Tra desiderare e povertà di spirito

La società del benessere si è rovesciata in una società malata, tesi portante della riflessione di Erich Fromm, (1900 –1980 psicologo, sociologo, filosofo, psicoanalista), espressa nelle sue opere ampiamente conosciute. In “Avere o essere? (Fromm 1976) dove si sottolinea l’alternativa tra l’essere e avere, avvertendo del pericolo che l’avere definisca l’essere.

Quantunque una persona possa “avere” in abbondanza può sempre restare priva di un essere. E lo sa bene Gesù Cristo che chiede ai suoi discepoli la via dell’autenticità dell’essere «Chi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo» (Lc 14,25-33). L’essere è l’autenticità, è la capacità di non soggiacere al culto dell’avere, stimolato da un ordine sociale di marketing e produzione, il quale spinge al desiderare ciò che non si è e non si ha. Solo nella capacità di amare, espressa nel capolavoro “L’arte d’amare” (Fromm 1956), l’uomo è capace di trascendere se stesso per orientarsi al bene proprio e del prossimo. Si scopre l’essenza dell’amore quale atto creativo per conseguire la vera libertà. Espressione del capolavoro: “Fuga dalla libertà (Fromm 1941).

L’uomo moderno, pur liberato da molti vincoli è schiavo di se stesso è schiavo della proprio desiderio di realizzazione avendo una psicologia carica, piena, colma del disiderare. E ancora una volta, la terapeutica di Gesù, ci invita, per superare l’impasse del conflitto interno mediato dalla società di marcketing e dell’immagine, ad essere poveri in spirito (P. Riccardi “psicoterapia del Cuore e Beatitudini, ed Cittadella Assisi 2018).

Una povertà che consiste nel governo dei propri desideri, del fantasticare più di quello che si ha è nel volere essere diversi da quello che si è. Tipica del popolo dei social che postando immagini di se in continuazione e per ogni situazione, oltre a nascondere uno stato di desiderio, mascherano un volere essere diversi da quello che si è. L’uomo dei social, del terzo millennio, probabilmente difetta nell’accettarsi. Accettarsi significa avere una corretta immagine di sé, senza sovrastimarsi né sottostimarsi. Ogni fonte di ricerca ossessiva al piacere ci fa scivolare nella rete della solitudine, del vuoto, dell’assenza della comunicazione, del dialogo. Ognuno, volendo dire e mostrare qualcosa di se ossessivamente diventa vittima del proprio Io e non vede altro che questo.

La conseguenza psicologica è un conflitto tra ideale di se e il proprio modo di essere, tra percezione del reale e fantasticato. E’ in questo conflitto che il dialogo con l’altro viene meno, e sempre più prendono forma quelle patologie della relazione, in famiglia, tra genitori, tra amici, tra colleghi dove ognuno intento a imporsi all’altro, per un effimero senso di goduria, aumenta lo scontro e l’incomprensione. Viene meno a quel principio cardine dell’antropologia cristiana, di amarsi gli uni gli altri (Gv 15,9-17)

Pasquale Riccardi D’Alise | Notiziecristiane.com

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