Con l’arrivo dell’adolescenza si è chiamati a elaborare psichicamente una nuova condizione di essere. L’aspetto fisico, mentale e filosofico alla vita subisce una rivalutazione. Emergono nuove spinte interiori, da quelle delle tempeste ormonali a quelle delle fantasie più spedite. Al contempo, però, il mondo adulto frena con i dovuti limiti al senso della responsabilità e realtà. Esistono, insomma, fisiopsicologiche tensioni evolutive che spingono gli adolescenti ad adottare scelte e comportamenti che non rendono del tutto contenti i genitori. Al bisogno di affermazione segue quello del contenimento di esso e le preoccupazioni del genitore. Al bisogno di allontanarsi segue quello del genitore preoccupato. Nella fattispecie della vita di Gesù adolescente quando si allontana dai genitori: «Al vederlo restarono stupiti e sua Madre gli disse: “Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io ti cercavamo angosciati”». Il confronto con le proprie trasformazioni mette in discussione il confronto con gli altri e il senso di onnipotenza tipico dell’adolescente. Ma il genitore che comprende non basta deve porre dei limiti e consentire di riunire le relazioni, come quando, ad esempio, l’adolescente Gesù rimane sottomesso ai genitori, perché pongono un limite, magari gli fanno delle ammonizioni a cui non pare che il giovane non se ne risente se si legge: «Partì dunque con loro e tornò a Nazaret e stava loro sottomesso» (Lc 2, 51)
Spesso gli adulti si sentono confusi rispetto al porre limiti. Ed è allora che ci chiediamo cosa succede senza il senso del limite? Mentre l’assenza del limite lascia l’adolescente a se stesso, il chiedersi sul significato dei limiti per la crescita diventa una norma salutare per il bene dell’adolescente. Intanto va specificato che ogni limite deve essere in relazione ad un qualcosa; un parametro, un riferimento. Nella nostra realtà è proprio il crollo del riferimento l’indagato per eccellenza. E senza limiti non c’è riconoscimento del bene e del male. Tutta la genesi è strutturata sul significato del limite non come blocco ma come risorsa. Mentre l’assenza del limite diventa alimento per la fantasia e l’onnipotenza, il giusto limite, accompagnato dalla presenza, diventa nutrimento di benessere. L’annullamento del senso sano del peccato, voluto da una certa psicologia senza anima, ha annullato la capacità di leggere il limite. E senza limite ogni azione diventa deviante perché annulla l’altro in mille modi, dalle condotte aggressive manifeste a quello silenziose nel non considerarne la presenza altrui. Ma l’esperienza del limite, più volte citato nella sacra scrittura, dice all’uomo l’uomo che ognuno ha bisogno dell’altro e ogni altro siamo noi che abbiamo bisogno di Dio.
Pasquale Riccardi
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