USA, 
Errori sui test di 27 esecuzionisui condannati a morte!

74657dd0e587886bba3f8fafdb5229a8Almeno 27 condanne a morte negli Stati Uniti sono state probabilmente viziate da errori nei test del Dna sui capelli. A questo risultato, che ha spinto alla sospensione di una esecuzione nel Mississippi lo scorso maggio è giunta l’FBI, che ha riscontrato errori simili in 120 casi giudiziari tra 21.700 esaminati in virtù di un accordo con l’Associazione degli avvocati penalisti e la organizzazione non governativa Progetto Innocenza.Il lavoro degli agenti federali si è concentrato su un arco di tempo che va dal 1982 al 1999, quando il laboratorio federale per i test sui capelli lavorava a pieno ritmo, nonostante già a partire dagli anni Settanta un manuale interno invitasse alla cautela nel momento in cui ci si appresta a stabilire un collegamento tra i capelli trovati sulla scena del crimine e un sospettato del delitto.

 Lo scorso anno era stato il “Washington Post” a riportare che le autorità erano da anni a conoscenza di potenziali errori ed «esagerazioni scientifiche». Da qui, il lavoro di verifica dei federali che ha già portato a sospendere il 7 maggio scorso poche ore prima della comparsa del boia l’esecuzione di Jerome Manning, condannato in Mississippi per un duplice omicidio commesso nel 1992. L’iniziativa dei federali, che hanno impegnato nella revisione dei casi ventuno esperti di Dna sui capelli, ha spinto i laboratori degli Stati e delle contee a fare altrettanto, e l’operazione potrebbe fornire risultati in grado di far pendere la bilancia del dibattito sulla pena di morte dalla parte di coloro che ne chiedono l’abolizione se si pensa che il 95% dei crimini commessi negli Stati Uniti sfugge alla competenza del Fbi e resta materia in mano a procure e polizie locali.

 Perfino i laboratori del Texas – Stato che ha il record di giustiziati dal 1982 – sottoporranno a verifica i casi in cui i test sui capelli hanno avuto un ruolo cruciale nella condanna di un imputato. «Non abbiamo fatto questo per far da esempio ad altri», ha precisato il consigliere legale dei federali, Andrew Weissmann, «ma quando siamo di fronte a un problema, bisogna affrontarlo e assicurarsi che non si ripeta». «È una decisione che è stata presa dal vertice dell’edificio», ha aggiunto, alludendo al direttore del Bureau, Robert S. Mueller III.

(fonte L’Unità)

Il Texas è lo stato USA con all’attivo il maggior numero di casi di pena capitale. Nell’era digitale anche l’archivio dei condannati è stato messo in rete; per ognuno dei 500 condannati con pena compiuta esiste una scheda informativa con foto segnaletica, anagrafica, sesso e razza, reato compiuto dettagliatamente descritto e data di ingresso in prigione ed esecuzione.

Le schede sono raccolte in un database che aggiunge una sezione particolare ad ognuna. Una pagina riporta l’ultima dichiarazione dei condannati, prima di morire: che sia una richiesta di perdono, delle scuse ai propri cari, una preghiera, saluti, ringraziamenti a chi ha dato loro sostegno nei periodi più duri della condanna, dichiarazioni di innocenza,  offese contro le autorità giudiziarie, o anche nulla.

I contenuti sembrano essere diventati virali, a partire dalla dichiarazione del 500esimo condannato, una donna, la quarta donna nella lista.

Le ultime parole di Kimberly McCarthy, deceduta lo scorso 26 giugno con un’ iniezione letale a seguito della condanna dal Dipartimento di Giustizia texano, sono state:«Voglio solo ringraziare chi mi ha dato coraggio in questi anni. […] Questa non è una sconfitta, è una vittoria. Sapete dove sto andando. Sto andando a casa per stare con Gesù […]».
Tante altre le dichiarazioni e tanti altri i contenuti che i net-surfer americani stanno visualizzando: pura curiosità, solidarietà, disappunto, studio? Non si sa cosa spinga a “divorare” questi contenuti che certamente toccano la sensibilità della rete, e non solo. Una cosa è certa, i figlioli di Dio, puniti ingiustamente, avranno guadagnato un posto nella “nuova Gerusalemme” che non vale cento vite su questa terra!


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