Un grande terremoto

Improvvisamente si fece un gran terremoto, tanto che le fondamenta della prigione furono scosse: e in quell’istante tutte le porte si aprirono e le catene di tutti si sciolsero.

Atti 16:26

A quattro anni dal terremoto che devastò la cittadina di Amatrice e i comuni circostanti, nei giorni scorsi la terra ha nuovamente tremato nelle Marche, grazie a Dio, senza danni. Siamo in Italia su un territorio che convive con i movimenti tellurici, un po’ come l’anima nostra, continuamente tremante. Ci spaventano i terremoti, ma conviviamo con scuotimenti e sconvolgimenti interiori capaci di devastazioni peggiori, e che allo stesso modo si manifestano improvvisi senza lasciare scampo. Di fronte ad eventi naturali violenti ed imprevisti, ci sentiamo senza difese: valanghe, maremoti, tsunami, terremoti, alluvioni, eruzioni vulcaniche, hanno sempre fatto paura proprio perché non siamo in grado di controllare le forze irrazionali della natura. Anche se, dovremmo ammettere, che alcune volte c’è il nostro contributo affinché ordinari eventi diventino catastrofi. Fa riflettere poi come la gran parte delle scosse si concentri nelle ore notturne. Quasi a voler cogliere alla sprovvista o per destarci da un sonno profondo. Anche per Paolo e Sila, rinchiusi nelle carceri di Filippi. Nell’Antico come nel Nuovo Testamento il terremoto è spesso segno di qualcosa che finisce e qualcos’altro che comincia. Come non ricordare l’episodio di Elia sul monte Oreb quando un terremoto scuote la montagna, costringendo il profeta a venir fuori dalla caverna in cui si era nascosto. Il testo dice chiaramente che Dio non era nel terremoto. Eppure il terremoto è segno della presenza di Dio. La terra si scuote perché incapace di “reggere” il peso di tale presenza che destabilizza l’uomo, e facendo tremare il suolo sotto di lui o sballottare quello che è intorno a gli ricorda quanto sia misero e piccolo. Così accadde a Mosè sullo stesso monte, che tremava “forte” (Esodo 19:18).

Il vangelo di Matteo, più di ogni altro testo biblico, è intriso di terremoti; riferisce di quattro eventi sismici che sarebbero accaduti al tempo di Gesù fino all’apoteosi della resurrezione: «Ed ecco, si fece un gran terremoto, perché un angelo del Signore, sceso dal cielo, venne e rotolò la pietra dall’apertura del sepolcro e si pose a sedere su di essa» (Matteo 28:2). La tempesta sul mare di Galilea (8:24), secondo alcune traduzioni, sarebbe provocata proprio da un evento sismico. Chissà che la tempesta che stai affrontando non abbia origine altrove? Un terremoto sommerso sta sconvolgendo ciò che ti circonda esternamente. Non lasciarti spaventare allora da quel che lo sguardo vede, ma lascia che le prigioni interne possono aprirsi e tu trovare la libertà. Come per il centurione e per quelli che con lui facevano la guardia sotto la croce, questo terremoto può aiutarti a riconoscere e dichiarare: «Veramente costui era il Figlio di Dio!» (27:54). Per Matteo la morte e la risurrezione di Gesù non sono eventi ordinari, ma sconvolgenti (al pari dei terremoti) nei quali Dio agisce e realizza la salvezza del genere umano. Questo è il terminale dell’agire divino e della Sua Parola. Le stesse parole di Gesù che descrivono un evento non ancora accaduto: «Vi saranno carestie e terremoti in vari luoghi» (24:7) non annunciano catastrofi, ma piuttosto possono dire che quando la salvezza di Dio sarà compiuta col ritorno di Gesù, tutti se accorgeranno. Quello che oggi può sembrare spaventoso, recare sofferenza a chi ne subisce le conseguenze, nel vangelo ci proietta a una futura salvezza. Ed io voglio fare lo stesso.

Come Elia uscì dalla caverna, veniamo fuori dal territorio della paura, scrolliamoci da tutte le minacce che ci vengono lanciate contro come strali in una medievale battaglia. Qualunque sia il cataclisma che si è abbattuto sulla tua vita, non perdere la prospettiva dell’eternità. A Filippi, il terremoto diede la libertà ai prigionieri, ma fu l’occasione perché il carceriere e i suoi familiari ricevessero la salvezza. Ciò che Paolo e Sila non potevano concepire, Dio manifestò, proprio come scriverà Alessandro Manzoni ne I promessi Sposi: Dio «non turba mai la gioia dei suoi figli se non per prepararne loro una più certa e più grande».

Elpidio Pezzella

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