Un tracciato senza confini…

I Vangeli ci hanno sempre mostrato un aspetto fondamentale sul modo di vivere, sin da giovane, di Gesù, che deve spingerci a meditare ancora oggi. Gesù lascia la vita tranquilla e nascosta di Nazareth e si trasferisce a Cafarnao, una città situata lungo il mare di Galilea, un luogo di passaggio, un crocevia di popoli e culture diverse. L’urgenza che lo spinge è l’annuncio della Parola, che deve essere portata a tutti.

Il Vangelo ci presenta Gesù sempre in movimento, in cammino verso gli altri. In nessuna occasione della sua vita pubblica ci dà l’idea di essere un maestro statico, un dottore seduto in cattedra; al contrario, lo vediamo itinerante, lo vediamo pellegrino, a percorrere città e villaggi, a incontrare volti e storie. I suoi piedi sono quelli del messaggero che annuncia la buona notizia dell’amore di Dio (Is. 52,7-8).

Nella Galilea delle genti, sulla via del mare, oltre il Giordano, dove Gesù predicava, c’era – annota il testo – un popolo immerso nelle tenebre: stranieri, pagani, donne e uomini di varie regioni e culture (Mt. 4,15-16). Ora anch’essi possono vedere la luce. E così, ancora oggi, Gesù “allarga i confini”. La Parola di Dio, che risana e rialza, non è destinata soltanto ai giusti di Israele, ma a tutti; vuole raggiungere i lontani, vuole guarire gli ammalati, vuole salvare i peccatori, vuole raccogliere le pecore perdute e sollevare quanti hanno il cuore affaticato e oppresso. In sostanza il nostro Redentore “sconfina” per dirci che la misericordia di Dio è per tutti e che dobbiamo sviluppare le nostre affinità verso il regno.

Questo aspetto è fondamentale anche per noi. Ci ricorda che la Parola è un dono rivolto a ciascuno di noi e che, perciò, non possiamo mai restringere il campo di azione perché essa,  al di là da tutti i nostri calcoli, germoglia in modo spontaneo, imprevisto e imprevedibile (Mc. 4,26-28), nei modi e nei tempi che lo Spirito Santo conosce.

E se la salvezza è destinata a tutti, anche ai piùù lontani e perduti, allora l’annuncio della Parola deve diventare la principale urgenza della comunità ecclesiale, come fu per Gesù. Non ci succeda di professare un Dio dal cuore largo ed essere una Chiesa dal cuore stretto! Mai!

Esiste un modello su cui riflettersi? Certamente, è proprio Lui, il Cristo. La sua Parola ci scuote, ci scomoda, ci provoca al cambiamento, alla conversione: ci mette in crisi perché “è viva!”… e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore (Eb. 4,12) spingendoci all’azione, ovunque siamo.

Vincenzo Lipari.

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