Uno zingaro esperimenta Cristo

 

Nacqui in un prato e fui allevato come un vero zingarello. Ben presto il male s’impossessò di me, tanto che a 12 anni ero già stato 6 giorni in prigione. Da allora m’abbandonai interamente al peccato, senza vergognarmi di mentire, di rubare e di commettere simili azioni da vero delinquente. Ben pochi zingari sono malvagi come lo fui io. Caddi così in basso che a 23 anni avevo subito la prigione per ben 15 volte. Avevo perso del tutto la stima del mio ambiente e perfino quella della gente della mia razza. Tutti mi disprezzavano pel mio carattere abbietto: la mia vita faceva ribrezzo.

L’ultima volta che fui liberato dal carcere (dopo 15 mesi di pena), dissi: “È evidente che così non si può continuare!”. Cominciai a nutrire pensieri di suicidio, ma non misi in atto il mio proposito, perché la mia vita subì uno straordinario mutamento.

Andai a Sch. in Germania. Là bussai un giorno alla porta d’un pastore per vendergli un violino. Quell’uomo mi squadrò, capì che lo volevo ingannare: gentilmente, ma con fermezza, mi congedò. Stavo per andarmene, abbastanza irritato, quand’egli mi gridò dietro: “Aspetti un momento!”. Mi fermai, mentr’egli chiamava il suo figlioletto di circa quattro anni e gli diceva: “Canta un inno allo zio!”. Il piccino si piantò davanti a me e cantò:

 

–  Finché vive il mio Gesù e la sua forza mi sostiene, – la paura e l’ansietà fuggono da me ed il cuore s’infiamma d’amore.

 

Stupito per l’improvviso cambiamento nella conversazione, stetti a guardare il bambino. Il nome di Gesù suscitò in me un pensiero di scherno, ma incontrando lo sguardo del fanciullo, fui vinto dalla potenza di quel Gesù e fui costretto ad ascoltare l’inno fino alla fine. Mentre me n’andavo, sentii che qualcosa di potente m’aveva afferrato ed era… Gesù Cristo. Quando tornai dai miei parenti, questi s’accorsero subito che qualche cosa di strano mi era accaduto. Giorno e notte il nome di Gesù mi perseguitava. Cercavo con tutti i mezzi di scacciare quel pensiero, ma non vi riuscivo né con l’alcool, né con la nicotina, né con altre passioni simili.

Così vissi per alcuni mesi. Il mio stato era disperato. Tutti i parenti ed i conoscenti mi sfuggivano: solo mio fratello più giovane ed un mio amico mi rimasero fedeli. Non volevo parlare con nessuno del mio intimo tormento. Ma quel meraviglioso Gesù, dal quale mi volevo liberare ad ogni costo, mi seguiva nel Suo incomprensibile amore e mi guidò un giorno da un impiegato ferroviario che era credente.

Ecco in qual modo:

Il mio amico, mio fratello ed io dovevamo dare un concerto da zingari in un sanatorio della “Foresta Nera”: io avevo la parte di I violino. Accadde allora una cosa veramente inspiegabile. Dopo i primi accordi del pianoforte, ci preparammo a suonare, ed io proprio senza volerlo suonai l’inno:

 

–  Finché vive il mio Gesù…

L’amico e mio fratello, arrabbiatissimi, pensarono che m’avesse dato di volta il cervello. Il trattenimento dovette essere interrotto. I miei due compagni mi facevan premura perché ritornassi dalla mamma. Capivo che si volevano liberare di me, ma ci mancava il denaro pel viaggio. Pregai l’impiegato della ferrovia di imprestarmi la somma: gli proponevo di lasciargli il mio violino come pegno, ma egli non accettò. Nel supplicarlo avevo detto questa frase: “Dio mio, si deve aiutare un pover’uomo!”. Allora, con molta serietà egli mi fece osservare che avevo usato il nome di Dio invano e che questo non gli piaceva perché era un figliol di Dio. Inoltre, con citazioni della Bibbia mi convinse della mancanza.

Sentii ad un tratto che quello era l’uomo al quale dovevo confidare ogni cosa, aprendogli il cuore e parlandogli della mia agitazione interiore. Quando l’ebbi fatto, egli mi spiegò che lo Spirito di Dio aveva operato in me e m’aveva perseguitato fino a quel momento; aggiunse che mi dovevo convertire, altrimenti sarei perduto per l’eternità. Rimasi atterrito dalle sue parole, poiché non volevo essere perduto!

Gli domandai:

– Come mi posso convertire? E che cos’è la conversione?

– Devi pregare bene, mi rispose.

– Sono cattolico, ribattei. Ho già pregato sovente, ma non mi è stato di nessun aiuto.

– Il recitare una preghiera imparata a memoria non serve a nulla. Devi andare personalmente dal tuo Salvatore.

 

Mi meravigliai e chiesi:

 

– Come posso fare?

– Ecco: come parli con tua madre, puoi parlare con Gesù. E se tu sei sincero. Egli ti ascolta.

 

Compresi in quell’istante come dovevo pregare. Quell’impiegato ci prese i biglietti e ci accompagnò fino al treno. Era di sera, verso le sette e mezza. Accomiatandoci, mi ripetè ancora una volta:

 

– Ti devi convertire, se non vuoi essere perduto per sempre.

 

Salii sul treno e pregai nel mio spirito:

 

– Se è veramente una realtà che Gesù Cristo vive, mi voglio dare a Lui come sono.

 

Il treno si mise in moto. Lo scompartimento era pieno di gente. Allora, che cosa feci? Presi la pistola ed il coltello e li lanciai fuori del finestrino. Poi caddi in ginocchio sul pavimento, e piansi e urlai, in modo che i compagni di viaggio s’affrettarono a cercarsi un altro scompartimento. Rimasero con me soltanto l’amico, mio fratello ed un vecchio contadino. Mi sentii avvolgere da una paurosa oscurità: mi pareva di sprofondare in un antro buio, dove udivo voci che mi dicevano:

 

– Tu hai fatto questo, tu hai fatto quest’altro, tu hai fatto anche quest’altro!

 

Che terrore! Era come se l’inferno mi volesse dare un ultimo assalto, per sbarrarmi la via. Questo durò da una stazione ad un’altra. Era uno stato spaventoso.

Poi si fece chiaro intorno a me, e nello stesso tempo, anche in me. Pieno d’inesprimibile gioia e di gloria, saltai su e gridai:

 

– Ora so che Gesù Cristo vive e che m’ha perdonato tutti i peccati!

 

I miei due compagni mi scuotevano per farmi tornare alla realtà e si consolavano l’un l’altro, dicendo:

 

– Adesso è veramente impazzito!

 

Ma il vecchio contadino disse:

 

– Non è pazzo: ha afferrato la salvezza. Oh fossimo pur tutti e tre come lui!

 

Arrivammo intanto alla stazione principale di Francoforte. Entrando nella sala d’aspetto, presi il mio violino e suonai l’inno:

 

– Finché vive il mio Gesù…

 

Suonavo con una gioia che non avevo mai provata e di nuovo gridai in mezzo alla folla:

 

– Io so che Gesù Cristo vive e che ha perdonato tutti i miei peccati!

 

Da allora so con certezza che il mio Redentore vive. Non conosco gioia maggiore di quella di condurre degli uomini, e in particolare i miei cari zingari, a quel glorioso Gesù, poiché “… il Figliol dell’Uomo è venuto per cercare e salvare ciò che era perduto”.

[Tratto da un opuscolo di evangelizzazione intitolato: “Incredibile ma vero…”, “Tre racconti autentici”]

 

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