La Corte Suprema americana dovrà pronunciarsi in futuro sulla tradizionale formula che precede e conclude ogni seduta politica e istituzionale. “I sostenitori per la difesa della libertà religiosa e i pro-laicità si sono riuniti sui gradini del tempio della giustizia americana,” riporta il sito News.va francese, “La Corte Suprema dovrà pronunciarsi sul carattere costituzionale di queste preghiere legislative. Si tratta di sapere se violano il principio di neutralità, e se favoriscono la religione cristiana”.
Il tutto parte da Greece, una comune di 100mila abitanti nello Stato di New York. Due cittadine avrebbero voluto partecipare alla mensile Assemblea pubblica comunale, ma si sono infastidite quando è venuto il momento di pregare. Susan Galloway (di fede ebraica) e Linda Stephens (atea) hanno in un primo tempo portato in tribunale l’amministrazione di Greece ma, non ottenendo soddisfazione, hanno poi sottoposto il caso alla Corte Suprema.
Il dibattito è così scoppiato in America. Il 6 novembre, la Corte si è riunita per la prima volta aprendo i lavori con una preghiera. Anche Obama si è dichiarato vicino a chi vorrebbe conservare la formula e “permettere almeno che i politici preghino prima e durante le riunioni di governo”.
Nel 1983, un caso simile si è concluso con un nulla di fatto, perché le preghiere legislative fanno parte della “della storia Usa sin dalla fondazione dell’Unione”.
Nulla di più vero. Come scrive Vittorio Zucconi su Repubblica (mercoledì 8) “God bless America” è «il “secondo inno” ufficioso degli Stati Uniti dietro al formale “Star Spangled Banner”, la bandiera a stelle e strisce». Composta nel 1918 da un musicista russo ed ebreo, Irving Berlin, è una delle canzoni patriottiche più amate negli Stati Uniti.
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7 novembre 2013
Dio benedica l’America, o anche no
Poco lontano dai centri del potere newyorkese, a Greece una cittadina di 100 mila abitanti nello stesso stato di New York, si sta facendo un pezzetto di storia in tema di diritti e laicità. Ma la sinistra italiana non se ne accorge e insegue inebriata l’elezione del neo sindaco De Blasio.
Cosa sta succendendo in questa cittadina è presto detto: Susan Galloway e Linda Stephens, la prima di fede ebraica, la seconda atea, hanno portato in tribunale l’amministrazione di Greece chiedendo di interrompere la tradizione secondo la quale negli Stati Uniti, prima di qualunque seduta ufficiale (dal Consiglio Comunale a quello della Corte Suprema), è necessario recitare una preghiera e la formula “God bless America” (“Dio benedica l’America”).
Le due cittadine avrebbero voluto partecipare all’assemblea pubblica comunale di Greece, durante la quale mensilmente gli abitanti e le associazioni presentano proposte o manifestano malcontenitti, ma non avevano alcuna intenzione di pregare e l’hanno dichiarato senza indugio. La città ha risposto proponendo che si sarebbe potuta dare la possibilità a chiunque di recitare una preghiera di qualsiasi credo, questo perchè, secondo il Consiglio Comunale di Greece, impedire il rituale religioso sarebbe una limitazione delle libertà personali. Libertà sancite e consacrate nella Costituzione americana.
La Galloway e la Stephens non hanno accettato questa “concessione” e hanno continuato una battaglia legale, fino ad arrivare alla Corte Suprema degli Stati Uniti, che oggi si è riunita per la prima volta.
Curiosamente la Corte, che deve decidere se un’imposta laicità è in linea con la Costituzione oppure viola le norme sulla separazione Stato-Chiesa, ha aperto i lavori recitando una preghiera.
L’opinione pubblica si è solo parzialmente divisa sull’argomento laicità, a tal punto che il fu paladino dei diritti , il presidente Obama, si è dichiarato addirittura vicino all’istanza dei conservatori, sollecitando i nove “grandi saggi” giudici della Corte a permettere almeno che i politici preghino prima e durante le riunioni di governo.
Non possiamo avanzare un pronostico certo sul verdetto della corte, in fondo gli Stati Uniti sono un paese alquanto imprevedibile, ma va ricordato che in un caso simile, nel 1983 la Corte Costituzionale aveva sostenuto il diritto alla “preghiera legislativa” in quanto parte “della storia Usa sin dalla fondazione dell’Unione”.
E’ evidente che la battaglia per la laicità sia ancora in pieno svolgimento, in medioriente come negli USA, ma prima o poi si arriverà a una posizione meno confusa e meno ipocrita!
In tal caso i politici americani dovranno fare a meno della chiusura ad effetto dei loro discorsi: “Thank you and God bless America” e giù scrosci di applausi.
