Tragedia sulla Marmolada, dobbiamo agire

Alle 22,45 di un caldissimo 6 luglio del 1989 un boato travolge la cuneese val Po. Due terzi del ghiacciaio superiore del Coolidge in piena parete nord del Monviso a 3200 metri collassa, si spingono a velocità incredibile nel canale sottostante, passano a pochissimi metri da due alpinisti che cercavano di prendere sonno nel bivacco Villata e si fermano coprendo per sempre una parte del lago Chiaretto, ai piedi della montagna. Nessuna vittima, di notte sul sentiero che sale allo storico rifugio Quintino Sella, cancellato dal crollo, non c’era anima.

Un evento simile a quello di ieri, domenica 3 luglio, avvenuto sulle Dolomiti, in Marmolada a punta Rocca che, purtroppo, ha avuto esiti molto più nefasti, con diverse vittime (al momento il numero sta crescendo e non è ancora definitivamente confermato). I crolli, anche importanti, sulle montagne sono sempre avvenuti. Quello che preoccupa e dovrebbe farci capire che siamo arrivati a un punto di non ritorno è la loro frequenza, sempre maggiore e il loro numero, sempre più alto.

Questa tragedia è l’ennesimo campanello di allarme che non dobbiamo ignorare, lanciatoci dal “nostro” pianeta. Nel corso degli ultimi anni abbiamo visto sempre il Monviso essere a suo malgrado protagonista con altri crolli. Poi i ghiacciai del Monte Bianco: nell’agosto del 2020 sono state evacuate alcune case e chiusa la strada della val Ferret per il rischio del crollo del ghiacciaio di Planpincieux; nella dirimpettaia val Veny è il ghiaccio della Brenva a destare maggiori preoccupazioni con importanti crolli. Nelle alpi Centrali il Pizzo Cengalo (fra Svizzera e Italia) nell’agosto 2017 è stato interessato da un crollo enorme, fortunatamente “previsto” grazie alle nuove tecnologie.

L’elenco potrebbe continuare con altre decine di esempi. È tempo di agire, di mettere in atto misure drastiche per salvaguardare la Terra. Anche se, ormai, siamo in ritardo.

https://www.riforma.it/it/articolo/2022/07/04/tragedia-sulla-marmolada-dobbiamo-agire

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