
Sta facendo discutere il caso dell’attore porno “Max Felicitas”, invitato nell’Istituto “Andrea Ponti” di Gallarate a tenere una lezione sulla sessualità. Il pericolo di tale evento è stato scongiurato dalle proteste di Pro Vita & Famiglia e dall’intervento dell’Ufficio Scolastico Regionale, anche se poi lo stesso pornoattore – lunedì 3 marzo, quando si sarebbe dovuto tenere l’incontro – ha inscenato una protesta davanti la scuola, imbavagliandosi e incatenandosi. Gridando dunque, addirittura, alla censura. Sulla vicenda è intervenuto anche il noto psicoterapeuta dell’età evolutiva Alberto Pellai, che ha espresso una ferma opposizione a questa iniziativa tramite i suoi canali social. «Personalmente – scrive Pellai su facebook – penso che la scuola non possa essere un luogo che dà un palcoscenico e offre un pubblico di minorenni a una pornostar». Secondo l’esperto, il mondo della pornografia è vietato ai minori di 18 anni e per questo non dovrebbe mai entrare nelle scuole. «Ti occupi di pornografia? Si tratta di una disciplina vietata ai minori di 18 anni. Per cui a scuola non puoi entrare», ribadisce.
Il rischio di amplificare visibilità e modelli negativi
Pellai ha poi messo in guardia dal fenomeno della spettacolarizzazione e dell’amplificazione mediatica che simili eventi generano: «Da troppo tempo, alcuni personaggi cercano di far parlare di sé mettendo in scena situazioni in cui poi si trovano al centro di dibattiti pubblici che ne amplificano e diffondono il nome e la visibilità, senza alcun merito». Il rischio, secondo il medico, è quello di una normalizzazione della pornografia tra i giovani, che potrebbe essere ulteriormente incentivata dai social media: «Vi invito ad immaginare quanti ragazzi, al termine dell’incontro, si sarebbero fatti un selfie con l’attore in questione. Amplificando e diffondendo la sua immagine nel mondo social. Generando curiosità e magari facendo credere ad altri adulti che in effetti non sarebbe poi così sbagliato invitare una pornostar a parlare nella scuola frequentata da mio figlio». Questo fenomeno, spiega Pellai, viene definito “normalizzazione” e “glamourizzazione”, ovvero il processo attraverso il quale qualcosa che non dovrebbe essere considerato normale o attraente lo diventa: «la pornografia nel territorio dei minori non dovrebbe essere né normale né glamour».
Il ruolo educativo della scuola
Per Pellai, il punto centrale della questione è il ruolo educativo che la scuola deve ricoprire. «La scuola deve essere presidio educativo. Deve essere responsabile di proporre ai ragazzi contenuti che ‘elevano’. Deve proporre adulti che funzionino da ispirazione e offrano ‘modelli aspirazionali’ ai propri studenti». Ha poi sottolineato l’incongruenza del confronto tra l’invito di una pornostar e altre testimonianze solitamente accolte nelle scuole: «Molti hanno detto che, come si invitano a scuola ex tossicodipendenti o ex alcolisti, non vedono il problema se si invita una pornostar. Se invito un ex tossicodipendente o un ex alcolista, trovo di fronte a me una persona che si è dissociata dal suo comportamento riconoscendolo problematico. Un pornostar che vive di pornografia ha – secondo il medico – tutto il diritto di perseguire questo obiettivo di vita, ma non ha il diritto di entrare in una scuola frequentata da minorenni».
Non è censura, è cultura
Secondo Pellai, poi, il problema non è una questione di censura o pregiudizio, ma di protezione dei minori: «Dire queste cose non è essere bigotti, non è promuovere la censura: è fare cultura. Oggi più che mai c’è bisogno di ridare alla parola cultura il profondo significato che ha». La sua posizione è dunque chiara: la pornografia deve restare fuori dalle scuole e gli adulti devono assumersi la responsabilità di garantire un’educazione che elevi e protegga i giovani. «Essere minore vuol dire essere in una condizione che deve essere protetta dal mondo adulto, educata dal mondo adulto, fatta evolvere» conclude.
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