Fonte: Circolo la prima pietra
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10 novembre 2013
Non vogliono che «Dio benedica l’America»
«God bless America», Dio benedica l’America. C’era una volta, ma c’è ancora, una simpatia per l’”America” (metonomia per Stati Uniti) derivante dalla sua diffusa e gioiosa religiosità che mette fuori gioco ogni polemica sulla “laicità” dello Stato, di fatto esistente, ma in modo non esclusivo bensì comprensivo delle diverse fedi che la popolano. Scrive Vittorio Zucconi su la Repubblica (mercoledì 8): è «il “secondo inno” ufficioso degli Stati Uniti dietro al formale “Star Spangled Banner”, la bandiera a stelle e strisce». La compose un musicista russo ed ebreo, Irving Berlin (che in realtà si chiamava Israel Bejlin) nelle trincee della Grande Guerra e da allora l’America per ogni occasione fa ricorso alla «canzone dolce e melensa» che «deputati e senatori, credenti o atei, intonano sotto la cupola del Campidoglio». La stessa che «i tifosi di baseball come i bambini sui campi sportivi cantano per chiedere che “God Bless America”». È «l’invocazione, tragicamente disperata, che deputati e senatori nel panico spontaneamente cantarono, insieme con milioni di americani, sui gradini del Campidoglio, nel pomeriggio dell’11 settembre 2001». Un inno che, proprio perché affratellava ogni fede, metteva in mostra la laicità di quel grande Paese. Adesso, però, scrive Zucconi, vien fuori un pezzo di «America stanca di benedizioni, che vuole espellere Dio dalle stanze del potere politico […] Un’America laica, atea, laicista, non cristiana che chiede alla Corte Suprema di proibire il canto di quell’inno mistico». È come se la Uaar nostrana (quella degli sbattezzi, l’Unione Atei Agnostici Razionalisti) avesse varcato l’Oceano. Il laicismo bisognerebbe chiamarlo “laicis-no”: non progetta la laicità, la rifiuta, è la filosofia del no, della negazione, della morte. È l’ideologia della contraccezione, del divorzio, dell’aborto, del suicidio del consenziente, dell’eutanasia: tutti effetti del “No God”. E un’America triste. Dicono no perché hanno paura di Dio e della gioia. Senza sapere che God li ama nonostante tutto.
SILENZIO DI TOMBA
Trecentocinquanta Centri di Aiuto alla Vita (i Cav) si sono riuniti ad Assisi per il loro convegno annuale. Celebravano anche le 1.750.000 firme per l’iniziativa “Uno di noi”, che ha investito tutta l’Europa. Sui grandi quotidiani italiani, però, neanche una parola, nemmeno per dirne male. Non era forse una notizia questo pezzo di Ue che ricorre al suo Parlamento per restituire la dignità di esseri umani a quei «grumi di materia», come li ha chiamati Lidia Ravera? I Cav salvano dalla morte 160.000 “uno di noi”, i grandi quotidiani censurano con un silenzio di tomba.
NOBELTÀ
Dario Fo, Nobel per la letteratura, lamenta che il Vaticano gli avrebbe impedito di mettere in scena nel suo Auditorium di via della Conciliazione a Roma uno spettacolo postumo scritto dalla moglie, Franca Rame, sulle sue esperienze di senatrice. La Santa Sede smentisce: quella sala è gestita da un impresario e non direttamente dal Vaticano e nulla sapeva della vicenda. Fo, però, continua ad accusarla e su Il Fatto Quotidiano (domenica 3) scrive: «Com’è possibile che, nonostante l’apparire innovatore di Papa Francesco, che ha squarciato con il proprio atteggiamento ogni veto, la Chiesa possa tornare all’arcigno modo di gestire credo o pensiero? Il Vaticano censura me per colpire il Papa». Presuntuosa nobeltà.
Fonte: Avvenire
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7 novembre 2013
God bless America banni des réunions publiques ?
L’affaire passionne les Américains : aux Etats Unis, la Cour suprême s’est penché mercredi 6 novembre sur la légitimité de l’usage public de prières notamment au début de sessions publiques. Est ainsi visée la célèbre invocation « God bless America », que Dieu bénisse l’Amérique, formule traditionnelle prononcée au début et à la fin des discours institutionnels et politiques.
Des manifestants pour la défense de la liberté religieuse et d’autres pro-laïcité se sont rassemblés sur les marches du temple de la justice américaine. La Cour suprême doit se prononcer sur le caractère constitutionnel de ces prières législatives. Il s’agit de savoir si ces prières violent le principe de neutralité en favorisant la religion chrétienne.
Récemment, une cour d’appel a jugé inconstitutionnelles les prières du conseil municipal de la ville de Greece, dans l’Etat de New York. Deux habitantes avaient soulevé le problème estimant qu’aucune prière ne devrait être récitée devant une assemblée politique.
Le premier amendement de la Constitution américaine stipule notamment que «le Congrès ne fera aucune loi pour conférer un statut institutionnel à une religion». En vertu du 14e amendement, cette clause s’applique au gouvernement fédéral mais aussi aux autorités locales. La décision sera rendue au plus tard en juin prochain.
Fonte: News.va