
Esiste una forma sottile di arroganza che si maschera da umiltà. È elegante, parla il linguaggio del servizio, si mostra accogliente. Ma appena qualcuno con meno visibilità alza la voce — magari con rispetto, ma con fermezza — ecco che parte l’accusa: “Sei un invidioso!”
Ma l’invidia non sempre abita nei cuori nascosti. A volte prende dimora nei cuori esposti, quelli applauditi, seguiti, idolatrati quasi più di Cristo stesso.
Quando un ministro “minimo”, uno di quelli senza palco, senza grandi numeri, osa dire qualcosa che disturba la quiete del prestigio e della vana gloria, viene zittito, etichettato, ridicolizzato.
La verità è che certi “grandi” non vogliono discepoli: vogliono spettatori. Non vogliono sollevare altri: vogliono restare soli in cima. Dimenticando che la vetta, se non è condivisa, è solo una trappola mortale. Un vero servo di Dio non ha paura della voce dei piccoli. Li ascolta, li onora, li incoraggia. Sa che il Regno non si costruisce a colpi di follower, ma di fedeltà nascosta. Sa che il discepolato non è un palcoscenico, ma una croce di legno grezzo e tre chiodi arrugginiti.
Chi usa la visibilità come arma per schiacciare, non serve Cristo: serve sé stesso. E chi davvero cammina col Maestro, non teme le critiche dei piccoli. Le accoglie, le pesa, e se trova verità… si piega come una spranga di ferro nelle mani del fabbro. Perché la vera grandezza si misura nella capacità di farsi ultimi, non nel bisogno di restare primi.
Il vero servo di Dio non ti seppellisce sotto il peso del suo nome. Ti solleva, ti forma, ti benedice. Ti fa spazio. Perché sa che il Regno è di Dio, non di chi grida più forte.
“Ma se avete nel vostro cuore amara gelosia e spirito di contesa, non vi vantate e non mentite contro la verità. Questa non è la saggezza che scende dall’alto; ma è terrena, naturale e diabolica. Infatti, dove c’è invidia e contesa, c’è disordine e ogni cattiva azione”.Giacomo 3:14-16
Daniele Salamone
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