Una cosa so

«Se egli sia un peccatore, non so; una cosa so, che ero cieco e ora ci vedo»

Giovanni 9:25

C’è chi crede di vedere, ma in realtà è cieco. Questo sentenzia Gesù ai farisei al termine del racconto proposto dal vangelo di Giovanni. Siamo per la prima volta nei vangeli in presenza di un individuo che non si è ammalato per “colpa sua”, ma di uno che è “nato malato”. In casi del genere gli ebrei tendevano ad associare malattia e colpa in riferimento ai parenti stretti del malato: se lui era nato cieco, qualcuno doveva aver sbagliato nel metterlo al mondo. Gesù ancora una volta va oltre i modi di pensare e di dire della massa. Coglie l’occasione per liberare da ogni possibile colpevolizzazione l’uomo e manifestare attraverso un “segno” le opere che Dio vuole compiere nelle persone”. Sono tante le considerazioni che potremmo fare sull’intero brano, ed io scelto di concentrarmi sul cieco e la sua condizione prima e dopo.

Segnato dalla nascita da una disabilità, è condannato ad una vita al buio. Privato della luce, fa dell’ascolto i suoi occhi. I genitori lo seguiranno, per quel che potranno, fino all’età adulta, per poi lasciarlo alla sua sventura. Privo di nome, non ha identità: per lui non c’è futuro, ma neanche presente. Come cieco è proiettato all’oblio. Per sopravvivere può solo mendicare, affidarsi alla generosità di qualcuno. La gran parte dei suoi concittadini lo conosce come il mendicante, il che ha un tenue sapore di disprezzo e abbandono. Una condizione simile a quella di tanti anche ai nostri giorni. E allora, come oggi, Gesù non resta indifferente. Anzi è lui a dirigersi verso il cieco, che né lo ha chiamato, né lo aspettava. Il suo intervento è sollecitato dal giudizio di chi lo accompagna. Chissà anche tu sei in una condizione di disagio, di difficoltà e anziché raccogliere l’aiuto di una mano tesa, ascolti mormorii e giudizi contro te e la tua famiglia. Gesù è la luce del mondo, e dove egli passa le tenebre di ogni tipo svaniscono. Le sue mani non impastano critica, cattiveria gratuita, né raccolgono sassi per lapidare. Tutt’altro. Le sue mani si posano sul problema e creano quel che mancava. Solo Gesù lo tira fuori dalle sue tenebre. Il cieco non esita a recarsi alla piscina: si fida e fa tutto quello che gli è stato detto. Comincia così a vedere, ma anche a credere. C’è un rapporto stretto tra il vedere fisico e il “vedere” dell’anima, il credere.

Tra lo stupore e la meraviglia di chi lo conosceva o lo aveva pocanzi visto mendicare, comincia a raccontare l’accaduto. Ma com’è possibile? Non è plausibile, si tratta di un mendicante. Contrariamente ai parametri di giustizia e meritocrazia umana, Dio continua a scegliere gli scarti, i non considerati per manifestare la Sua gloria, per rendersi visibile e tangibile. La gioia dell’uomo, quel momento di grande contentezza incontra la diffidenza verso Gesù. Quante volte la tua gioia ha dovuto fare i conti con l’astio di alcuni nei confronti di altri, e tu eri nel mezzo di due fuochi? Il non più cieco si scontra con chi non riesce a vedere (credere), al punto che si trova inquisito e processato, invece che festeggiato. Pur di condannare o sminuire il Signore si fa il possibile per denigrare un evidente miracolo, utilizzando la Legge mosaica e il riposo del sabato. Gli stessi familiari non hanno la forza di schierarsi al suo fianco, ma per timore di essere espulsi dalla sinagoga lo lasciano difendersi da solo. C’è poco da difendere, perché Gesù non può essere quello che si dice di lui, tutto è tranne che un peccatore. E poi «se egli sia un peccatore, non so; una cosa so, che ero cieco e ora ci vedo». L’evidenza dei fatti parla a suo favore. Chi viene dal male non può fare del bene. La pressione contro questo giovane, lo rende più consapevole e irrobustisce la sua fede. Non ha timore di essere insultato e offeso, finanche espulso dai Giudei, è stato già accolto da Gesù. Ora i suoi occhi vedono in maniera completa.

Puoi anche tu dire oggi a qualcuno, oltre ogni forma dogmatica, al di là di ogni concetto teologico, «una cosa so, che ero cieco e ora ci vedo»? Stai vivendo una fede teorica o quello che leggi e dichiari ha avuto realizzazione nella tua vita? Se la risposta è affermativa, lodalo, glorifica, innalza il Suo nome, adoralo dichiarando e confessando che Egli è il Signore (v. 38).

Ti è piaciuto l'articolo? Sostienici con un "Mi Piace" qui sotto nella nostra pagina Facebook