Un anno di covid in Italia, ma dov’è il pentimento?

Nonostante i contagi di coronavirus non rallentano e la pestilenza tocca alti indici di diffusione in tutto il mondo, ciò che in granparte caratterizza l’umore (o malumore) dell’opinione pubblica nel nostro paese sono le legittime rivendicazioni contro le misure del governo e le continue proteste di tutti gli operatori per la crisi del lavoro in ogni settore, specie quello privato.

E così, oltre alle beghe di governo cui siamo abituati, assistiamo a sit-in di piazza dove la gente chiede la pronta ripresa del lavoro e/o un cospicuo sostegno finanziario e lo sgravio delle tasse per non chiudere l’attività (son molte le imprese fallite), tant’è che di recente son scesi a protestare anche i lavoratori del campo artistico – cinema e teatro – del turismo, delle palestre, delle piscine, delle discoteche eccetera, tutti quanti accomunati dalle stesse difficoltà finanziarie a causa della pandemia. Lungi da me il voler apparire insensibile o sarcastico verso i bisogni di chi, per la pandemia, ha perso un familiare o il lavoro, dato che la crisi è a livello mondiale, ciò che mi rattrista è vedere come nessuno – fra i media – si pone il pur minimo interrogativo che quanto sta accadendo nel mondo possa avere a che fare con l’aperta ribellione ai comandamenti di Dio e alla mole di trasgressioni e peccati di una società che vive lontano dall’Eterno.

Certamente dietro tutta questa situazione c’è l’artiglio del nemico, di quello “spirito” che domina la società moderna in ogni ambito (Efesini 2:2), ma penso onestamente che di cose di cui vergognarsi ne ce siano parecchie nella nostra nazione.

Vediamone qualcuna. Femminicidi in aumento come non mai, scurrilità televisiva e sui social che più che essere deplorata ottiene alta audience (vedi i linguaggi coloriti di alcuni personaggi popolari della tivù), educazione sessuale come materia di insegnamento in diversi istituti scolastici per avvalorare la teoria “gender” sin dalle prime classi, omosessualità e gay pride patrocinati da sindaci e associazioni Lgbt, furti e rapine oramai di routine, siti per incontri e a luce rossa fra le navigazioni più ricercate in internet, infiltrazioni della criminalità organizzata su larga scala, commercio delle droga che non conosce soste, sfruttamento immigrati non ancora debellato, divorzi e convivenze in crescita, superstizione e occultismo ancora presenti in un paese che si definisce cristiano, sono alcune delle realtà peccaminose che contraddistinguono l’Italia.

Ma chi osa parlare di “peccato” in un momento storico che ha quasi cancellato questa parola dal nostro vocabolario? Se il Cattolicesimo nostrano si arroga il diritto di unico “depositario” (.) della fede cristiana, di contro il Protestantesimo secolare – tranne poche eccezioni – ha perso lo smalto di un tempo, adeguandosi all’andazzo del mondo; le divisioni in seno al mondo evangelicale crescono, nonostante oggi ci sia estremo bisogno di unità spirituale per invocare clemenza da Dio, digiunare e pregare!

Eppure, malgrado sia trascorso un anno un anno dall’inizio della calamità, dovrebbe essere naturale cercare l’aiuto del Signore per sconfiggere il coronavirus, così come avremmo dovuto registrare un aumento delle conversioni in ogni ambito familiare ed ecclesiale. E’ accaduto tutto questo? E perché fra i media non si fa cenno alle cose di Dio, invece che sentire da un anno a questa parte solo e soltanto statistiche, dati, divieti, restrizioni e zone gialle e zone rosse? Perché Dio non entra in gioco negli spazi quotidiani di stampa, radio e tivù?

Il popolo d’Israele, quando peccava, si pentiva poi con tutto il cuore e il flagello cessava (Numeri 16:46-50), ma dubito alquanto che l’Italia possa essere oggi mossa da questo sentimento di introspezione e di ravvedimento, considerato che Cristo è a metà classifica fra i “santi” più amati dal popolo. Non dico che gli italiani dovrebbero fare come alcuni credenti evangelici del Sudamerica che, a inizio dei contagi, si son fermati per strada inginocchiati a pregare, ma sarebbe lecito aspettarsi un sentimento di profondo esame di ciascuno per vedere in “che” cosa e “dove” stiamo sbagliando davanti all’Eterno.

Pertanto, se continueremo a volgere l’attenzione solo e soltanto sui tempi della vaccinazione generale, su quando riprendere la normalità, su come e dove trascorrere le vacanze della prossima estate e quant’altro, invece che meditare sul ritorno di Gesù, allora avremo dimostrato con i fatti che siamo un paese cristiano “di facciata” che professa il nome del Signore ma che poi cerca aiuto nella mano del Faraone (Isaia 30:3).

 Salvatore Di Fede

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