LA SCOPERTA DI CENTINAIA DI RESTI UMANI, UN’ULTERIORE PROVA DEL GENOCIDIO SUBITO DALLA COMUNITA’ ASSIRO-CRISTIANA

La lotta per il riconoscimento del genocidio e per i diritti del popolo siriaco dura da diversi decenni. In particolare con gli scioperi della fame organizzati dalla diaspora. 

Oltre alle migliaia di quelli deportati, sarebbero oltre 300mila gli assiri massacrati dalle truppe ottomane (contemporaneamente agli armeni e ai greci del Ponto) tra il 1914 e il 1920 (all’epoca dei Giovani-Turchi e della disgregazione dell’Impero ottomano). 

Le prime stragi di massa avvennero nel sud-est dell’attuale Turchia, oltre che a Mêrdîn anche a Diyarbakir (in curdo Amed) dove vennero uccisi tutti i maschi assiri.Ovviamente, come per gli armeni, lo Stato turco si è sempre rifiutato di riconoscere tale genocidio, accusando chi protestava di “falsificare la Storia e diffamare la Turchia”.

Ma una conferma ulteriore della portata di tale strage di massa è venuta in questi giorni. Con la scoperta di uno strettissimo passaggio segreto, centinaia di crani e resti umani (la maggior parte sarebbero di donne e bambini che qui si erano nascosti) sono stati rinvenuti in una chiesa (Mor Dimet, la più grande delle sette qui presenti) di Arbo. 

Un villaggio assiro che sorge sulle pendici del monte Bagok (distretto di Nisêbîn nella provincia – attualmente a maggioranza curda – di Mardin).
 Nel secolo scorso tale località è stata evacuata almeno tre-quattro volte. Sia dagli ottomani che dai turchi (la prima nel 1914, l’ultima nel 1990).

Le case e le chiese erano state demolite e centinaia di persone risultavano uccise o scomparse. Solo all’inizio del terzo millennio alcune famiglie assire della diaspora hanno ricominciato a ricostruire e ripopolare il paese.
Il merito di aver documentato per prima tale scoperta spetta all’Agenzia Mezopotamya.

Gianni Sartori


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