Un altro ciclone in Mozambico?

Mentre il caldo e il sole di inizio maggio presagivano l’inizio della primavera, qui in Italia, all’improvviso giunge dalla Protezione Civile un allerta “giallo” per il peggioramento repentino su tutto lo stivale, con temporali da nord a sud e calo della temperature.

Ricordando al lettore che la settimana scorsa un tornado ha colpito la Romania, che non è zona tropicale, questo cambiamento di tempo in piena primavera è poca cosa rispetto alla tragedia che sta accadendo in Mozambico, dove un altro devastante uragano (Kenneth) è tornato a colpire la nazione a distanza di un mese da Idai, il ciclone che trenta giorni fa ha fatto una scia di morte e distruzione anche in Malawi e nello Zimbabwe (ex Rhodesia): oltre un migliaio le vittime sinora accertate, con tante persone ancora disperse. I soccorsi e la fornitura di alimenti, coperte e farmaci stentano ad arrivare, dato che molte strade sono ancora impercorribili e diversi scali aerei sono chiusi, e Kenneth è il secondo ciclone proveniente dalle Comore (Oceano Indiano) classificato di categoria 4 su una scala che arriva a 5. La furia del vento, stimato oltre i 200 km orari, ha flagellato la costa settentrionale del Mozambico e raso al suolo interi villaggi, e malgrado siano stati distribuiti centinaia di teloni per rifugi temporanei, la priorità è monitorare pozzi e cisterne per evitare il rischio di  colera. Molti abitanti sono stati  sistemati persino nella piccola fortezza portoghese sul mare di San Sebastiano, e sembra che l’ospedale e diverse scuole siano inagibili.

A Matemo, l’isola più vicina, le scuole sono state interamente distrutte e al momento sarebbero 38 i morti accertati. Tuttavia, nelle stesse ore anche l’India è stata colpita da un devastante uragano di nome Fani, l’uragano più violento degli ultimi 20 anni, con venti intorno ai 240 chilometri e il cui “occhio satellitare” ha un diametro di 28 chilometri: la categoria di questo uragano indiano è la stessa di Kenneth, cioè 4 su scala da 1 a 5. Otto le vittime finora accertate. Fani, primo ciclone tropicale dell’oceano Indiano del 2019, ha toccato terra a Puri venerdì scorso e non ha risparmiato nulla sulla sua traiettoria, benché le autorità locali indiane non si sono fatte trovare impreparate per l’allerta meteo lanciato dal Centro di Meteorologia ore prima dell’impatto del ciclone: infatti, sono state evacuate oltre un milione di persone in diecimila villaggi e più di 50 città, mentre gli aeroporti di Bhubaneswar e Calcutta sono stati chiusi in tempo. Più di 900 i centri di accoglienza allestiti per gli sfollati, e sembra che adesso il ciclone, declassato a “uragano molto severo”, si stia spostando verso il Bangladesh e la capitale Calcutta ed Assam, a nord-est. Seppur vero che gli uragani e i cicloni sono in aumento e si abbattono anche in paesi non tropicali (vedi tornado in Italia), è casuale che questi fenomeni climatici terrificanti colpiscano soprattutto paesi segnati da una grande idolatria religiosa? Infatti, se il continente indiano è famoso per l’adorazione delle divinità più note dell’Induismo, Buddismo e Scintoismo rappresentati visibilmente in forma di colossali simulacri (Buddha, Shiva), in Mozambico la spiritualità del paese africano è influenzata dalla più grossa etnia del paese, ossia quella dei Makonde, che vive a nord.

I maschi di questa famiglia tribale poligamica (sino a 20 mogli)  si limano i denti appuntendoli e rendendoli simili alle zanne degli squali, al fine di dare aggressività al loro aspetto e alimentare la leggenda dei Makonde quali guerrieri feroci; inoltre, i maschi si tatuano tutto il corpo, pratica entrata oramai nella cultura europea e oggi persino visibile in taluni contesti evangelici (sic!), mentre donne e uomini sono conosciuti in tutto il mondo per il loro labbro inferiore deformato dove viene infilato un grosso piattino di legno d’ebano. Durante la danza tradizionale del “tufo”, i Makonde indossano le maschere Mapiko, cioè maschere raffiguranti gli spiriti ancestrali e gli spiriti dei defunti (i Lihoka) che trasformano l’uomo in un essere sovrannaturale in grado di spaventare le donne, e così assumere il potere in famiglia. Fra i soggetti più raffigurati c’è anche la maschera a testa di donna che rappresenta la capostipite, venerata e invocata come protettrice nei viaggi, nelle avversità, nella maternità e nella morte. C’è qualche attinenza con i santi patroni del Cattolicesimo e la stessa Madonna protettrice delle nascite? Cosa curiosa fra i Makonde è la presenza di un sesto dito nelle mani, oltre il mignolo, spesso atrofizzato ma visibile, ritenuto frutto di una mutazione genetica. Anche Golia di Gat aveva sei dita per ogni mano (1^ Cronache 20:6).

Alla luce di queste realtà che segnano in un certo qual modo la religiosità di India e Mozambico, sono forse questi peccati di idolatria che attirano maledizione sui due paesi?

Salvatore Di Fede | Notiziecristiane.com

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