compagni hanno mandato dalla caverna, il saluto a mani giunte.
Quante lezioni abbiamo da apprendere da questa sciagurata vicenda…
Unità, altruismo, desiderio di vita, passione pronta ad abbattere ogni steccato razziale…
Tutto è bene ciò che finisce bene reclama un vecchio detto…
In realtà pensiamo che la grotta del sepolcro è grotta della natività per chi riconosce, in quelle mani protese, il segno di una Roccia su cui la nostra vita appesa a un filo può poggiare con sicurezza.